grazie a quell’energia interiore che chiamiamo coscienza
Intervista al prof. Vito Mancuso di Patrizia Danzè per la Gazzetta del Sud mercoledì 27 novembre 2019
Intervista a Vito Mancuso [PDF] Gazzetta del Sud Vito Mancuso 27 novembre 2019
Sente l’urgenza della questione antropologica, avverte il forte malessere sul tema “uomo”, sulla disaffezione che ci contagia, il professor Vito Mancuso, teologo e filosofo, perciò nel suo ultimo libro “La forza di essere migliori” (Garzanti), che segue a “Il coraggio di essere liberi”, “Il bisogno di pensare” e “La via della bellezza” (tutti Garzanti), dopo libertà, pensiero, bellezza, riflette sulle virtù. Se la vita etica – scrive nel capitolo dedicato alla coscienza – è un laboratorio e se avere una teoria è la prima condizione per compiere un esperimento, a partire dalla teoria con la quale sostiene il primato del bene e quindi della necessità che vi sia un soggetto capace di bene, analizza, come uno sperimentatore, cosa sia la coscienza, per giungere a sostenere la possibilità della coscienza morale e dell’azione responsabile. Ecco, la responsabilità, una virtù tra quelle analizzate da Mancuso – che domani incontrerà il pubblico messinese al Salone delle Bandiere, alle 17.30, su iniziativa della Piccola Comunità Nuovi Orizonti (che promuove il ciclo di seminari “I lunedì della parola” assieme al Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina, al Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, all’associazione Mons. Oscar Romero, alla Chiesa Valdese di Messina, al Segretariato per le Attività Ecumeniche e al Movimento Eucaristico Giovanile di Messina), di cui sentiamo l’urgenza per la stessa nostra sopravvivenza sul pianeta. E come diventare responsabili? Acquisendo la forza di essere migliori, praticando il bene, assumendo un comportamento etico, perché «l’etica è paragonabile a un ponte tra il singolo e il mondo, e il suo compito è anzitutto la costruzione di tale ponte».
Professore, essere migliori, diventare migliori è diventata un’urgenza per la nostra sopravvivenza sul pianeta. Ma come si acquisisce la forza di esserlo?
«La mia convinzione è che il primo passo è comprendere che dobbiamo diventare migliori, e comprenderlo non è per nulla scontato. Bisogna capire di essere in difetto o nella colpa o nel peccato, comunque si voglia dire, questo il primo passo; non puntare sempre e solo il dito fuori di noi, indignandoci per la famiglia, per la scuola, per la politica, per la finanza, per l’ambiente. Bisogna rientrare in sé per farlo. E la coscienza morale consiste proprio in un fatto cognitivo: una volta compiuto questo passo, è da qui che bisogna attingere motivazione, energia, trovare il carburante per alimentare questa pompa. Quindi due sono i passaggi: il primo è la guarigione. Quando si capisce che si sta male, quello è l’inizio per voler guarire. Essere migliori significa voler guarire, non essere prigionieri del male, non essere cattivi. Le parole rivelano molto e il nostro “cattivo” che deriva dal latino “captivus” ci dice molto sul fatto che il male ci imprigiona, il bene ci fa sentire migliori. Il secondo passaggio, strettamente legato al primo, è la bellezza, il fatto estetico che diventa fondamento del fatto etico».