La fretta del vescovo spia di una Chiesa nel disagio

Il caso don Maks Suard; Intervista al Piccolo a cura di Paola Bolis, 2 novembre 2014

Il Vaticano ha mutato strategia, dal coprire allo scoprire tutto. Ma lo ha fatto per una pressione esterna, non per un processo di maturazione

Schermata 2014-11-06 alle 16.37.12Non dà giudizi. Non può perché – precisa subito – non è al corrente degli sviluppi della vicenda. Soprattutto, non vuole perché «non sono nessuno per farlo». Ma Vito Mancuso – autorevole teologo “fuori dalle mura” come si lascia volentieri definire, dalle posizioni assai discusse e in parte avversate nella Chiesa, ex giovanissimo sacerdote ordinato da Carlo Maria Martini, poi sposato e padre di due figli – accetta di ragionare su alcuni dei nodi che incrociano la triste storia di don Maks Suard e della ex ragazzina che fu vittima delle sue attenzioni.

I fedeli di lingua slovena di Santa Croce – e non solo loro – hanno additato la fretta con cui il vescovo Crepaldi ha reso nota una vicenda di tanti anni fa. Cosa ne pensa?

Sfido chiunque giudica a dire che cosa egli stesso avrebbe fatto. Io non lo so. In passato si sapeva bene come agire, le cose erano abbastanza chiare: tutti dovevano essere totalmente al servizio della struttura ecclesiastica, proteggerne l'onorabilità, anzitutto – come dire – salvare la ditta. Basti pensare al “segreto pontificio” invocato sui casi di pedofilia in una lettera scritta dall'allora cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Successivamente nella Chiesa si è assistito a un grande cambiamento di strategia a causa di campagne di stampa con valanghe di documenti e di prove: tutto ciò – occorre essere sereni nel dirlo – non è scaturito dalla coscienza della Chiesa ma le è stato imposto da fuori. Vi si è dovuto adattare Ratzinger divenuto papa, e direi che anche l'impostazione più radicale di papa Francesco continua a essere una reazione a una pressione esterna …

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Essere santa senza Dio. I primi versi di Alda Merini

Datato 1948 e mai pubblicato ecco il testo giovanile dell’autrice scomparsa cinque anni fa 

Schermata 2014-11-01 alle 20.13.02Da dove nasce quella strana disposizione della mente che porta alcuni esseri umani a valicare il piano della vita ordinaria, afferrati da un bisogno irresistibile di oltrepassare la superficie su cui gli altri si aggirano al sicuro ma che da loro è avvertita come piatta superficialità? Chi viene investito da questa particolare energia si scopre a concepire un nuovo modo di rappresentare le forme e i colori se è pittore, un nuovo modo di articolare i suoni se musicista, un nuovo modo di pensare l’esistenza se filosofo, e un nuovo lessico e nuove connessioni tra le parole se poeta. Ma da dove viene l’energia che accende il fuoco interiore detto ispirazione, creatività, illuminazione, profezia? L’inedito di Alda Merini qui pubblicato nel quinto anniversario della morte (avvenuta a Milano il 1° novembre 2009) risponde a questa domanda. Intitolato Santi e poeti e datato 2 dicembre 1948, è un testo molto prezioso dal punto di vista biografico in quanto precede la prima pubblicazione dell’autrice che fu la poesia Il gobbo del 22 dicembre 1948. È quindi la prima poesia conosciuta di Alda Merini, allora 17enne essendo nata a Milano il 21 marzo 1931. Ma come mai è rimasta inedita fino a oggi e qual è la sua storia? Dimenticata dall’autrice, venne riscoperta casualmente insieme ad altri due inediti posteriori (uno senza titolo datato 14-3-54, l’altro intitolato Mosè ma senza data) il giorno in cui la Merini ricevette l’amica Marisa Tumicelli nella sua casa sui Navigli e la portò a visitare la soffitta: fu lì che, scorgendo alcuni fogli sparsi sul pavimento, ritrovò questa poesia del tutto dimenticata. Donò i fogli all’amica, la quale li custodì per diversi anni fino a quando li affidò a don Marco Campedelli, sacerdote veronese, burattinaio e liturgista, grande amico e confidente della Merini che lo chiamava affettuosamente “don Chiodo” e a cui dettò un centinaio di poesie poi confluite nell’opera del 2005 Nel cerchio di un pensiero. I tre inediti verranno pubblicati nel 2015 in un libro di Scripta Editore a cura di Roberto Fattore, Luca Bragaja, Marisa Tumicelli e Marco Campedelli.

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La presentazione di Io Amo a Pordenonelegge 2014

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Sinodo famiglia, Vito sulla svolta di Papa Francesco

Bergoglio mostra rispetto. E capisce che la Chiesa deve essere inclusiva. Ma per il teologo Mancuso su omosessuali e divorziati la rivoluzione è ancora lontana.

