Due giorni fa in diverse città di Francia e d’Italia alcuni imam e semplici fedeli musulmani hanno partecipato alla messa cattolica, compiendo un gesto assolutamente inedito e direi persino inimmaginabile. L’hanno fatto per testimoniare pubblicamente due cose: la solidarietà ai cattolici per l’assassinio di padre Hamel e l’inequivocabile condanna del terrorismo che utilizza la religione. Ma al di là della contingenza immediata alla base di questa nobile iniziativa, occorre porsi una domanda: i cristiani e i musulmani possono davvero pregare insieme? Quello di domenica è un evento autenticamente religioso e come tale reiterabile anche in futuro, o è un evento sociopolitico compiuto in un contesto religioso? La mia tesi è che si tratta di un evento sociopolitico in un contesto religioso, e che come tale esso non può diventare un evento religioso ripetibile nel futuro, se non sempre in via del tutto eccezionale e con le medesime finalità socio-politiche …
Sul volto scivola una lacrima
Sul volto scivola una lacrima
senza il mio permesso
e lascia una grande traccia
sul guanciale del male.
Il respiro scende nei polmoni
con grande fatica
per cancellare ogni colpa
alla ricerca di un destino pietoso.
Dio, tu ci hai donato la sofferenza
come rimedio all’impurità
per migliorare le nostre essenze,
perché gli occhi sono soltanto
piangenti e oscuri specchi,
ma il dolore
è la nostra unica nobiltà.
A.B.
Laboratorio di Lettura e scrittura creativa nella Casa di reclusione di Milano Opera
Ma essere minoranza è una grande chance per il cristianesimo
È solo nella centralità del mistero che la religione si deve rigenerare. Non per coltivare di nuovo ambizioni di primato.
Già nel 1929 il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, teologo e scienziato, scriveva: «La Chiesa continuerà a declinare finché non si sottrarrà al mondo fittizio della teologia verbale, del sacramentalismo quantitativo e delle devozioni eteree di cui ama circondarsi". A distanza di quasi un secolo il cardinale Carlo Maria Martini nell' ultima intervista dell' agosto 2012 dichiarava: «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni ». Molti altri teologi e teologhe hanno interpretato il nostro tempo all' insegna di questo continuo declino della credenza e della pratica ecclesiastica, un fenomeno sotto gli occhi di tutti se appena si considera la condizione delle nostre chiese, che nel passato non bastavano a contenere i fedeli e che ora sono spesso chiuse e quando aprono raramente fanno il «tutto esaurito». Né la situazione migliora per i monasteri, i conventi, i seminari e le cosiddette vocazioni. Il fatto è che la condizione della religione istituzionale in Occidente è una sola: la decadenza. In questa prospettiva il dato veramente sorprendente dell' inchiesta al centro di questa pagina non è che il 28 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 29 anni si dichiari non-credente, ma che vi sia ancora oggi nel nostro paese un 72 per cento di giovani che dichiara di credere in Dio. Ma davvero? Così tanti? E per quanto tempo ancora i credenti saranno maggioranza tra i giovani? Ma poi, è davvero così importante per la fede essere maggioranza?
Perchè questo è il tempo di riscoprire la confessione
Non riconoscere il proprio male significa rinunciare al principio di responsabilità e autoassolvere la condotta dell’ego
«Il mondo va di male in peggio: ecco un lamento antico come la storia, antico anzi come la poesia, più antica della storia, antico infine come la più antica di tutte le leggende poetiche, la religione dei preti»: così scriveva Kant nel 1792 all’inizio del saggio sul male radicale della natura umana. È la convinzione dominante anche ai nostri giorni, attraversati da una sensazione di continua decadenza, talora dalla paura di un’imminente catastrofe. La crisi (economica, politica, sociale, culturale) stende i suoi tentacoli ovunque. Il declino appare dal profilo dei politici espressi dalla società contemporanea, per la gran parte incapaci di ragionare in termini di giustizia e di bene comune, e ancor più dal fatto che quando qualcuno oggi azzarda ragionamenti basati su quegli ideali riceve subito l’antipatica etichetta di moralista, che al massimo può fare il filosofo o il prete, ma non certo il politico e meno che mai l’economista. Ma c’è un segnale ancora più preoccupante: è l’anestesia della mente giovanile, sempre più noncurante dello stato del mondo, supremamente disinteressata a tutto ciò che non passi attraverso la mediazione dell’incontrastato suo dominatore, il cosiddetto smartphone, divenuto una smart-prison, una prigione elettronica della mente. Ma al di là delle forme particolari di prigionia, la questione di fondo è quella evocata da Kant: assistiamo a una progressiva decadenza o è sempre stato così? …
Passepartout Festival 2016
"Dittatura politica e dittatura spirituale", la conferenza del prof. Vito Mancuso alla 13°edizione del PASSEPARTOUT Festival 2016.
