La competizione prende il nome dalla città-santuario sede del grande tempio dedicato a Zeus. Teodosio la abolì, primo esempio di Cancel Culture: non ripetiamo lo stesso errore con il Cristianesimo
Un tempo le Olimpiadi iniziavano con una consacrazione, oggi invece sono iniziate con una dissacrazione. E il punto è che la dissacrazione della tradizione cristiana e occidentale compiuta dall’inaugurazione di Parigi dice di noi: rappresenta la fatuità di questi nostri poveri giorni, fotografa la miseria culturale e spirituale che li caratterizza, è l’emblema dell’inimicizia sempre più intensa verso la nostra storia. Una pianta senza radici secca, una civiltà senza radici lo stesso: e la nostra civiltà, che è post-cristiana, post-occidentale, post-umana, è ormai sradicata da tempo. Non c’è praticamente manifestazione culturale di massa che non ce lo ricordi. I movimenti languidi dei corpi delle cosiddette Drag queen l’altro ieri a Parigi nella loro parodia queer dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (cioè dell’immagine pittorica universalmente più nota dell’Ultima Cena di Gesù Cristo) rappresentavano, in quel momento in mondovisione, l’emblema degli spasimi in cui si contorce l’anima occidentale, nemica di se stessa e della propria tradizione, secondo la medesima tendenza manifestata da “cancel culture”, “woke” e orientamenti culturali del genere. Se non si deve beatificare il passato, secondo quella visione altamente immatura che colloca nel passato tutto il bene e vede nel presente solo il male, non si deve neppure cadere nell’eccesso opposto. La storia siamo noi, cantava Francesco De Gregori, il che significa che noi, oggi, siamo anche la storia di ieri, essa è dentro di noi, ci consegna le parole con cui parliamo e le idee con cui pensiamo, e ogni operazione che intende “cancellare”, e non, giustamente e kantianamente “criticare”, è necessariamente destinata a non capire e quindi a fare male. L’ignoranza, è matematico, produce sempre male, tanto più quando si presenta come “cultura”…