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Intervista di Barbara Ciolli

Mai la parola «peccato»,né«malattia». Nella Relatio post disceptationem di metà sinodo pronunciata dal cardinale relatore Peter Erdo, sugli omosessuali e sui risposati lo sguardo della Chiesa è passato dal giudizio alla misericordia, dall'esclusione all'inclusione. Le aperture, definite con ottimismo «rivoluzionarie», sono state poi molto smussate nella Relatio Synodi finale del 18 ottobre: nei circoli minori nei quali si è discusso il documento provvisorio, i vescovi hanno a dir poco frenato (con un'alzata di scudi di 470 emendamenti) la linea imposta dai progressisti e da alcuni fedelissimi, che papa Francesco aveva voluto come guide ed estensori del concilio sulla famiglia…

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Il sogno della Chiesa

220px-IMG_4094s2Le direttive di Papa Francesco ai padri sinodali aprendo i lavori il 5 ottobre scorso erano state chiare: mettersi in ascolto della realtà effettiva delle persone concrete. E ancora : confrontarsi senza diplomazie e schemi ideologici aprioristici, parlare in modo trasparente e chiaro, e soprattutto coltivare interiormente lo sguardo che Gesù nella sua vita terrena posava sugli uomini e le donne che incontrava: lo sguardo del perdono, dell’accoglienza, della misericordia. Dopo la prima parte dei lavori sinodali penso si possa sostenere che i cardinali e i vescovi riuniti a Roma da tutto il mondo stanno prendendo in parola il volere del Papa. Se si legge la “Relatio post disceptationem» del Cardinale Péter Erdõ, arcivescovo di Budapest e Relatore generale del Sinodo, ci si trova di fronte a delle autentiche sorprese, ad affermazioni inimmaginabili in un documento ufficiale della Santa Sede fino a ieri. Nuovo è anzitutto il metodo, non più dogmaticamente deduttivo (c’è una dottrina elaborata dal vertice che va applicata dalla base) ma pastoralmente induttivo: “I Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari”

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Io Amo a Milano

Il prof. Vito Mancuso presenta "Io amo. Piccola filosofia dell'amore." (Garzanti) presso la Feltrinelli Libri e Musica del Duomo a Milano 30 settembre 2014

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Il compimento del Concilio

Papa Francesco celebra la messa nella Basilica di San PietroLa posta in gioco del Sinodo è molto grande: riguarda la Chiesa in se stessa, in quanto verificherà l’effettiva leadership di cui gode papa Francesco presso i vescovi e i cardinali, e riguarda ancor più la capacità del cattolicesimo di tornare a parlare alla coscienza contemporanea. Per quanto concerne il primo aspetto occorre considerare che questo pontificato, a un anno e mezzo dal suo inizio, si trova per la prima volta di fronte a una prova decisiva: quella di vedere o no confermato dall’assise sinodale lo stile completamente nuovo da esso impresso all’azione della Chiesa, e quindi inevitabilmente anche alla sua identità. Con papa Francesco infatti si è passati da un papato dal profilo sostanzialmente dottrinario (secondo cui il papa è colui che spiega, insegna, corregge, e così governa) a un papato dal profilo esistenziale e spirituale (il papa è colui che capisce, condivide, soffre e gioisce con, e così governa), ma non è per nulla chiaro se questa trasformazione radicale sia apprezzata e voluta dai vescovi e dai cardinali. Al di là della retorica delle dichiarazioni ufficiali, quanti di essi sono disposti a seguire fino in fondo Francesco passando da una Chiesa in cattedra a una Chiesa “ospedale da campo”, a lasciare i privilegi del potere e a prendere “lo stesso odore delle pecore”? Se si dovesse tenere oggi il Conclave, quanti cardinali elettori rivoterebbero Bergoglio? …

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Vito e l’amore

Intervista all'Adige a cura di Lucia Facchinelli

20141005 vito mancuso e l'amoreAppassionato, profondo e «scientificamente» osservabile, alla stregua di qualsiasi altro fenomeno fisico che riguarda il genere umano. L’amore ha diverse tipologie, a seconda del punto di vista di chi o che cosa amiamo. Ma è anche l’occasione per interrogarci sui temi attuali dell’etica sessuale, dell’amore malato e delle sue conseguenze. L’amore è il protagonista assoluto dell’ultima fatica di Vito Mancuso, «Io amo». Una piccola filosofia dell’amore, dedicata in particolare ai giovani, e a quanti hanno ancora voglia di indagare questo sentimento che – secondo l’autore – rappresenta il vero senso della vita e, per quanti lo conoscono, una «grazia» da vivere con consapevolezza, impegno e maturità. L’amore maturo rappresenta per l’autore la destinazione ultima a cui l’uomo contemporaneo è chiamato. Ma cos’è l’amore? «È fare spazio, sottoponendo l’io ad una ginnastica spirituale». E come si riesce a far spazio se l’individuo oggi è fondamentalmente egocentrico? «Non è sempre facile. Bisogna imparare a fare silenzio dentro sé per disporsi ad accogliere» scrive Mancuso. Un libro nel quale l’autore esamina approfonditamente l’amore partendo dalla filosofia classica, interpretando le diverse tradizioni religiose, accostando i fenomeni fisici e matematici, e concludendo con un concetto di una semplicità disarmante quanto possente: l’amore è il bene, inteso come relazione armoniosa e capacità dell’uomo di cogliere la straordinarietà dell’altro, disposto a limitare la propria libertà pur di lasciarsi invadere da questa forza irresistibile. Il collante che contraddistingue la vita di ciascun essere umano, senza la quale risulta impossibile dar pieno senso al proprio sentire.

Amiamo, quindi esistiamo?

«Certo, non potrebbe essere altrimenti. L’amore è l’essenza che caratterizza l’animale umano, incapace di non relazionarsi con i propri simili. È la forza dirompente, quella parte di energia libera, che sprigiona da ciascuno di noi e che muove all’altro. L’amore è anche ambiguo, come tutte le situazioni in cui l’uomo vive, talvolta doloroso, ma ciò non deve farci desistere dal provare a trovarlo. È importante per l’uomo contemporaneo mettersi di fronte alla contraddizione dell’amore, e provare ad avere ancora fiducia nella relazione amorosa»….

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