Lavorare al tempio interiore

Intervista di Alan Conti per BznNews24.it, 4 novembre 2023

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Un viaggio dentro se stessi. Dall’origine della vita sino alle più intime convinzioni passando per quei parallelismi che uniscono le religioni e le spiritualità. Questa mattina Vito Mancuso ha preso per mano un pubblico folto all’Eurac per portarlo a guardarsi dentro. All’edificazione del proprio tempio interiore. Un evento organizzato dal Grande Oriente d’Italia. 

Quando si lavora al tempio interiore? 

“Qui e ora. Adesso. Ogni momento è quello possibile per la costruzione di un tempio interiore. Per elevarsi. Uno dei grandi pericoli da cui dobbiamo proteggersi è l’appiattimento della nostra multidimensionalità” 

Lavorare alla costruzione interna è l’antidoto? 

“Sì, fare questo significa custodire la nostra natura che è elevata. A più dimensioni. Questo progresso, però, è qui e ora. Si costruisce nel momento” …

Bisogna essere capaci di parlare con l’interiorità.

“La prima riflessione da fare è come ciascuno chiami la sua inferiorità. Non per sfociare nel nominalismo ma per rispettare le fondamenta della conoscenza di qualsiasi cosa che è fatta di res e di nomen. Della cosa e del nome. Il secondo è al servizio della prima. Come la chiamate?”

Anima? 

“Sì quello è il termine che la tradizione ci consegna. È un concetto che mi è caro ma so anche che qualcuno alza le sopracciglia e lo avverte come un concetto di altri tempi. Persone che sentono come il termine anima non vada più bene per quella interiorità. Qualcuno potrebbe parlare di mente, un altro ancora di spirito, coscienza, cuore, ragione, profondo sè…”

Avranno degli elementi in comune tutti questi termini? 

“Sì ma l’importante è sapere di rivolgersi a questa dimensione. Qualsiasi forma di vita capta informazioni dall’ambiente e le elabora per soddisfare prima di tutto i bisogni primari come l’alimentazione e la riproduzione. Poi si può approfondire nel rapporto con tutti gli altri entrando nell’ambito, per esempio, della coscienza morale”

Torniamo al concetto di costruzione.

“La radice etimologica porta proprio al processo che edifica. Ecco, noi dobbiamo sentirci dentro ad un grande processo costruttivo che nell’interiorità può continuare sempre verso l’alto rispetto alla costruzione fisica. La mente può essere sempre più pulita, cristallina e trasparente” 

Un’igiene spirituale? 

“Sì, un lasciare filtrare la luce dentro di noi. La luce del bene, della bellezza. La passività dell’ascolto e dell’accoglienza è più importante, alla lunga, dell’attività. È una capacità che non verrà mai meno fino alla fine dei nostri giorni. Dovremmo rinnovare, inoltre, la meraviglia verso la vita quotidianamente. È un miracolo che dimentichiamo. La nascita della vita è un qualcosa di incredibile. Se fosse nata dal caso è come pensare che una tromba d’aria passando su un magazzino di materiali produca un Boeing 747 perfettamente funzionante. Eppure è una possibilità valida. Ciascuno sceglie la teoria che lo fa vivere meglio: il caso? Dio? A metà tra caso e Dio? Va tutto bene. I dogmi sono al servizio del vivere bene”

Poi c’è il concetto di tempio. 

“Nasce proprio dallo stupore degli esseri umani. Un qualcosa che rimaneva insoddisfatto rispetto agli edifici già esistenti come la casa o il negozio. Se ci pensiamo a cosa serve biologicamente un tempio? Eppure è comparso subito. Plutarco diceva che una città senza santuari non esisterà mai. Naturalmente ci sono varie tipologie di templi o chiese. Elencandone sono arrivato a undici: non è solo un concetto cristiano, ovviamente. Quel che conta è che gli esseri umani hanno subito avuto bisogno di edifici per custodire un’altra dimensione. Quella interiore. Attenzione, però, che il tempio esteriore può anche essere una delusione. C’è gente, per esempio, che rimane deluso dal Santo Sepolcro a Gerusalemme. Spesso può essere qualcosa di molto politico o di molto mondano. Qualcosa di collegato al potere. Talvolta un bellissimo palcoscenico. Spesso si avverte che l’esteriorità o i riti, anche più sacri, non appagano”

È qui che entra in gioco la propria mente come altare che appaghi? 

“Sì. I pensieri al posto di pane e vino. D’altronde l’Illuminismo stesso ci dice che il divino o ha a che fare con il bene o la giustizia oppure non esiste. Per me è fonte di grande meraviglia, però, pensare che tutte le culture mondiali hanno colto il tema dell’interiorità rispondendo a questa necessità. Sapete cosa dice il buddismo?”

Prego…

“Siate un’isola per voi stessi. Che il vostro rifugio sia l’ordine cosmico. Non si sta contraddicendo ma sta dicendo che tra la nostra interiorità più profonda e il tutto c’è attiguità. Quando costruiamo la nostra interiorità stiamo entrando a contatto con l’universalità. Se vogliamo con Dio”

Quando lei dice interiorità, però, a cosa si riferisce?

“A una dimensione che contiamo che è anche eterna. Al di là della materialità e dell’immaterialità. Spesso parliamo di una luce al di là del tempo e dello spazio quindi al di là dell’esperienza spazio temporale. Non sono un esperto di meccanica quantistica ma ci rivela lei stessa l’esistenza di qualcosa che eccede le leggi spaziotemporali. È la stessa scienza a cogliere un’altra dimensione dell’essere che sembra essere diversa eppure costitutiva. Non a caso la tecnologia che si rifà alla meccanica quantistica funziona. Pensiamo alla capacità di due particelle di influenzarsi a distanza senza che ancora siamo riusciti a capire in che modo. Parliamo di fisica e sono gli stessi fisici a dire che la meccanica quantistica ha a che fare con l’anima. Ne parla anche Hannah Arendt”

Come? 

“In un piccolo libretto su Socrate scrive che chi ha fatto esperienza dei totalitarismi sa che il loro primo interesse era di eliminare qualsiasi possibilità di solitudine. Vede, le forme secolari di coscienza e di interiorità vengono eliminate quando non è più garantita la facoltà di stare da soli con se stessi. Se manca il dialogo con se stesso l’uomo è annientato. Eccolo qui il tempio interiore in atto. La solitudine non come isolamento ma come raccoglimento e inizi a porti delle domande. Vere e profonde. Mi sono chiesto, per esempio, a chi avrei scritto l’ultima lettera se io fossi condannato alla fucilazione. E cosa avrei scritto. È un bell’esercizio per conoscere se stessi. Chiudo, però, con il filosofo neoplatonico Plotino”

Dove ci porta? 

“Dice di tornare in se stessi e guardare. Se non ci si vede interiormente belli bisogna fare come lo scultore di una statua. Lavorare levando il superfluo, raddrizzando e pulendo in continuazione. Sino ad essere splendore di una luce pura. Questo è l’occhio che vede la grande bellezza”.