A Milano fino al 4 luglio la mostra fotografica nella centralissima Via Dante, fra Largo Cairoli e Piazza Cordusio. Testo di Alberto Figliolia Alberinube [Link]
“… Luigi e Stefano. Come spesso la mattina, vanno in giro, se la raccontano, ridono, forse sognano. Il bello di ogni viaggio è quando si parte”. Giorgino invece spunta, oltre la barriera delle begonie della serra, come un fiore di Nuova Guinea. Pare a propria volta sbocciare Giorgino, piccolo grande uomo dal sorriso smisurato come il cielo. E c’è Ernesto che dovrebbe preparare la carta in lunghe strisce affinché poi Sonia le possa trasformare in vasi, un’opera di minuto e prezioso artigianato; ma forse oggi Ernesto non ne ha voglia e preferisce perdersi in meditazioni. Più in là qualcuno svuota e suddivide secondo i differenti colori le cialde del caffè, le quali infine divengono una sorta di grande e aerea tenda colorata – raro e incredibile oggetto di design – mentre la polvere di caffè recuperata viene in un virtuoso ciclo riconvertita in concime. Sulla panchina Eros invece se la fuma – la pipa – e lievi volute di nebbia si levano dal ritratto minimalista e, nel contempo, di così raffinato acume. Questi, e altri ancora, sono i soggetti della magnifica mostra fotografica Un paese aperto allestita, per l’appunto en plein air, nella centralissima Via Dante, fra Largo Cairoli e Piazza Cordusio, a Milano, fra le quinte, ai rispettivi opposti, dell’imponente mole del Castello Sforzesco e dei ricami del Duomo. Fanno irruzione nel salotto di Milano, grazie alle foto di Margherita Lazzati, le persone ospitate dalla Sacra Famiglia, istituto con sede a Cesano Boscone, nella sterminata periferia della metropoli, che da 120 anni si occupa con un intervento ad amplissimo raggio di accogliere e curare il disagio psichico (e non solo), fornendo in un misto di elevatissima specializzazione e imprescindibile rispetto opportunità e nuove prospettive …
Non è un caso che l’esposizione in grandi pannelli (120 x 200 cm) – per una visibilità totale, giorno e notte, nella strada pedonalizzata – abbia assunto questo titolo, Un paese aperto, tanto fortemente simbolico ed evocativo, ma, in pari grado, assolutamente concreto. Fra la gente che fa shopping o che si sposta da un luogo monumentale all’altro si accenderà l’interesse, e non una morbosa curiosità, verso quell’universo umano in apparenza così distante, invero accanto a noi. Perché la vita può esser sempre dignitosa – deve esser tale – se assistiti dalla giusta attenzione della comunità e degli enti preposti, se spinti dall’amore verso il prossimo e dall’empatia verso l’altro.
Margherita Lazzati, già artefice nel recente passato di un magistrale e toccante reportage sugli homeless, si è mossa con discrezione e affetto all’interno dell’istituto cesanese. In queste 22 foto giganti, una selezione da circa 3000 immagini frutto di mesi di lavoro in full immersion, si svela e rivela un formidabile universo di sentimenti e di possibilità: il meglio della scienza medico-sociale, lo sguardo attento verso ciascuno dei nostri simili, verso coloro con cui la vita nel suo incipit e svolgersi è stata più dura.
Si dipana fra cielo e pietra la galleria di volti e nomi, situazioni e ambienti che popolano e fanno la quotidianità della Fondazione Sacra Famiglia: un ballo insieme; Alvaro, che divide cumuli di creta “secondo un suo indecifrabile piano di lavoro”, quasi un Giacometti nel suo atelier; un altro tavolo di lavoro con i ceppi di legno che attendono di divenire un semplice e magico Pinocchio; Sonia, che si dedica a una cornice; Chiara, la pediatra; Natascia e Adele, che preparano le decorazioni per il prossimo Natale; Roberto e Cristian, nello splendido accumulo del laboratorio di ceramica; il parcheggio delle carrozzine…
Una brulicante sfilata di umanità: attiva, vera, viva, dove tutti son di tutti nella considerazione che la vita è un dono da condividere. E bisogna dar merito alla straordinaria sensibilità (umana e artistica) di Margherita Lazzati che senza mai cadere nel facile rischio del pietismo o del patetismo ha saputo restituirci questo “incognito” panorama. La mostra, baciata dal sole e dai riflessi mutevoli e cangianti del giorno e della notte, luce naturale e illuminazione artificiale, sarà lasciata in via Dante sino al 4 luglio. Da vedere, per capire. Non siate frettolosi, passanti d’ogni genere, fede, pensiero e sito: fermatevi e osservate. Sarete più consapevoli e ricchi alla vista (visione) di quell’invincibile speranza.
Alberto Figliolia