Garzanti 2017
VITO MANCUSO – Il bisogno di PENSARE
Scoprire cosa veramente voglio è essenziale per scoprire chi veramente sono. Dove traete l'energia per camminare in equilibrio sulla fune della vita? La cosa più importante in questa vita è non perdere la propria anima.«Perché vivete? Quale scopo date al vostro essere qui? Cosa volete da voi stessi?».In questo nuovo libro Vito Mancuso ingaggia un dialogo serrato con i suoi lettori per risalire alle sorgenti di un bisogno primordiale dell’uomo, di una speciale capacità che ci caratterizza in modo peculiare distinguendoci da tutti gli altri esseri viventi: il nostro bisogno di pensare. È da questa urgenza interiore, strettamente legata al desiderio e al sogno di una vita diversa e migliore, che Vito Mancuso ci sprona a tornare a «pensare con il cuore», senza barriere, preconcetti o tabù, e senza altro dogma che la ricerca costante del Bene. Così, nel movimento ora logico ora caotico delle nostre esistenze, questo libro diventa una guida capace di orientarci in quei momenti in cui siamo chiamati a scegliere se resistere strenuamente oppure arrenderci al flusso della vita. E, nei tempi sempre più indecifrabili che ci troviamo ad affrontare, ci sprona a prestare attenzione al valore infinito di ogni istante, per raggiungere quella desiderata pace interiore, quell’equilibrio tanto atteso di chi ha finalmente trovato un senso al suo essere al mondo.
ISBN 9788811675693 – Collana SAGGI – Casa Editrice GARZANTI Aree tematiche – Novità in libreria, Saggi – Dettagli:192 pagine
"Il Bisogno di pensare" e ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi – Il Libraio [Link]
L’Io e l’Ego, il Bene e il Male, la cooperazione tra gli uomini e l’odio; un brano del nuovo saggio del teologo Vito Mancuso.
Analizzando più da vicino il pensiero in quanto vertice del processo cognitivo, occorre dire che vi sono due disposizioni fondamentali del pensare: quella volta alla costruzione, la cosiddetta pars construens, e quella volta alla distruzione, la cosiddetta pars destruens. (…) La dimensione costruttiva del pensiero è rappresentata dal logos che vuole logica e che produce saggezza e sapienza. Il pensiero come logos-logica si esercita mediante verbi quali osservare, ponderare, considerare, riconsiderare, analizzare, riflettere, meditare. A volte il pensiero come logos diviene sorgivo, come ispirato, e in questi rari momenti riproduce la logica della creazione, genera creatività; i verbi che in questo caso lo rappresentano sono intuire, ideare, scoprire, creare. La dimensione distruttiva del pensiero è rappresentata dal caos che vuole scompaginare la logica e che in questo saggio, evocando Erasmo da Rotterdam, io denomino follia, ma che più propriamente si dovrebbe denominare critica. Tale forma di pensiero si esplica mediante verbi quali criticare, disapprovare, investigare, attaccare, contestare, stigmatizzare, stroncare, demolire.
Esiste la possibilità di orientare il desiderio dell’Io senza identificarlo con la voracità dell’Ego? È possibile desiderare senza bramare? Esiste la possibilità di non obbedire a nulla di esteriore e al contempo però di essere in grado di dire di sì alle esigenze della giustizia anche quando ci risultano scomode, per non dire sconvenienti? (…) Nel cercare di camminare lungo il sottile crinale a cui rimandano le domande appena poste, intravedo una dimensione della vita della mente, e conseguentemente dell’esistere, di cui la tradizione parla in termini di idea e che io intendo presentare mediante l’immagine simbolica dell’amore celeste.
Ci sono gli amori terreni e di questi non c’è bisogno che dica nulla, ma ci sono anche gli amori celesti ed è di questi che desidero parlare. Chiarisco anzitutto che con questa strana espressione intendo le idee (o gli ideali) nella loro capacità di esercitare forza. Per amori celesti intendo le idee in quanto forze non materiali che producono in noi un’intensa attrazione, non priva peraltro di sfumature erotiche perché non di rado eccita, inebria, conquista, seduce. Come la chiamate voi la vostra interiorità, quella specie di territorio misterioso che vi fa essere quello che siete al di là dell’aspetto e dell’agire esteriore e che costituisce la vostra vera personalità? La chiamate psiche? Mente? Io? Ego? Sé? Ipseità? Identità? Coscienza? Anima? Spirito? Ognuno la chiami come vuole o meglio come gli consente la sua formazione, io vi dico solo che mediante il simbolo dell’amore celeste intendo rimandare a una forza reale, non materiale, dotata di grande attrazione, esterna alla mente ordinaria, che richiama, scalda, indirizza l’interiorità umana, e che costruisce propriamente il pensiero perché dispone secondo un certo ordine architettonico i concetti che provengono dalla elaborazione dei dati sensibili. L’idea-guida è paragonabile al direttore d’orchestra che sa armonizzare i diversi musicisti; la sua assenza produce quella confusione mentale e comportamentale descritta così bene da Federico Fellini nel film Prova d’orchestra.
