Intervista al Corriereinnovazione

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Per il teologo Vito Mancuso nel nostro rapporto con la tecnologia «c’è una grande macchina che ci guarda dall’alto e che ci controlla, un po’ come il Dio barbuto della Cappella Sistina che ci scruta non in maniera malevola, ma nemmeno benevola. Nei computer dovremmo trasferire la dinamica di relazione tipica della donna»

INNOVAZIONE [PDF]


intervista di Massimo Sideri, 30 marzo 2018 

Professor Vito Mancuso il suo ultimo libro si intitola «Il bisogno di pensare». Proprio il pensare oggi è al centro di una nuova grande ansia moderna: l’idea che macchine sempre più veloci e potenti possano in qualche maniera entrare in competizione con noi e sottrarre centralità all’essere umano. Gli uomini hanno oggi paura di perdere l’esclusività del pensiero.

«In realtà dobbiamo partire dal fatto che il pensiero non è esclusivo dell’essere umano già adesso, perché se definiamo il pensare come l’elaborazione di informazioni tutto ciò che vive a suo modo pensa. Anche le piante sanno come rapportarsi al mondo. L’albero sa dove mettere le radici. I virus sanno, alla loro maniera, dove andarsi a cercare il glucosio e chi è nemico e chi amico. Questo significa che già adesso il pensiero è esclusivo più in generale dei viventi. È vero però che se tutto pensa, è esclusivo dell’essere umano il pensiero libero, non funzionale solo alla sopravvivenza. Il pensiero diventa caratteristico degli umani quando diventa elaborazione gratuita e creativa. Non perché voglio mangiare ma per un desiderio più intimo, di bellezza: sono attratto dalla verità, dunque ecco la scienza. Dalla giustizia. Ed ecco i tribunali. C’è un saggio bellissimo di Hans Jonas in cui l’autore afferma che l’homo pictor è ciò che ci ha caratterizzati come esseri viventi. È quando l’uomo diventa “pictor” nelle caverne e fa delle cose senza scopo che mostra la propria peculiarità e si distacca dagli altri esseri viventi» …

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Ritratti in carcere di Margherita Lazzati

Interroghi lo specchio e le chiacchiere si annullano: cos’hai dietro il sorriso? Cosa nascondi tra le sue crepe? Perché solo le pupille sono immobili? Come un abito logoro la vita ti è cucita addosso. È l’enigma svelato per me; mentre l’anima riflette i peccati facendo cadere l’ultima maschera…

unnamedQuesta è una riflessione di Carlo, persona detenuta nel Carcere di Opera-Milano, partecipante all’attività, interna all’istituto di pena, del Laboratorio di lettura e scrittura creativa che, gestito da insegnanti volontari, vi agisce da oltre vent’anni. Carlo è un poeta, e non per gioco (sebbene il diletto sia grande). La sua produzione di versi è di alto livello formale (oltre che di potente impatto intellettivo-emozionale), così come quella mediamente offerta da tutti i membri del gruppo. Il Laboratorio suddetto, fondato illo tempore da Silvana Ceruti, maestra, poetessa e formatrice, ha avuto l’onore di essere ritratto in una mostra fotografica, Ritratti in carcere, allestita all’Ambrosianeum di Milano (via delle Ore 3) sino al 29 marzo e nel relativo catalogo-libro edito da La Vita Felice con l’omonimo titolo. Le immagini sono frutto della sensibilità e della creatività della fotografa milanese Margherita Lazzati, già artefice di reportages sui clochards di Milano o intorno ai diversamente abili. Ora la Lazzati ha “completato” il circuito dei marginali/emarginati sociali (o ultimi? o reietti? di certo i separati). Nessuna morbosità è in queste foto, nessun compiacimento narcisistico, nessun crogiolamento estetico. Semplicemente visi: sguardi intensi o perduti, meditabondi o divertiti, assorti o ironici. C’è pathos. E reticoli di rughe a indicar vite scavate, difficili; sorrisi nonostante tutto; gestualità naturali o pose comunque fiduciose all’obiettivo della Lazzati. Ad accrescere la suggestione il fatto che nelle foto siano stati “cristallizzati” anche i volontari, individualmente o mescolati alle persone detenute. Viene messo in discussione il crisma dell’identità. I crinali del nostro esistere son sempre sottili: su un versante e sull’altro giacciono l’innocenza e la colpa. Ma chi sa mai sino in fondo quale destino sia ad attenderci…

