Il caso don Maks Suard; Intervista al Piccolo a cura di Paola Bolis, 2 novembre 2014
Il Vaticano ha mutato strategia, dal coprire allo scoprire tutto. Ma lo ha fatto per una pressione esterna, non per un processo di maturazione
Non dà giudizi. Non può perché – precisa subito – non è al corrente degli sviluppi della vicenda. Soprattutto, non vuole perché «non sono nessuno per farlo». Ma Vito Mancuso – autorevole teologo “fuori dalle mura” come si lascia volentieri definire, dalle posizioni assai discusse e in parte avversate nella Chiesa, ex giovanissimo sacerdote ordinato da Carlo Maria Martini, poi sposato e padre di due figli – accetta di ragionare su alcuni dei nodi che incrociano la triste storia di don Maks Suard e della ex ragazzina che fu vittima delle sue attenzioni.
I fedeli di lingua slovena di Santa Croce – e non solo loro – hanno additato la fretta con cui il vescovo Crepaldi ha reso nota una vicenda di tanti anni fa. Cosa ne pensa?
Sfido chiunque giudica a dire che cosa egli stesso avrebbe fatto. Io non lo so. In passato si sapeva bene come agire, le cose erano abbastanza chiare: tutti dovevano essere totalmente al servizio della struttura ecclesiastica, proteggerne l'onorabilità, anzitutto – come dire – salvare la ditta. Basti pensare al “segreto pontificio” invocato sui casi di pedofilia in una lettera scritta dall'allora cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Successivamente nella Chiesa si è assistito a un grande cambiamento di strategia a causa di campagne di stampa con valanghe di documenti e di prove: tutto ciò – occorre essere sereni nel dirlo – non è scaturito dalla coscienza della Chiesa ma le è stato imposto da fuori. Vi si è dovuto adattare Ratzinger divenuto papa, e direi che anche l'impostazione più radicale di papa Francesco continua a essere una reazione a una pressione esterna …