E parlo di amore, perché l’amore è la forza più potente che c’è. Immagino che molti non siano d’accordo con questa mia affermazione e non faccio fatica a comprenderne il motivo, vista la presenza devastante del male. Tuttavia io sono convinto che, nonostante la loro grande forza, il male e l’odio siano meno forti del bene e dell’amore, perché solo il bene e l’amore sono capaci di costruire, di dare energia positiva, di infondere vita e di durare. Non sottovaluto la forza dell’odio, ma sostengo che si tratta di una forza seconda, che può solo distruggere, mai costruire e che per esistere ha bisogno di indirizzarsi contro la forza primigenia e fondamentale dell’amore, l’unica che sappia costruire ed edificare. L’odio c’è, agisce, a volte vince, ma è comunque sempre secondario, parassitario, si regge sul lavoro altrui in quanto intende negarlo; l’amore invece è primario, creativo, non ha bisogno di nulla per esserci, nasce da sé. La differenza tra la forza dell’amore e quella dell’odio è analoga a quella tra un bambino che costruisce castelli di sabbia e un bambino invidioso che glieli sa solo distruggere: il primo esiste e lavora per sé, il secondo ha senso in funzione dell’altro.
A proposito di lavoro, è noto che secondo la fisica la materia non è altro che energia solidificata, quindi tutto quello che vediamo e tocchiamo è risolvibile nell’energia. Energia viene dal greco energheia, termine formato dalla preposizione en, che significa «in», e dal sostantivo ergon, che significa «atto, opera, lavoro»: quindi energia etimologicamente significa «in atto», «all’opera», «al lavoro». E se tutto è energia, tutto lavora.
Ora però si faccia attenzione a quanto afferma Marco Aurelio: gegonamen pros synergian, espressione di solito tradotta con «Siamo nati per la collaborazione», ma che in questo contesto è più incisiva nel suo senso letterale: «Siamo nati per la sinergia». Il senso della vita umana in quanto umana non è semplicemente lavorare e produrre en-ergia, ma nella sua peculiarità consiste nel suscitare una più raffinata energia capace di legami reciproci fino al vertice dell’amore, e che per questo si chiama sin-ergia. Il cristianesimo non dice una cosa diversa parlando di «amore del prossimo». Tale logica sinergica è così radicata in noi che quando la possiamo vivere in pienezza nell’amore concretamente corrisposto la vita fiorisce e sorride, e non c’è nulla di più compiuto e di più gioioso.
Vito Mancuso, la Repubblica 11 ottobre 2017
Recensione di Romano Montroni – Corriere di Bologna, 28 ottobre 2017
I ragionamenti limpidi e rigorosi di questo libro fanno venire voglia di rileggerli e commentarli anche a chi, come me, non sarebbe portato alla speculazione filosofica. Mancuso ci porta a riflettere sull'attività di pensare suscitando delle emozioni («pensare con il cuore»), e anche su quello che non ci è familiare e comprensibile. E ci chiama in causa con domande che ci toccano molto da vicino sui nostri sogni e desideri. Il pensiero, spiega, nasce da un bisogno interiore, che non va confuso con la necessità – esterna a noi; inoltre, soltanto l’azione preceduta e guidata dal pensiero è in grado di tendere al bene. (In effetti, se ci guardiamo attorno, l'attività di pensare non è molto diffusa e viene spesso esercitate in maniera superficiale!). Sarete incuriositi dai titoli dei capitoli, che affrontano temi centrali del nostro essere persone, come il rapporto tra mente e cuore con l’importanza di vivere sopra il caos; e poi leggete il libro, anche insieme agli amici, ai figli, leggetelo a voce alta, per capire l'importanza di sfuggire alle semplificazioni della nostra era tecnologica e per imparare a coltivatore il valore di ogni attimo.
La fede è pensare dicendo sì, un amen che battezza tutti i giorni. La recensione di Enzo Bianchi per La Stampa
Se pensate che la filosofia non serva a nulla per la vita quotidiana… se pensate di non aver bisogno di ponderare, discernere, connettere, ringraziare… se pensate di aver sempre ragione senza mai ragionare… O anche più semplicemente, se pensate e basta, allora l'ultimo libro di Vito Mancuso vi sarà utilissimo.