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Il Vangelo dalla parte della Maddalena

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La simpatia del cardinal Martini per Maria Maddalena appare evidente dalla prima all'ultima parola degli esercizi spirituali da lui tenuti in Israele tra la fine del 2006 e l' inizio del 2007, come evidente è la sua simpatia per le consacrate dell'Ordo Virginum della diocesi di Milano per le quali aveva preparato gli esercizi e alle quali diceva: «Vi riconosco nella vostra bellezza interiore ed esteriore, perché quando l'anima rimane nella sua costante proposta di servizio a Dio, rimane bella e questa bellezza si diffonde». Io penso sia proprio così, e penso che Martini sia stato a sua volta un esempio di questa misteriosa connessione tra etica ed estetica avvertita già dagli antichi greci con l'ideale della kalokagathía, perché il morbo di Parkinson contro cui già allora combatteva, e che l'avrebbe portato alla morte il 31 agosto 2012, non giunse mai a privarlo della sua originaria e nobile bellezza …

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I cinque anni di pontificato di Papa Francesco

 «Un profeta straordinario che fatica a tradurre in atti di governo il suo messaggio all’insegna del Vangelo; rischia di essere una cometa»

 

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Intervista a cura di Giovanni Panettiere, Quotidiano.net [Link]

Bologna, 13 marzo 2018 – Non basta una spinta profetica "dirompente, oltre i vertici di Giovanni XXIII e del miglior Giovanni Paolo II". Per scongiurare che il papato di Bergoglio "sia ricordato solo come una cometa  nella storia della Chiesa", é bene che il gesuita Francesco riveda la sua azione di governo, "senza bacchettare di continuo il suo esercito, dai cardinali ai parroci, perché sono loro che hanno il compito di attuare le riforme". A questo va aggiunto un rafforzamento della dimensione liturgica/contemplativa sulla quale “l’apporto di Benedetto XVI è stato nettamente superiore". É una fotografia nitida, a tutto tondo dei primi cinque anni del pontificato argentino quella scattata da Vito Mancuso, fra le voci più conosciute e innovative della teologia contemporanea, cresciuto alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini. L'autore di saggi popolarissimi, da 'L'anima e il suo destino' a 'Io e Dio', si smarca dallo schema riduttivo bergogliani/ratzingeriani per inquadrare luci e ombre di un papato che continua a far discutere.

Professore, niente lode per papa Francesco?

“Complessivamente allo stato attuale direi di no. Detto ciò, facevo già fatica a dare i voti agli studenti, quando insegnavo all’università, figurarsi se mi metto a giudicare un pontificato così importante e comunque straordinario. Non mi sento all’altezza. Preferisco piuttosto fornire qualche impressione su questi primi cinque anni dell’era Bergoglio, seguendo il criterio dei ‘tria munera Ecclesiae’, in altri termini dei tre compiti della Chiesa: profezia, governo e santificazione”…

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L’acqua di domani

L'intervento di Vito Mancuso per il XXII Convegno Nazionale dei delegati e volontari FAI, che si è svolto il 24 febbraio 2018 al Teatro Massimo di Palermo.

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Occorre pensare per trovare l’equilibrio

In una società spensierata e sfrenata il pensiero guida il nostro desiderio

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Vito Mancuso è un autore molto prolifico, apprezzato da un vasto pubblico. Il suo ultimo libro, uscito lo scorso autunno, si intitola “Il bisogno di pensare”. La Chiesa evangelica riformata di Locarno ha organizzato una serata nell’ambito della quale il filosofo e teologo ha presentato questa sua opera. Paolo Tognina ha incontrato Vito Mancuso, a Muralto, a margine dell’evento:

Prendendo spunto dal titolo del suo libro, mi verrebbe da obiettare che noi viviamo in una società che è spensierata, che non vuole perdere tempo a pensare, che non sente spesso il bisogno di pensare, che preferisce lasciare che siano altri a pensare per noi…

