Alla ricerca del senso perduto

Ha ancora importanza interrogarsi sul significato della vita? Vito Mancuso in cento pagine elenca i motivi per cui a quella domanda non è possibile sottrarsi. E nel corpo c’è la risposta, nel corpo e nella sinergia con il mondo.
recensione/intervista di Daniela Monti per 7 Corriere della Sera

Alla ricerca del senso perduto [PDF]Corriere della Sera [PDF]

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No, non siamo diventati migliori, perché trovare un senso e una direzione nella vita richiede il coraggio di agire e di rischiare, la fatica di fare domande esistenziali (per definizione prive di risposta immediata), non basta stare chiusi in casa e applaudire dai balconi. Diventare migliori significa mettersi in viaggio, navigare in mare aperto esponendosi al dubbio e anche al naufragio, dice Vito Mancuso nel suo "A proposito del senso della vita", un piccolo libro che sta avendo molto successo. «Il senso della vita è una costruzione» scrive «una nostra costruzione, non è ancora finita e che non lo sarà mai». È fatica, assunzione di responsabilità. Il senso della vita è sinergia: tutto è aggregazione, interazione, fin dai tempi de "L'anima e il suo destino" Mancuso è il filosofo/teologo della relazione intesa come principio costitutivo dell'essere (contro la supremazia della sostanza aristotelica, che sta alla base della cultura occidentale). «Siamo sempre in relazione, anche quando siamo soli. Hannah Arendt diceva che la vera ragione che la spingeva a non fare del male agli altri era che poi avrebbe dovuto convivere con una delinquente dentro di sé, quindi esiste proprio una dimensione intrinsecamente relazionale a partire da quella fra noi e noi» …

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A proposito del senso della vita – recensione UltimaVoce.it

di Giulia Della Michelina, 17 Maggio 2021 – UltimaVoce.it

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APSV recensione Giulia della Michelina [PDF]Ultimavoce.it [Link]

Ha ancora senso interrogarsi sul significato della vita? Dopo millenni in cui la filosofia non è riuscita a dare una risposta unanime e l’unica certezza a cui possiamo appellarci sembra la fredda oggettività della scienza? Vito Mancuso in A proposito del senso della vita (Garzanti 2021) ci spiega perché ne vale ancora la pena. Con un linguaggio di straordinaria chiarezza e argomentazioni altrettanto rigorose, Mancuso ci accompagna passo per passo alla riscoperta della cura di sé e degli altri, perché non esiste senso al di fuori della relazione.

Le domande esistenziali appaiono così anacronistiche e fuori posto in un mondo ormai dominato dalla logica dell’apparenza e del consumo. Ma la pandemia ha fatto riemergere l’antico malessere che affligge gli esseri umani e che Mancuso identifica con la mancanza di identità. Viviamo in una condizione “dissociata”, sia da noi stessi che dagli altri. E questa vaghezza porta spesso alla costruzione fittizia di un’identità oppositiva, creando conflitti e nemici. Secondo il filosofo, abbiamo perso un’idea e una direzione collettiva, disperdendoci e isolandoci sempre di più. Se il senso della comunità è venuto meno, le grandi ideologie si sono sbriciolate e perfino “Dio è morto”, non dobbiamo tuttavia abbandonarci al regno dell’assurdo e del non-senso. C’è ancora qualcosa che può fare luce attorno a noi.
È la natura a costruire il punto di appoggio aggrappandoci al quale possiamo sviluppare un’identità basata sull’armonia e non sulla contrapposizione e sull’odio …

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Dialogo intorno al senso della vita

Sappiamo cosa vogliamo avere, ma non sappiamo più chi vogliamo essere. Partendo dal materialismo che domina la nostra epoca,Vito Mancuso, ospite di Quante Storie, esplora il significato più profondo dell'esistenza umana e spiega perché il senso della nostra vita non può essere disgiunto dalla considerazione per gli altri e dalla consapevolezza di essere parte di un progetto più grande di noi.

Quante Storie 6.5.2021 [Link]

Quante Storie

 

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A Proposito del Senso della Vita

«Essere semplici, di quella semplicità naturale che sorge dal nostro interno, e che è il segreto della vera bellezza».

