Non è teologia se non ci libera

di Roberta De Monticelli in “Il Sole 24 Ore” del 22 aprile 2012

Tanti sono i sapienti che hanno commentato la pagina forse più famosa di Dostoevskij, La leggenda del Grande Inquisitore. Eppure poche sono le spiegazioni convincenti del bacio con il quale il Cristo della Leggenda – tornato in terra al tempo dell'Inquisizione, e subito gettato in carcere – risponde al lungo monologo del vecchio Inquisitore: che pure rivendica per la sua Chiesa il pietoso nichilismo con cui questa ha spento la «libera decisione del cuore», alla quale il Cristo affidava il Regno di Dio. E l'ha sostituita con l'obbedienza degli uomini-bambini al potere spirituale-temporale dell'istituzione. L'Inquisitore ha raccontato in ogni dettaglio il baratto ispirato dal demonio: libertà contro "felicità", obbedienza (e licenza di peccato, e perdono) in cambio del sollievo di non dover dubitare, e cercare, e scegliere, e portare responsabilità delle proprie scelte. Ha ricordato "il segreto del mondo", la sapienza del tentatore, che è sapienza politica e riguarda il meccanismo dell'obbedienza, nutrita dal bisogno che gli uomini hanno di inchinarsi "tutti insieme" a qualcuno, cioè dalla dimensione sociale della religione. Ha evocato la contraffazione del divino mediante le forze che da sempre corteggiano l'"umiltà del male" (come direbbe Franco Cassano): «miracolo, mistero, autorità». E per tutta risposta il Nazareno bacia le sue labbra esangui, di un bacio che brucia l'anima del vecchio e lo induce ad aprirgli la porta della libertà. Perché? Aprendo l'ultimo libro di Vito Mancuso – Obbedienza e libertà – troviamo una risposta nuova…

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Cagliari : Vito al Festival di Filosofia

25 marzo 2012 : Sala grande Università di Cagliari:
"Florenskij e la spiritualità: Occidente e Oriente
Festival di filosofia in collaborazione con L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Vito Mancuso (Università San Raffaele, Milano)  discute con Alessandro D’Alessandro (Università di Firenze)

 

 

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Anche la disobbedienza può rinnovare la Chiesa

Intervista a Vatican Insider del 21 Aprile 2012 a cura di Alessandro Speciale

C'è chi lo chiama eretico, chi dice semplicemente che dovrebbe smettere di dirsi cattolico e di tirare in ballo la Chiesa cattolica nei suoi libri e nella sua teologia; ma Vito Mancuso, malgrado il dissenso dal magistero e le critiche aspre a Benedetto XVI e alla linea del suo pontificato, continua a considerarsi un figlio della Chiesa.

Nel suo ultimo libro, “Obbedienza e liberta'” (Fazi Editore, 2012, 202 pagg., 15 €) il teologo propone un programma di radicale riforma della dottrina cattolica – perché a volte e' indispensabile usare il “bisturi” se si vuole “impedire la morte del malato”. Vatican Insider gli ha chiesto di confrontarsi con alcuni aspetto del pontificato e degli insegnamenti di Benedetto XVI…

 

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Obbedienza e libertà. Tre domande, tre risposte

      Perché ho scritto il libro?

      Quali sono i suoi contenuti?

      A chi si rivolge?

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“Obbedienza e libertà” in libreria dal 30 Marzo

Fazi Editore

 

Vito Mancuso

Obbedienza e libertà

Critica e rinnovamento della coscienza cristiana

 

 

 

Collana: Campo dei fiori pp. 208 – euro 15,00 In libreria: 30 Marzo 2012

 

«In questo mondo che passa, e passando consuma ogni cosa; in questo mondo che ora fa gioire per il semplice fatto di esserci, ora gemere di rabbia e di dolore come schiavi alla catena; in questo mondo teatro dell’essere e del nulla, libera scelta e cieco destino, allegria della mente e disperazione dell’anima; in questo mondo di fantasmi e di poesia, io non conosco nulla di più grande del bene». Vito Mancuso

 

Che cosa è più importante nella vita di un essere umano, l’obbedienza o la libertà? Questo testo intenso e coraggioso affronta il “tragico paradosso” della coscienza cristiana, oggi inquieta come non mai, perché divisa tra queste due polarità apparentemente opposte.