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Il bisogno di pensare a Tempo dello Spirito

Vito Mancuso

Intervista a Il Tempo dello Spirito, domenica 11 febbraio RSI Rete Due Ch

Il Bisogno di Pensare a Il Tempo dello Spirito [Link]

A colloquio con il teologo e filosofo Vito Mancuso, prendendo spunto dal suo ultimo libro: Il bisogno di pensare. Muovendosi ora in modo logico, ora in modo caotico, il pensiero ci accompagna per tutta la vita ed è una necessità che ci distingue in quanto esseri umani. 

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Intelligenza delle macchine e libertà dell’uomo

Roma, 30 gennaio 2018, Garante della Privacy, convegno “Uomini e macchine” 

Vito Mancuso: "Intelligenza delle macchine e libertà dell'uomo" [PDF]

Programma-invito

Rappresento una disciplina antica, la teologia, termine coniato 2400 anni fa in Grecia da Platone, e quindi il mio sarà un intervento inattuale, per certi aspetti scontato: dovendo trattare di “Intelligenza delle macchine e libertà dell’uomo”, farò un appello alla libertà.

In un lontano giorno del 1778 il filosofo illuminista tedesco Gotthold Ephraim Lessing dichiarava: “Se Dio tenesse nella sua destra tutta la verità e nella sinistra il solo eterno impulso verso la verità, e mi dicesse: scegli! io mi precipiterei umilmente alla sua sinistra e direi: concedimi questa, Padre! La verità pura è soltanto per te!”. Oggi, quando siamo più o meno tutti inconsciamente portati a sostituire l’onnipotenza di Dio con l’onnipotenza della tecnologia (Emanuele Severino: “Dio è il primo tecnico, la tecnica è l’ultimo dio”), io riformulerei le parole di Lessing così: Se la Macchina tenesse nella sua destra tutta l’efficienza e nella sinistra il solo eterno impulso verso il lavoro e mi dicesse: scegli!, io sceglierei la sinistra dicendo: concedimi questa, Signora!, l’efficienza pura è solo per te!

La mia tesi è molto semplice, afferma che l’essenza dell’uomo è la libertà, e che quanto più si promuove la libertà, tanto più l’essere umano fiorisce; quanto meno, meno. L’identificazione dell’essenza umana nella libertà vale soprattutto per l’uomo occidentale, quello nato nell’antica Grecia e che queste parole di Eschilo definiscono al meglio. La regina dei persiani, Atossa, attende impaziente il ritorno dell’esercito dalla campagna di Grecia e siccome l’esercito tarda, inizia a interrogare il dignitario di corte su chi siano questi greci, se siano ricchi, forti, tecnicamente dotati nel tiro dell’arco e poi pone la domanda centrale: “Chi è il loro padrone?”. Ecco la risposta che Eschilo, che combatté sia a Maratona sia a Salamina, le dà tramite il dignitario di corte: “Si vantano di non essere schiavi di nessun uomo, sudditi di nessuno”. Era il 472 a.C. e nasceva in Occidente il concetto di libertà …

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Velo vietato al Tar di Bologna

QUALE GIUDICE AVREBBE AGITO COSI' SE IN AULA FOSSE ENTRATA UNA SUORA?

Intervista a Repubblica giovedì 18 gennaio [PDF] 

Schermata 2018-01-18 alle 20.21.50«Il criterio di valutazione per un fatto del genere è quello della laicità dello Stato, ma tutto sta nell’intendersi su cosa sia la laicità», afferma il teologo Vito Mancuso.

Ecco, appunto. Che laicità intendiamo? E quale, secondo lei, ha usato il giudice in questione?

«Laicità significa che ogni cittadino possa esprimersi liberamente, a patto che non arrechi danno agli altri. Ma per me essere laici non vuol dire tagliare tutto con il rasoio uniformando i comportamenti, bensì uno spazio nel quale le singole identità si esprimono. Per questo credo che la decisione del giudice sia criticabile. Anche perché imporre il capo scoperto si presta ad equivoci» …

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