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Sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere – ricchezza, piacere, potere – ma non sappiamo più chi vogliamo essere. Nella grave crisi in cui siamo immersi, necessitiamo continuamente di avversari per definire le nostre identità, e spesso ci scopriamo nemici addirittura di noi stessi, in una sorta di permanente guerra interiore. La filosofia di Vito Mancuso è un’àncora preziosa in questi tempi difficili: rinnovando in noi il desiderio di antiche riflessioni, ci indica la strada per risalire alle radici profonde della nostra coscienza, e ci insegna come il senso e la direzione della nostra vita su questa Terra vadano ricostruiti a piccoli passi, giorno dopo giorno, nella consapevolezza di trovarci al cospetto di qualcosa di più importante di noi stessi. Solo così sapremo entrare in armonia con la logica che determina il nostro cammino e amare quella semplicità naturale dentro di noi che è il vero segreto per una vita degna, una vita che vale la pena vivere, una vita autentica.

Titolo: «A proposito del senso della vita»; ISBN 9788811000778; Autore Vito Mancuso; Casa Editrice Garzanti; Aree tematiche Saggi; Dettagli: 112 pagine, Cartonato. In libreria dal 5 maggio 2021.

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Un Manifesto per la nuova Scuola

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Il Manifesto per la nuova Scuola è un documento elaborato da un gruppo di insegnanti di tutta Italia, che è stato sottoscritto da moltissimi docenti anche universitari e da intellettuali come Alessandro Barbero, Mauro Biani, Chiara Frugoni, Carlo Ginzburg, Domenico Iannacone, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Tomaso Montanari, Roberto Piumini, Filippomaria Pontani, Adriano Prosperi, Massimo Recalcati, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky.
Si tratta di una proposta organica di rilancio della scuola su base culturale, che tenga insieme le dimensioni tra loro interconnesse dell’istruzione, della relazione e della crescita umana dei giovanissimi, che restituisca centralità alla funzione dei docenti, che liberi il processo educativo da burocrazia e “distrattori” di ogni tipo, che riporti al centro della scuola l’ora di lezione, strumento di trasmissione e condivisione di conoscenza e passione culturale, per contrastare la diffusione a macchia d’olio dell’analfabetismo tra le nuove generazioni, acuita da vent’anni di disastrose riforme e dal lungo periodo di sospensione dell’attività didattica in classe.

Manifesto per la nuova Scuola [PDF]

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Talk | Judith Koelemeijer – Etty Hillesum’s biography

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(sotto la nostra traduzione)
On the occasion of the crowdfunding campaign for the Etty Hillesum House, Judith Koelemeijer will have a conversation with us to sustain the EHH and contribute to this important cause in honour of Etty Hillesum. Attend the event by donating a little contribution, which will help the Etty Hillesum House establish its many future activities.
 
Registration

Abstract
The writer Judith Koelemeijer has been working since a few years on the biography of Etty Hillesum. On 22nd April she will be interviewed about her work. What were her main questions during the research? To whom could she still speak about Etty Hillesum? And how and where did she find new sources? 
In a talk with Lucrezia Zanardi Judith will try to reveal different aspects of the complicated work she was confronted with in the last years. 
During her research Judith was followed by a crew of the Dutch television. On the 4th of May (21.00 o'clock, NPO 2) the NOS will broadcast this documentary: Etty Hillesum – zoektocht naar een schrijfster in oorlogstijd. 

About Judith Koelemeijer
Judith Koelemeijer (1967) is a writer of narrative nonfiction. She studied Dutch and Cultural History and worked several years as a journalist for the national paper De Volkskrant. In 2001 she published the family history Het Zwijgen van Maria Zachea, which sold over 350.000 copies. Her next books also became bestsellers. The biography about Etty Hillesum will be published in the spring of 2022. The event will take place via Zoom.

**TICKET**
You can join the lecture by registering here: 

https://ettyhillesumhuis.nl/a-talk-with-judith-koelemeijer/ 

and making a payment of € 10,- on behalf of the Etty Hillesum House. Your contribution will help us realizing more activities, lectures and workshops!

