L’anima e il suo destino

La seconda parte (capitoli 2-4) costituisce il cuore del libro. I tre capitoli affrontano il tema dell’anima mostrandone l’esistenza, l’origine e la possibilità di immortalità. L’anima viene pensata a partire dal basso, e non, come solitamente avviene in teologia, a partire dall’alto in quanto creata direttamente da Dio e poi infusa nel corpo. L’anima pensata dal basso corrisponde al principio della vita, a ciò che differenzia un corpo animato da un corpo inanimato. Partendo dal presupposto che tutto l’essere è energia e che quindi tutti i corpi che partecipano all’essere sono in continuo movimento, l’autore si chiede perché un sasso esteriormente non si muove, mentre un corpo animato sì.  Risponde che tale differenza si può esprimere col dire che l’energia che costituisce il corpo inanimato del sasso è interamente concentrata nei legami che determinano la sua conformazione materiale (energia = massa del corpo), mentre l’energia che costituisce un corpo animato eccede la conformazione materiale: energia totale > massa del corpo. Questo surplus è ciò che rende possibile il movimento che è la vita, ed è ciò che il pensiero umano fin dalle sue origini ha chiamato anima (riferimenti al pensiero egizio, indù, greco). La differenza di energia libera all’interno dei corpi viventi cresce parallelamente al livello qualitativo della vita, per cui si può parlare (seguendo il De anima di Aristotele, la filosofia di Hegel e lo specifico apporto del cristianesimo) di cinque diversi livelli di anima:

- anima vegetativa (anche le piante hanno un’anima);

- anima sensitiva (anche gli animali hanno un’anima);

- anima razionale (è il livello della mente umana);

- anima spirituale (lo spirito quale forma più elevata dell’essere);

- anima spirituale santa.

Di particolare rilievo è la differenza tra “spirito” e “spirito santo”, perché, a differenza di Hegel, si individua nello spirito la suprema dialettica, essendo esso al contempo sia l’origine del bene sia l’origine del male in quanto corruzione del bene. Per questo è necessario distinguere tra lo stadio dell’anima spirituale (capace di generare anche i profondi abissi del male, anzi i grandi peccatori sono proprio gli spiriti più spiritualmente raffinati) e lo stadio dell’anima spirituale santa che si caratterizza per volere sempre e solo il bene.

Nel capitolo terzo dedicato all’origine dell’anima viene sostenuta analiticamente la provenienza dell’anima dal basso, dalla stessa logica dell’essere, mentre vengono criticate le prospettive che all’opposto la pensano proveniente dell’alto, tra cui la visione tradizionale del cattolicesimo e in genere i sistemi che sostengono la preesistenza delle anime, come il platonismo e le religioni orientali con la loro idea della reincarnazione secondo la legge del karma. Il capitolo si conclude con un breve passaggio sull’embrione umano, al quale, essendo innegabilmente vita, viene riconosciuta l’anima, presente a livello vegetativo, mentre il livello sensitivo sarà raggiunto dopo le due settimane con la nascita del sistema nervoso, e il livello razionale solo qualche anno dopo la nascita.

L’immortalità dell’anima personale, oggetto del capitolo quarto, non viene pensata come legata a un evento del passato quale la risurrezione di Cristo, né in genere viene ricondotta a un atto unilaterale da parte di Dio in contraddizione con la logica della natura votata alla morte. Esattamente al contrario, per sostenere l’immortalità dell’anima si presenta un’argomentazione cosmologica: si afferma che la logica ordinata che ha guidato la natura a generare la vita a partire dagli informi gas primordiali dell’inizio, è essa stessa in grado di introdurre chi l’abbia riprodotta in sé in una nuova dimensione di vita, necessariamente discontinua rispetto alla configurazione attuale della vita legata alla materia. Questa discontinuità acquista una fondata ragionevolezza laddove si consideri il cammino dell’essere, dal Big Bang allo stato attuale del mondo umano, un cammino caratterizzato a sua volta da ben quattro discontinuità:

- dal puntino cosmico primordiale alla vastità della materia;

- dalla materia inanimata alla vita;

- dalle prime forme di vita alla complessità dell’intelligenza;

- dall’intelligenza autoreferenziale alla dedizione gratuita verso il bene e la giustizia.

Non c’è una continuità logica tra i passaggi evidenziati, che però sono avvenuti (il quarto avviene ancora oggi), e sono avvenuti sempre nella direzione di un ordine crescente, di un aumento dell’informazione e della complessità, vincendo l’intrinseca tendenza al disordine di ogni sistema chiuso. Se per spiegare questa vittoria contro l’entropia non si vuole far ricorso a interventi miracolosi dall’esterno, come nel libro non si intende minimamente fare, si deve concludere che è l’essere stesso a contenere questa intrinseca tendenza verso l’ordine e la complessità, è l’essere stesso a risultare orientato alla vita. Alla luce di ciò si ritiene che non sia irragionevole pensare che il singolo uomo, se riproduce in sé la medesima logica ordinatrice che è alla guida del cosmo (relazioni simmetriche che legano tra loro le particelle subatomiche a formare l’atomo, e poi gli atomi a formare molecole e così via fino ai più alti livelli dell’essere, tutti caratterizzati dall’equilibrio e dalla simmetria delle relazioni, e che a livello umano si chiama “giustizia”), possa ottenere lo stesso risultato che questa logica ha raggiunto, cioè la vita. È razionalmente legittimo pensare una continuazione della vita che, producendo nel cammino dell’essere una quinta discontinuità (ma sempre nella medesima direzione orientata verso una crescita dell’organizzazione), presenta una modalità di vita senza supporto materiale, vita come puro spirito, portando a compimento quel cammino di “indipendenza” dell’energia dalla massa iniziato con le prime forme di vita e che nelle creazioni spirituali dell’umanità trova come delle anticipazioni.