Riprese e Montaggio: RICCARDO BOSIA Dittatura politica e dittatura spirituale – Trascrizione di Panebianco Francesca [PDF]
Dalla Strada alla Storia Per l’archivio di Don Andrea Gallo
Un paese aperto
A Milano fino al 4 luglio la mostra fotografica nella centralissima Via Dante, fra Largo Cairoli e Piazza Cordusio. Testo di Alberto Figliolia Alberinube [Link]
“… Luigi e Stefano. Come spesso la mattina, vanno in giro, se la raccontano, ridono, forse sognano. Il bello di ogni viaggio è quando si parte”. Giorgino invece spunta, oltre la barriera delle begonie della serra, come un fiore di Nuova Guinea. Pare a propria volta sbocciare Giorgino, piccolo grande uomo dal sorriso smisurato come il cielo. E c’è Ernesto che dovrebbe preparare la carta in lunghe strisce affinché poi Sonia le possa trasformare in vasi, un’opera di minuto e prezioso artigianato; ma forse oggi Ernesto non ne ha voglia e preferisce perdersi in meditazioni. Più in là qualcuno svuota e suddivide secondo i differenti colori le cialde del caffè, le quali infine divengono una sorta di grande e aerea tenda colorata – raro e incredibile oggetto di design – mentre la polvere di caffè recuperata viene in un virtuoso ciclo riconvertita in concime. Sulla panchina Eros invece se la fuma – la pipa – e lievi volute di nebbia si levano dal ritratto minimalista e, nel contempo, di così raffinato acume. Questi, e altri ancora, sono i soggetti della magnifica mostra fotografica Un paese aperto allestita, per l’appunto en plein air, nella centralissima Via Dante, fra Largo Cairoli e Piazza Cordusio, a Milano, fra le quinte, ai rispettivi opposti, dell’imponente mole del Castello Sforzesco e dei ricami del Duomo. Fanno irruzione nel salotto di Milano, grazie alle foto di Margherita Lazzati, le persone ospitate dalla Sacra Famiglia, istituto con sede a Cesano Boscone, nella sterminata periferia della metropoli, che da 120 anni si occupa con un intervento ad amplissimo raggio di accogliere e curare il disagio psichico (e non solo), fornendo in un misto di elevatissima specializzazione e imprescindibile rispetto opportunità e nuove prospettive …
The good force of being
Luigi Vitali in conversation with Vito Mancuso
Interview Vito Mancuso DUST9 [PDF]
Luigi Vitali: It’s no easy task to understand exactly what we mean when we speak of the concept of “God”. The term often refers to human projections and inventions of an anthropomorphic deity who decides on our affairs, a figure venerated by those who blindly believe and who is attacked by sceptics and which probably has very little to do with any real concept of God. Today the work that you are doing represents a reference point for a passionate, relevant and sensible reconsideration of the concept of God and human existence. So, my question to you is: what have you been able to learn about God in your ongoing questioning of life?
Vito Mancuso: I have come to understand a few things, but above all, I have understood that there are some things that we can’t understand. I can say that I have understood why a sort of reflection has always arisen in humanity, actually, I would call it more than a reflection, I would call it faith or belief in the divine. Why does this need arise? Doubtless for two reasons. The first, which was felt in Antiquity, is the need to explain the complex mesh which is the world. The second and main reason is the need for consolation and healing. The two things are related but not completely the same. Wounds are something that concern the life of every human being, everybody suffers. In the best of cases we are all covered with scars, in the worst, the wounds are still open and bleeding. Wounds that are physical, psychological and spiritual. The first of the noble truths the Buddha proclaimed in his famous sermon in Benares, when he set the wheel of Dharma into motion, is that life is suffering: Dukkha which means just that, suffering, discomfort, pain. I think this is one of the most important premises, probably the most important premise behind the need for Religion. And it is out of this suffering that the need for consolation and healing arises. “Consolation” may be understood in the not very noble sense of “soothing”, but it can also be understood as something noble, such as philosophy. Philosophy the way Boetius (Roman philosopher of the sixth century) used the term with no distinction between the term theology and spirituality. As a matter of fact, it was a philosopher, Plato, who coined the term Theology in the second book of the Republic. At a deep level there is no difference between the discipline of theology and philosophy.
Isaac Newton, in his famous Mathematical Principles of Natural Philosophy wrote “Deus est vox relativa”, God is a relative term. As Newton said and before him one of the Church fathers, Justin, God is a term which isn’t a proper noun for an entity, but a relative term, that is to say, a term that points to a relationship, or rather, to a dependence. When a human being realizes that he is in the presence of something greater than himself, something that absorbs him, envelops him and sometimes even unsettles him, or overwhelms him; that is when the mind allows the concept of the divine to enter. Here a feeling of dependence is created. A great philosopher, Friederich Schleiermacher, who lived in Berlin between the eighteenth and nineteenth centuries, spoke of this very feeling of dependence, as something that marks out the religious conscience. We mustn’t think of this as a servile dependence, but rather as the awareness of being in the presence of something larger than ourselves, something we depend on and which at the same time we belong to. If we don’t have these two things together, there is no religious conception of God.
Certainly, the concept of the divine may be interpreted in different ways, in the singular or plural, in other words, as monotheism or polytheism, as a male or female, or as both male and female together, as personal or impersonal, these are the different variations that human beings, depending on their histories, their environments, climates, etc. have put forward. Whatever the case, the concept of the divine arises in the human consciousness for one reason, to express the feeling we experience in the presence of something larger than ourselves.
Il libro della vita II edizione
Vito Mancuso parla della BIBBIA. Scandicci, Auditorium domenica 13 marzo 2016
Il Libro della vita si propone come evento culturale metropolitano che pone al centro la lettura, uno spazio che si apre la domenica mattina per offrire voci autentiche. I protagonisti del Libro della vita sono i libri e il racconti degli ospiti scrittori. Vito Mancuso – Il libro della vita – Trascrizione Panebianco Francesca [PDF]