Many thanks for your support!

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In memoria di Hans Küng

Il filosofo cattolico, tra i più influenti del nostro tempo, era un uomo libero che criticava la Chiesa e promuoveva il dialogo tra le religioni

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Hans Kung Rep [PDF]  In memoria di Hans Kung PDF]

La Chiesa si accorse presto delle doti straordinarie di Hans Küng, morto a Tubinga a 93 anni: dopo gli studi a Roma e a Parigi lo nominò a soli 32 anni professore ordinario presso la Facoltà di teologia cattolica di Tubinga, il centro più importante della teologia tedesca e quindi a quel tempo del mondo. Era il 1960 e due anni dopo si apriva il Vaticano II dove Küng venne chiamato come consulente teologico, il più giovane partecipante all’assise conciliare. Che cosa portò allora questo teologo e sacerdote che aveva davanti a sé possibilità di carriera non minori di quelle di Joseph Ratzinger (di un anno maggiore, ma chiamato a Tubinga per la docenza proprio da Küng), a criticare sempre più spesso la Chiesa tanto da indurre nel 1979 Giovanni Paolo II a revocargli la qualifica di teologo cattolico? La risposta suona paradossale: la volontà di essere veramente cattolico. L’aggettivo greco katholikós significa infatti “universale” e a questo Küng mirò da sempre: a unire il più possibile gli esseri umani. Egli non volle essere cattolico-romano, ma più genuinamente cattolico-universale, cioè uomo tra gli uomini, a servizio del bene del mondo, lungo il medesimo sentiero percorso da cattolici quali Ernesto Balducci, Raimon Panikkar, Leonardo Boff, Carlo Maria Martini. Operante in paesi a forte presenza protestante come la nativa Svizzera e la Germania, Küng volle anzitutto contribuire all’unità tra cattolici e protestanti e in questa prospettiva elaborò la tesi di dottorato sulla dottrina della giustificazione in Karl Barth mostrandone la coincidenza con la più genuina teologia cattolica e ricevendone una lettera entusiasta dello stesso Barth e la prestigiosa nomina cattolica già menzionata. Diede vita poi a una speciale disciplina teologica, la teologia ecumenica, che insegnò per oltre 20 anni, fondando a Tubinga l’Istituto per la ricerca ecumenica.

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Pavel Florenskij vittima di un revisionismo infondato

«Su una pagina facebook molto seguita che porta il nome del noto storico Alessandro Barbero (ma che con lui non c’entra nulla, come confermatomi per email dallo stesso Barbero) è apparso il 10 marzo scorso un post su Pavel Florenskij con accuse di antisemitismo e di simpatie nazifasciste. Contattato da una lettrice di questa pagina rimasta esterrefatta per tali pesantissime accuse, ho preso subito contatto con i curatori delle opere di Florenskij che conosco da oltre vent’anni. Uno di loro, il professor Lubomir Žak dell’Università Lateranense di Roma, tra i maggiori esperti a livello internazionale di Florenskij, ha scritto la seguente replica, sottoscritta da altri autorevoli studiosi».

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A proposito delle accuse di antisemitismo rivolte a Pavel Florenskij

1. L’antefatto
In un clima culturale come l’attuale, caratterizzato da un furore revisionistico che tende a mettere in discussione a tutti i livelli la credibilità di figure di rilievo del nostro passato, non desta molto stupore il fatto che a essere vittima di questa campagna sia ora Pavel Florenskij, vittima già nella sua vita delle cosiddette “purghe staliniane” quando, nel 1937, venne giustiziato da un plotone d’esecuzione nei pressi dell’allora Leningrado. L’accusa allora era stata di aver fondato un partito per la rinascita della Russia, che gli organi inquirenti del tempo definirono “un’organizzazione controrivoluzionaria nazionalfascista” e che ovviamente era, come scrive Adriano Dell’Asta, «una colossale montatura» (L’anonima fine del detenuto n. 368, in L’Osservatore Romano, 2 settembre 2009). E ora di cosa lo si accusa?

