A scuola di Bellezza

intervista di Giorgiana Scianca – foto di Flore Aël Surun

Emoziona, salva dalla noia, ridà fiducia negli altri. Ma nell’era della tecnologia molti ragazzi non sanno più riconoscerla. Lo sostiene Vito Mancuso un filosofo papà che qui ci racconta come contemplare il mondo insieme ai nostri figli.

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Tutti i genitori sanno cosa si prova nel proporre a un figlio lo splendore di un paesaggio e ricevere un’alzata di spalle mentre torna a chattare con gli amici. Se chiediamo a un adolescente cosa sia la bellezza, probabilmente ci parlerà del filtro che rende il suo selfie “social ready”. Un’idea del bello che a noi genitori, anche ripensando a quando avevamo la sua età, risulta incomprensibile. «I nostri ragazzi confondono il concetto di bellezza con quello di perfezione e sono sempre meno capaci di fermarsi a contemplare il mondo» esordisce il filosofo Vito Mancuso, autore del saggio La via della bellezza (Garzanti), e relatore in questi giorni al Convegno internazionale sull’adolescenza.

Vuole dirci che la tecnologia allontana dalla bellezza?

«È un pericolo che fino a una generazione fa non si conosceva. Non solo perché catalizza la nostra attenzione, ma perché trasmette un concetto distorto che i nativi digitali hanno interiorizzato: la bellezza come sinonimo di perfezione, sia fisica sia prestazionale. Mentre la vera bellezza, quella spirituale, artistica o naturale, lascia spazio alle imperfezioni. Pensiamo a città recenti costruite da nulla: anche se progettate dai migliori architetti, quanto a bellezza non valgono una sola piazza di Roma, che di regolarità e perfezione ha ben poco. Purtroppo anche gli adulti sono immersi in un ideale di bello seriale e artificiale, ma per questo privo di qualsiasi umanità. Mi riferisco alle auto, alla moda, ai cellulari. Spetta quindi prima di tutto al genitore liberarsi da questo concetto equivoco» …

Come possiamo indicare ai ragazzi la strada verso la vera bellezza?

«Spieghiamo loro che non esiste una bellezza giusta e univoca perché dipende dal nostro sguardo. È un’esperienza personale che parte da noi, dal modo in cui sentiamo una cosa e non dalla cosa in sé. Per cui dimentichiamoci che il loro gusto per il bello sia identico al nostro, perché avrà lo stile e il sapore unico di nostro figlio».

Cos’è la bellezza secondo lei?

«Quando pensiamo al cosiddetto rapimento estetico, ci viene in mente un dipinto o una melodia. Nessuno pensa invece che la bellezza sia un’emozione. Una cosa non è bella in sé, lo diventa solo se quando la guardiamo vibra con noi, ci infonde energia, calma e serenità. Proprio perché è un prodotto della mente, sentire il bello non è automatico e richiede solitudine e concentrazione. Se siamo distratti, come spesso capita, il canale emozionale rimane chiuso. Questo lo considero il grande impoverimento culturale del nostro tempo, perché da sempre provare bellezza ci salva da depressione, noia e desolazione interiore. È la cura, l’antidoto efficacissimo di cui abbiamo un bisogno enorme, perché purtroppo in quest’epoca siamo malati di sfiducia, verso gli altri e persino in noi stessi».

Trovare le parole per esprimere tutto questo a un adolescente non è facile.

«Non è necessario farlo. Le spiegazioni vanno bene per svegliare il suo interesse; dopodiché la cosa più efficace è condividere con lui l’esperienza rimanendo in silenzio».

Nel suo libro parla della bellezza in azione, cos’è?

«La bellezza è in ogni cosa, anche in un albero che fiorisce o nella nobiltà d’animo che emerge dalla personalità di qualcuno. Una volta su un treno ho assistito a un bell’esempio di bellezza in azione, quando una donna della Costa d’Avorio ha usato parole sagge e profonde per calmare un altro africano che era appena stato offeso da una manifestazione di razzismo da parte di un altro passeggero».

Se uno dei suoi figli fosse stato con lei su quel treno, cosa gli avrebbe detto?

«Gli avrei potuto mostrare quanta bellezza ci sia nel prendersi a cuore gli altri. Anche noi siamo assuefatti all’era dell’intrattenimento e del culto di sé, serve quindi abituarci per primi a vedere bellezza nel quotidiano. Facciamoci caso e facciamola notare ai nostri ragazzi quando nelle tante situazioni di ogni giorno, quando siamo fermi nel traffico o in coda alla cassa. Anche se a noi sembra che dentro di loro non succeda niente, gli adolescenti capiscono e il valore di questi momenti riemergerà più avanti».