Nel suo recente Il bisogno di pensare, il teologo e filosofo, collaboratore de «La Repubblica», prende per mano il lettore e gli fa usare la testa senza mai separarla dal cuore. Dedicate alla filosofia, queste pagine sono in realtà rivolte a chiunque si lasci interpellare sul senso della vita e sul posto che ciascuno di noi occupa – per minuscolo che sia – nella storia dell'umanità. Del resto non è forse vero che ci paiono degne di fede solo le parole di chi «dice quello che pensa e pensa quello che dice»?
Leggere può far male? Come per tutte le cose, l’eccesso porta fuori strada, e il fine della lettura – nutrire il pensiero – può diventare qualcosa d’altro: anestetizzare la propria capacità critica rendendola dipendente dalle opinioni di altri – gli autori di libri e giornali, appunto – finendo, come rilevava Schopenhauer, per “pensare con la testa altrui, anziché con la propria”.
D’altro canto, leggere è indispensabile, proprio come pensare. Nonostante molti sostengano il contrario – di fatto, con la propria esistenza – pensare non è una velleità, né una possibilità come un’altra per l’uomo, ma un bisogno, “un’urgenza che nasce da dentro e che lo rende strettamente imparentato con il desiderio e che per questo è caldo, ardente, potenzialmente creativo”. Ora, anche pensare troppo può far male: la produzione continua, ininterrotta di pensieri (di immagini, di preoccupazioni, di ipotesi) può non lasciar spazio nella mente per la riflessione; oppure, il pensiero può farsi ideologico, aderendo cioè a una dottrina (non importa se filosofica, religiosa o politica) in maniera acritica e integralistica; oppure ancora può rivolgersi unicamente all’ansia di guadagno e di conquista. Ma è proprio in questa dinamica infinita – il bisogno di pensare, da un lato; il suo rischio intrinseco, dall’altro – che si apre uno spazio creativo in cui la vita si fa possibile e diventa umana: lo spazio in cui Ragione e Follia si incontrano e si scontrano – la Ragione con le sue rivendicazioni armonizzanti, tendenti ad andare oltre l’individuo, la Follia, con le sue ambizioni passionali; la Ragione con le sue pretese egoistiche, la Follia con l’apertura spontanea al Tutto – e l’inedito può farsi strada nel mondo e nella Storia.
D’altro canto, si rischia – e tanto – anche a non pensare affatto: si rischia di disperdere l’occasione unica della propria vita in un’esistenza senza senso.
Non c’è bisogno di scomodare i “piani divini” di certe teologie, per capire quale sia la posta in gioco: senza il pensiero, l’uomo rischia di vivere come un ramo trasportato dalla corrente, senza riuscire a imprimere nessuna direzione al proprio essere e senza scalfire la superficie della realtà, che lo contiene, ma dalla quale è dis-integrato: come ospite a un buffet che passa il tempo a ingozzarsi, mentre gli sfugge il senso di ciò che tutti gli altri sono intenti a festeggiare.
In uno studio documentatissimo che attinge alla patristica e alla letteratura classica, alla psicologia e alle saggezze orientali, alla filosofia e alla scienza, alla sacra scrittura e al saggio storiografico, Vito Mancuso ci conduce – con il suo consueto stile scorrevole e discorsivo, ma pieno di inviti all’approfondimento e di seconde letture – a esplorare un nuovo, ineludibile ambito dell’umano: dopo la passione, l’amore, la libertà (il suo precedente Il coraggio di essere liberi è del 2016), è il bisogno di pensare a venir messo qui sotto la lente d’ingrandimento. Mancuso si rivela una volta di più un autore (si vorrebbe dirlo “filosofo”, ma lo si evita, memori delle sacrosante annotazioni di pag. 55) che sa mettere insieme, nel modo più fruttuoso, le ultime acquisizioni scientifiche con le più recenti conclusioni teologiche. Non c’è futuro per l’umanità, né vita umana per l’uomo, senza il pensiero. E il pensiero… non si pensa da solo. È un lavoro che tocca cominciare. A tutti.
Paolo Calabrò, 6 dicembre 2017
«Cosa significa pensare e perchè é fondamentale farlo» di Alessandra Peluso
È scontato pensare? Tutti possono farlo, qualcuno direbbe. E invece no, il cervello è un organo che appartiene a ciascun essere umano, ma la facoltà di pensare no; non tutti infatti, la esercitano. Il pensiero è stato un argomento di importanza rilevante per i mei studi. Il pensiero capace di trasformare la vita se solo si è consapevoli e responsabili nel farlo. Difficile. Tant’è che in occasione della presentazione del libro “Democrazia senza popolo”, presso l’Università del Salento, Carlo Galli chiaramente ha espresso l’incapacità della politica di pensare. E allora, risultano inequivocabili il bisogno e la necessità impellente di utilizzare il Pensiero: Vito Mancuso giustappunto scrive “Il bisogno di pensare”, pubblicato da Garzanti.