2. La tesi dello slavista Michael Hagemeister

Il tentativo di delegittimare Florenskij, minandone la dirittura morale e la coerenza del pensiero, cui si assiste in questi giorni non è nuovo. Il primo colpo venne sferrato nel 2000, nel corso di un Convegno internazionale organizzato dall’università di Potsdam sul tema “Pavel Florenskij – tradizione e modernità”. In quell’occasione uno studioso tedesco, Michael Hagemeister, nella sua relazione, regolarmente pubblicata negli Atti, parlò di uno sviscerato “odio” del pensatore russo per gli ebrei. Ecco alcuni passi di quell’intervento: «L’odio rabbioso di Florenskij per gli ebrei, che raggiunge il livello della febbre del pogrom, fa appello a idee arcaiche dell’antigiudaismo tradizionale di stampo cristiano: il giudaismo come “sinagoga di Satana”, “nido dell’Anticristo” e “nemico della razza umana”». E ancora: «Allo stesso tempo Florenskij era assolutamente “moderno”, poiché usava l’arsenale dell’antisemitismo razzista con implicazioni sessuali, quando metteva in guardia davanti alla virulenza del sangue ebreo e alla minaccia dell’imbastardimento dei non ebrei fatto con inganno» (M. Hagemeister, Wiederverzauberung der Welt: Pavel Florenskijs Neues Mittelalter, traducibile con “Reincantesimo del mondo: il Medioevo di Pavel Florenskij” e probabilmente concepito in contrapposizione a come Max Weber denominava l’opera della modernità, cioè Entzauberung der Welt, “Disincanto del mondo”, p. 40). Nella nota 71 Hagemeister chiama Florenskij: sostenitore «del razzismo biologico-materialista» (p. 40).
Anche l’autore di questo articolo era stato invitato al Convegno in qualità di relatore, assieme alla prof.ssa Nina Kauchtschischwili (nota studiosa di slavistica di origine georgiana), unici arrivati dall’Italia. Poté perciò ascoltare con le sue orecchie la relazione tenuta da Hagemeister e assistere alla successiva burrascosa discussione. Tutti gli studiosi presenti (russi, americani, tedeschi…) criticarono la relazione dello slavista tedesco per l’evidente strumentalizzazione delle fonti e i gravi errori interpretativi messi in atto. Lo difese a spada tratta solo Natalia Boneckaja, il che però non sorprese nessuno, visti i permanenti attacchi della studiosa russa alle “stranezze” della persona e della teologia di Florenskij (accusato persino di esoterismo e gnosticismo), formulate dal pulpito della difesa apologetica della “vera dottrina” della Chiesa ortodossa. Ma occorre notare che già a Potsdam, dopo la discussione seguita alla relazione di Hagemeister, nessuno più si occupò di queste accuse destituite di fondamento …

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Libertà

«Essere veramente liberi è una condizione mentale»: è stato questo il titolo della lectio magistralis di Vito Mancuso al Premio Chiara 2021, destinata principalmente ai giovani, a cui è rivolto il concorso letterario che si è tenuto venerdì 19 marzo in diretta streaming online.

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Pandemia: Rec dialoga con il teologo Vito Mancuso

Appuntamento in diretta sulla pagina Facebook  [REC Talk – Link]  mercoledì 17 marzo alle 18.30 con lo studioso che ha pubblicamente attaccato il vescovo Massimo Camisasca per l’affermazione: “Dio si serve del male per la nostra conversione”.

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REGGIO EMILIA – Le parole del vescovo Massimo Camisasca, secondo il quale “Dio si serve del male per la nostra conversione”, hanno fatto discutere e avviato un dibattito sugli effetti dell’emergenza sanitaria che ha coinvolto molte persone. Reggio Emilia in Comune ha deciso di organizzare un momento di riflessione sul tema del male con uno studioso che ha criticato le parole del vescovo. Si tratta del teologo Vito Mancuso. Il dialogo avverrà sulla pagina Facebook di Rec – mercoledì 17 marzo – alle 18.30. Sarà possibile interagire in diretta, ponendo domande agli ospiti tramite i commenti.

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