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Un teologo laico

Intervista a Vito Mancuso: “Sull’omosessualità è ora che la Chiesa Cattolica cambi atteggiamento, appellandosi alla comprensione anziché alla tradizione”.

a cura di Pasquale Quaranta, Pride, Maggio 2012, pp. 17-18

Vito Mancuso è docente univeristario di teologia moderna e contemporanea ed editorialista del quotidiano la Repubblica. Nel 1986, all’età di 23 anni, è stato ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini. Un anno dopo ha chiesto di essere dispensato dall’attività pastorale e di dedicarsi solo allo studio della teologia. Ricevuta la dispensa papale dal celibato, si è sposato e ha avuto due figli. I suoi scritti hanno suscitato interesse da parte del pubblico, come L’anima e il suo destino (un caso editoriale: 80 mila copie vendute in pochi mesi) e La vita autentica, editi entrambi da raffaello Cortina, ma hanno ricevuto anche severe critiche

Il vasto fronte conservatore interno alla Chiesa Cattolica attacca la teologia laica di Mancuso, accusandolo più o meno esplicitamente di eresia per l’indipendenza dei suoi ragionamenti dalla dottrina ufficiale e per la sua volontà di dialogare seza tabù con la cultura contemporanea. Di questo dialogo “eretico” fa parte anche il confronto impegnato con il tema dell’omosessualità, che ha portato Vito Mancuso a partecipare lo scorso 31 marzo al Forum dei cristiani omosessuali di Albano Laziale, alle porte di Roma, che si è svolto presso una sala messa a disposizione dalla congregazione dei padri Somaschi su richiesta dei volontari del progetto Gionata (www.gionata.org). E' in questa sede che lo abbiamo ascoltato, incontrato e gli abbiamo rivolto alcune domande….

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“Eclisse del Dio unico” di Ferruccio Parazzoli

Con la prefazione di Vito Mancuso

"Non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,3). Oggi quell'Unico Dio si è disciolto come una montagna di ghiaccio. Con questa immagine sconcertante si apre l'inconsueto saggio di Ferruccio Parazzoli, dove il sublime e l'abisso si incrociano. Con l'eclisse del Dio Unico è crollato il pilastro a cui, in obbedienza e in rivolta, stava abbarbicata la cultura occidentale. Muore la rivolta metafisica, muore la tragedia cristiana, la grande creazione artistica nata dopo il Golgotha. L'autore rifugge da quello che definisce il pensiero ordinato del linguaggio debole, frutto dell'odierno nichilismo di massa, della "pappa del niente" di cui si nutre l'uomo contemporaneo, morto alle grandezze di ogni mitologia. La scrittura di Parazzoli è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, è la messa in scena di un dramma dove il Vecchio Dio di Abramo è caduto dietro le quinte, ma dove sul palco non è mai comparso quel Dio Padre che Gesù chiamò dalla croce. A capitoli di lucido sconcerto sull'attuale disorientamento dell'uomo occidentale ("Gli sciamani non volano più", la piatta orizzontalità dell'arte contemporanea; "Apologia del rischio", la perduta eroicità di Prometeo), si alternano capitoli visionari ("La tenda gialla", confine tra vita e morte; "Il discorso di Gesù morto", dove la vittima rivendica il proprio vittorioso fallimento). Fino alla chiusa commovente y final de "La cerimonia dell'addio". Un appassionato j'accuse. 

Prefazione a "Eclisse del Dio unico" Pdf


 

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