L’anima e il suo destino

Riflessioni sull’inaspettato successo

Molti mi chiedono quali siano le ragioni del successo editoriale del mio libro, per mesi ai vertici delle classifiche dei saggi più venduti. Non è facile dirlo, ma io penso che siano presenti almeno questi fattori: 1) l’argomento “anima”, da tempo senza una trattazione sistematica; 2) lo stile ben poco accademico; 3) il dialogo con la filosofia e con la scienza; 4) la libertà intellettuale verso la dottrina ufficiale della Chiesa.

Cerco ora di presentare il cuore del libro, cioè il concetto di anima e la sua immortalità.

L’anima viene pensata da me a partire dal basso, e non, come solitamente avviene in teologia, a partire dall’alto, come creata direttamente da Dio. L’anima pensata dal basso corrisponde al principio della vita, a ciò che differenzia un corpo animato da un corpo inanimato. Partendo dal presupposto che tutto l’essere è energia e che quindi tutti i corpi che partecipano all’essere sono in continuo movimento, io mi chiedo perché un sasso esteriormente non si muove, mentre un corpo animato sì.  Rispondo che tale differenza si esprime dicendo che l’energia che costituisce un corpo inanimato è interamente concentrata nei legami che determinano la sua conformazione materiale, mentre l’energia che costituisce un corpo animato eccede la conformazione materiale. Questa eccedenza è ciò che rende possibile il movimento che è la vita, ed è ciò che il pensiero umano fin dalle sue origini ha chiamato anima.

L’immortalità dell’anima viene basata da me non su un evento del passato quale la risurrezione di Cristo, ma su un’argomentazione cosmologica. Io penso che la logica all’origine della vita a partire dagli informi gas primordiali sia essa stessa in grado di introdurre chi l’abbia riprodotta in sé in una nuova dimensione di vita, necessariamente discontinua rispetto alla configurazione attuale della vita legata alla materia. Questa discontinuità acquista una fondata ragionevolezza laddove si consideri il cammino dell’essere, dal big bang allo stato attuale del mondo umano, un cammino caratterizzato da quattro discontinuità: 1) dal puntino cosmico primordiale alla vastità della materia; 2) dalla materia inanimata alla vita; 3) dalle prime forme di vita alla complessità dell’intelligenza; 4) dall’intelligenza autoreferenziale alla dedizione verso il bene e la giustizia. Non c’è una continuità logica tra i passaggi evidenziati, che però sono avvenuti, e sempre verso un ordine crescente, verso un aumento dell’informazione e della complessità, contro l’intrinseca tendenza al disordine di ogni sistema chiuso. Se per spiegare questa vittoria contro l’entropia non si vuole far ricorso a interventi miracolosi dall’esterno, si deve concludere che è l’essere stesso a contenere questa intrinseca tendenza verso l’ordine e la complessità, è l’essere stesso a risultare orientato alla vita. Alla luce di ciò io ritengo non irragionevole pensare che il singolo uomo, se riproduce in sé la medesima logica ordinatrice alla guida del cosmo, possa ottenere lo stesso risultato che questa logica ha raggiunto, cioè la vita, producendo nel cammino dell’essere una quinta discontinuità nella forma di vita senza supporto materiale, vita come puro spirito, che porta a compimento il cammino di indipendenza dell’energia dalla massa iniziato con le prime forme di vita e che nelle creazioni spirituali dell’umanità trova come delle anticipazioni.