L’eterna ricerca di Dio

Intervista al prof. Vito Mancuso di Laura Solieri per La Gazzetta di Modena

 

«Superata la religione autoritaria, l'uomo guarda al Divino con la spiritualità»

 

Cabiaglio4

 

 

L'eterna ricerca di Dio [PDF]

 

Modena; sabato 31 agosto 2024, alle ore 21 alla Festa dell'Unità di Modena (Agora Matteotti) si terrà l'incontro "Dov'è finito Dio? Il ritorno della spiritualità nella crisi delle Chiese” che vedrà dialogare il saggista Vito Mancuso, con Massimo Mezzetti (sindaco di Modena e Brunetto Salvarani (saggista) intorno a quello che è un quesito onnipresente nella storia del pensiero umano.

Mancuso, probabilmente molti, in questo periodo storico, si chiedono dove sia finito Dio. Secondo lei è una domanda giusta?

«È una domanda giusta e necessaria: fino a quando gli esseri umani si porranno la domanda su Dio e il divino, mostreranno di continuare a pensare, a riflettere. Piuttosto, rivela la sua precarietà la modalità mediante cui la domanda viene posta: cosa presuppone essa? La manifestazione tangibile di Dio nella storia, che è sostanzialmente il racconto biblico. La mente occidentale cresciuta da 2000 anni a questa parte sulla base della rivelazione ebraica e cristiana, ritiene che Dio sia il Dio della natura e della storia e quindi, per questo, si chiede dove sia finito» …

Qualcuno parte da qui per negare l’esistenza dell’intervento di Dio.

«Occorre pensare, invece, che Dio intervenga, che il Divino sia sempre presente in quella che è l'intelligenza immateriale dentro cui viviamo, ci muoviamo, esistiamo e da cui attingiamo quando creiamo il bene. Kant diceva che la vita morale rivela una vita diversa dall'animalità e da tutto il mondo sensibile; io la penso esattamente come Kant. Prima ancora come Platone: questo filone di fede razionale, che crede nel Divino non perché interviene a favore di un popolo contro un altro, ma perché è quell'energia intelligente e interna ad ogni essere umano, è quella che chiamiamo il cuore dentro al cuore, ascoltando la quale si fa il bene anche contro il proprio interesse. Questo è il Divino». 

C'è la spiritualità e c'è la fede.Oggi, nelle persone, che sentimento prevale? 

«Per spiritualità io intendo la gestione della libertà, di quella eccedenza di energia intellettuale rispetto alla semplice natura: a differenza degli altri esseri viventi, noi umani possiamo o deragliare o decollare dai binari di madre natura, possiamo fare del bene e del male. Se l'essere umano ha una spiritualità, gestisce la sua libertà in modo consapevole, creativo e responsabile, se no è in balia degli umori, delle voglie del momento. Può esistere una spiritualità credente, non credente, orientale, ateista… La fede è una particolare spiritualità basata su qualcosa di cui non si ha la certezza empirica. Nelle persone vedo che prevalgono molto il dubbio, la sfiducia, la rassegnazione, cose che portano ad avere paura della vita e ad avere paura della vita si diventa cattivi e aggressivi. La tanta aggressività che circola in giro è segno di paura che nasce dall'ansia, dall'incertezza, dall'incapacità di rispondere alle domande originarie, al senso complessivo delle cose. Al contempo, ci sono non poche persone che a livello spirituale manifestano una ricerca vera, sincera, per cui alla crisi della Chiesa e della religione tradizionale fa riscontro da parte di una minoranza non piccola una ricerca che porta le persone a essere curiose, a interessarsi della scienza, di altre religioni e questo genera un dialogo intenso».

La crisi delle Chiese da cosa dipende esattamente?

«È la visione fondamentale di fondo che è in crisi, quella prospettiva biblica di cui parlavo che lega l'intervento di Dio alla storia, e siccome la storia a partire dal Novecento, da Auschwitz, si mostra a essere impossibilitata a essere interpretata come storia sacra o come provvidenza, e l'attestazione delle cronache quotidiane non fa che confermare questa impossibilità, ecco che il paradigma del Dio che si fa uomo, interviene nella storia e salva il suo popolo, non funziona. Tutte le altre questioni di cui si dibatte nella Chiesa, seppur importanti, sono del tutto secondarie, il problema di fondo è spirituale: l'incontro dell'anima con Dio».

Il ritorno della spiritualità è reale o solo sperata? Di cosa si nutre?

«Ci sono minoranze che coltivano questo sentire che si deve nutrire della ricerca personale, la religiosità era basata sul principio di autorità e ormai, per la stragrande maggioranza, è finito il tempo dell'obbedienza all'autorità. Ricerca personale che non significa New Age ma andare a riprendere le cose antiche, quelle che esistevano ancora prima del cristianesimo: andare allo stupore di fronte alla natura, alla bellezza, alla sofferenza, lo stupore difronte alla vita. Questa è la spiritualità primordiale, primitiva, che oggi appare».