La nuova teologia per il rinnovamento del Cattolicesimo

di Mimma De Maio

LA NUOVA TEOLOGIA PER IL RINNOVAMENTO DEL CATTOLICESIMO  PDF

Nel suo ultimo libro “Obbedienza e Libertà” si chiarisce la portata della teologia di Vito Mancuso, che egli definisce “teologia cristiana della relazione”, poggiata sul primato della spiritualità e della vita concreta degli uomini. Siamo dinanzi ad una sicura novità, un’operazione di portata storica, che si inserisce nelle difficoltà che attraversa la Chiesa, a cui il teologo offre una via per uscirne e per dare vitalità al Cristianesimo. Mancuso avverte che i tempi sono maturi, sa che la sua strada, delineata fin dai suoi primi lavori, di una teologia della libertà, è quella giusta, e si sente investito di un compito che prende con sapienza sulle spalle. Ecco il tono appassionato e forte, profetico, che traspare da ogni pagina di questo lavoro, che diventa un annuncio, una dichiarazione d’intenti, si trasforma nel proclama di un programma di fondazione, che si collega alle sue fonti da Teilhard, alla Weil, a Florenskij, a Molari, a Kung e ad altri teologi che hanno avvertito il disagio del Cristianesimo, denunziandolo e sono stati messi a tacere. Sono tutti i martiri del libero pensiero che ora lo sostengono in questa sua opera….

Il programma di Mancuso ha questo imperativo: “essere liberi nella propria mente e nel proprio spirito, senza alcuna sudditanza esteriore, e al contempo coltivare una scrupolosa obbedienza interiore alla verità” che è il bene, la giustizia, la bellezza, l’amore; rispondere, cioè, al principio di autenticità, rigettando invece quello di autorità su cui si è strutturata nei secoli la dottrina cattolica, la fede e la spiritualità cristiana. La Chiesa però ha messo in atto un processo virtuoso, che ha portato all’approdo alla libertà di coscienza in materia religiosa, per cui bisogna continuare questo processo che privilegia l’individuo sulla dottrina; bisogna seguire lo “spirito eretico”, condizione essenziale della mente che rende liberi e che è alla base dell’insegnamento di Gesù, utile nella nostra epoca contrassegnata dal pluralismo; bisogna fare i conti con la realtà e quindi anche accettare le contraddizioni che la caratterizzano, anzi bisogna “saper affrontare la contraddizione” per superarla avendo come punto di riferimento il bene, e solo il bene, il quale si fa se si è liberi dal condizionamento delle cose e delle situazioni.

Obbedire al bene significa dare valore al concetto di anima spirituale, che Mancuso propone con forza e chiarezza, rifacendosi alle scienze moderne, che gli permettono di individuare con il nome di “anima” il fenomeno fisico della vita ed in particolare di “anima spirituale” quello della “vita libera”. Siamo ad un punto centrale di questa nuova teologia, che identifica l’essere con l’energia, unica sostanza in continua evoluzione che forma il mondo e tutte le cose in esso, esseri umani compresi, che permette di descrive il fenomeno umano come soma-corpo e come pneuma-spirito; che vede in quest’ultimo punto un livello superiore, discontinuo rispetto ai livelli inferiori e lo identifica come vita spirituale, ovvero vita libera. Questa pura energia spirituale, “raffinatissima disposizione dell’essere-energia”, che non viene dall’alto, ma dal basso, dalla materia-mater, consente all’uomo “la produzione di qualcosa di nuovo nel mondo traendolo da sé”, fino alla “partecipazione ontologica al divino”; consente di superare il dualismo tradizionale corpo-anima, di pensare il dogma cattolico della “immortalità naturale dell’anima” fondato sulla natura, persino di parlare divita eterna. Si può infatti pensare che “la razionalità della mente umana, il momento qualitativamente più alto del lavoro evolutivo della natura, sia la manifestazione di una razionalità ancora più grande dentro cui siamo immersi”. Posta l’anima spirituale Mancuso precisa che il bene, che essa produce, è di natura universale, che favorisce la vita e tutto ciò che è umano ed è tale che ogni uomo può riconoscerlo mediante la luce della propria coscienza, a prescindere dal proprio interesse e dalle diverse circostanze storiche e geografiche. Primato della coscienza, dunque, che si inquadra “in un criterio più ampio”, l’ordine cosmico, “dentro cui ogni essere umano vive e respira, che è compreso nell’autonomia del mondo”, cosa che significa che “non esiste una dittatura divina”, e che ogni realtà creata “si muove in autonomia, non assoluta ma relazionale”.

Da ciò nasce la “logica del retto giudizio morale”, che tiene presenti due pilastri: i principi morali e la situazione concreta. È questa logica che deve guidare la Chiesa sulla strada delle innovazioni in questo campo e deve portare ad un corretto concetto di laicità, inteso come “metodo che governa il rapporto tra la dimensione interiore e quella esteriore della nostra vita”, dove è in gioco “la relazione armoniosa degli uomini tra loro” e che, dinanzi al degrado della politica, deve far desiderare il ritorno alla sua dimensione sacrale.

Tutto questo può avvenire tramite un Cristianesimo rinnovato, che si faccia “forza di unione tra tutti gli uomini nella realizzazione del regno di Dio”, qui ed ora, conforme “alla sapienza divina che vuole il bene e la giustizia”. Il Cristianesimo, per Mancuso, può fare “un autentico servizio alla pace del mondo e alla felicità interiore dei singoli”, perché Gesù è la via vera verso la “verità tutta intera”, la quale è qualcosa che “si fa nel processo della vita”, che è “creazione continua”. Il Cristianesimo può rispondere al desiderio di spiritualità del mondo post-moderno e difendersi dall’attacco che gli viene portato, attraverso questa nuova teologia che deve poggiare su due punti: “radicale onestà intellettuale e primato della vita”. Nel suo programma Mancuso è chiaro, egli non intende eliminare la Chiesa, la dimensione istituzionale, che è “il naturale sbocco della fede vissuta”, e neanche intende far scomparire il Magistero dottrinale, al quale riconosce una funzione essenziale, auspica invece “l’introduzione nella mente dei credenti di una concezione dinamico-evolutiva della verità” e non statico-dottrinaria.

Ci troviamo di fronte ad una questione di ampia portata poiché si tratta della “condizione morale e spirituale dell’Occidente”, della risposta ad una sfida “lanciata a livello metodologico dalla postmodernità neopagana fecondata da Nietzsche”, per vincere la quale bisogna “passare dal principio di autorità a quello di autenticità”. Questa nuova teologia, “laica”, perché assegna il primato alla vita e non alla dottrina, “vuole servire l’esperienza spirituale della fede”, considera il “bene concreto” il “criterio ultimo e normativo del credere”, proprio come dice la Bibbia quando parla di “verità che è qualcosa di vitale, su cui potersi appoggiare e camminare, pane da mangiare, acqua da bere”. Mancuso elenca i punti che devono essere affrontati in questa opera di rinnovamento; fa appello alla coerenza; chiede che vengano risolte le questioni filosofiche e cosmologiche ancora in sospeso per far sì che il “cristianesimo possa collocarsi adeguatamente rispetto alla nuova immagine del mondo”, anzitutto rispetto alla “coscienza morale del mondo moderno”; invita a rispondere con onestà intellettuale sui punti su cui la Chiesa deve fare chiarezza, dalla condanna di Lutero, alle stragi, alla politica contro gli ebrei. Tutte questioni necessarie se ci si mette sul piano della non opposizione tra obbedienza e libertà.