Si tratta di un saggio ricco di considerazioni, riferimenti atti all’autore a servire da chiarificatore per chiunque si accosti alla lettura. È una guida, un eccellente punto di riferimento in qualità di filosofo, teologo, intellettuale, il quale con acuta semplicità intreccia un dialogo serrato con i lettori. Entusiasma, fa gioire gli animi, percorrendo una sorta di percorso affascinante, sino ad addentrarsi nel Pensiero; questo magico universo, questa forza interiore che se, ben equilibrata, fornisce le chiavi di ingresso della propria vita. Eh sì, perché la vita non basta viverla, come scrive Seneca, ma occorre saperla vivere, averne coscienza, darle un senso. È nel pensare infatti, scrive Vito Mancuso, che si raggiunge chiarezza e profondità. Tuttavia, il fine del vivere è l’amore, occorre innamorarsi della sapienza, della filosofia, della vita stessa. L’amore verso il pensiero conduce alla bellezza, alla giustizia, alla stessa sapienza, questa infatti è una “sintesi armoniosa di verità-giustizia-bene”.
“Pensare la natura significa pensare in modo universale. E pensare in modo universale è l’unico modo proficuo di pensare, perché se non si pensa in modo universale non c’è pensiero ma opinione”, valutando oculatamente le parole di Mancuso si comprende come la facoltà del pensare sia indispensabile e non appartenga a tutti, sebbene tutti potrebbero esercitarla. Ed ancora si legge: “Per capire chi sei, devi sapere cosa sai, come agisci e in cosa speri”. Inoltre, esposta egregiamente è una mappa concettuale del pensiero. Con uso corretto si può rendere la propria vita un capolavoro, in quanto ciascuno è un artista della propria vita. Inabissandosi nei meandri dell’anima, il lettore non si perde, dal momento che sono presenti la fede e l’amore come compagne, garanti per una comprensiva navigazione.
“Il bisogno di pensare” di Vito Mancuso non solo esplica un bisogno interiore, un’esigenza, ma anche una condizione indispensabile per comprendere l’altro, per agire con responsabilità e per non perdere la bussola nella foresta di mangrovie, a parer di Luciano Floridi, nella quale viviamo.
Mancuso usa con grande maestria la sua conoscenza della storia del pensiero umano e la affianca alla passione con cui riflettere su ciò che sta dentro e fuori ogni essere umano: ragione, desideri, sentimenti, emozioni, logiche, dubbi, paure, bisogni si intrecciano con l'evidenza dei fatti con il quotidiano confronto con gli altri e con gli eventi, attesi e inattesi. Da Norberto Bobbio, uno dei suoi pensatori di riferimento, Mancuso riprende un adagio che a sua volta il cardinal Martini – altro grande maestro – aveva rielaborato: «La differenza rilevante non passa tra credenti non credenti, ma tra pensanti non pensanti».
Certo, nel libro si trovano anche pagine specificatamente dedicate al «Pensare con fiducia: la fede e la vita eterna», ma le riflessioni sull'immortalità dell'anima e la vita futura sono accompagnate da una comprensione sapiente dalla fede come «pensare dicendo sì», pronunciando quell’amen alla vita che tutti ci sostiene.
Se un lettore teme che il linguaggio filosofico non gli si addice, faccia un'incursione nell'ultimo capitolo, «verso un pensiero che si fa vita»: vi troverà alcune idee semplici e fondamentali, mai banali, dette con garbo e precisione: una sorta di vademecum per «diventare ciò che si pensa», un insieme di consigli di grande profondità presentati agilmente come una «lista della spesa».
Allora gli verrà voglia non solo di leggere l'appendice sui «molti modi» in cui le varie lingue declinano la parola «pensare», ma di riprendere la lettura dall'inizio, di ripercorrere l'affascinante vicenda del pensiero umano nel corso dei millenni, di esaminare se stesso, di riconsiderare le proprie convinzioni, di interrogare i propri dubbi, di discernere tra i mille pensieri che si affollano ogni giorno nella mente, di distinguere tra ciò che definisce un individuo e ciò che lo rende persona, fino a trovare l'energia per «camminare in equilibrio sulla fune della vita». Un libro che è davvero una bella pensata!
La fede è pensare dicendo sì [PDF] Enzo Bianchi, 28 ottobre 2017
Filosofia e nuovi sentieri.