L’anima e il suo destino

Naturalmente il raggiungimento di questo risultato comporta una serie di conseguenze sulla dottrina teologica tradizionale, le quali vengono discusse nella terza parte del libro (capitoli 5-10), la più estesa e la più teologica. Il capitolo quinto si occupa della soteriologia la quale viene radicalmente ripensata e sottratta alla dipendenza da un singolo evento del passato, per venire legata alla logica ordinata dell’essere, di cui la giustizia è la traduzione a livello interpersonale. La salvezza dell’anima non dipende dall’adesione della mente a un evento esteriore ma dalla riproduzione interiore di quel logos che è all’inizio del mondo. La creazione viene a costituire il più decisivo trattato teologico, nella cui luce tutti gli altri vanno ripensati. L’autore aderisce alla risurrezione di Gesù nella fede fiduciale verso i testimoni biblici e verso la tradizione della Chiesa che ci consegna i loro scritti, unico punto nel quale la sua prospettiva teologica si basa non sulla ragione ma sulla fede. L’adesione alla risurrezione di Cristo non viene però compiuta per ottenere la salvezza (la quale invece dipende dalla vita buona e giusta) ma come atto di amore per il mondo e i suoi elementi sintetizzati nella materia di un corpo umano (microcosmo = macrocosmo), le cui idee meritano anch’esse l’ingresso nella vita eterna.

Per quanto concerne l’escatologia, in estrema sintesi si può dire che viene ripensata la morte (capitolo 6), non più ricondotta al peccato e a Satana ma vista come evento naturale che occorre riconoscere quale componente necessaria del darsi della vita e di cui non occorre nutrire timore. La visione beatifica in cui consiste la vita eterna (capitolo 7) viene intesa come divinizzazione, come trasformazione ontologica della persona in puro spirito, cioè come ingresso nella dimensione ontologica che appartiene alla divinità, senza però perdere la specificità personale, il nostro nome, la nostra identità e la nostra storia (che pure fanno parte del cammino dell’essere). Sempre nel capitolo 7 viene ripensata la dottrina tradizionale della risurrezione della carne, sostenibile solo come continuazione della vita personale. L’Inferno (capitolo 8 ) viene negato come eterna dannazione, concetto teologicamente indegno e logicamente inconsistente, mentre appare pensabile solo secondo due modelli: o come dannazione temporanea, come sostiene la dottrina dell’apocatastasi, o come dissoluzione nel nulla, come annichilazione. Il capitolo si conclude mostrando le ragioni dell’una e dell’altra prospettiva, e con l’autore che ammette di non essere in grado di scegliere l’una piuttosto che l’altra. Il Purgatorio (capitolo 9) viene pensato come purificazione dell’anima subito dopo la morte e in questa prospettiva acquista particolare valore la preghiera di intercessione per i defunti, che viene considerata un vertice della vita mistica e spirituale. Infine il capitolo 10 si occupa della Parusia e delle promesse non avveratisi contenute nel Nuovo Testamento e direttamente riconducibili al Gesù storico.

Ne viene un ripensamento del cristianesimo che prosegue la linea di “rifondazione della fede” intrapresa nei due saggi precedenti, Il dolore innocente e Per amore. Il destino di vita immortale della persona viene strappato alla religione e consegnato all’etica, di cui la religione deve essere al servizio (prospettiva kantiana). L’etica a sua volta però non si fonda su se stessa (a differenza di Kant), ma rimanda all’ordine naturale, all’essere del mondo, e si spiega come traduzione, al livello cosciente delle relazioni umane, della medesima logica simmetrica e ordinata che è alla base del cammino dell’essere, dagli informi gas primordiali fino alla ricca informazione dell’intelligenza.

A qualche cristiano sembrerà un prezzo troppo alto da pagare per rendere la fede adeguata alle esigenze della ragione (da intendersi come quel logos evocato da Benedetto XVI nella celebre lezione di Ratisbona). A qualche altro invece potrà apparire come una strada che finalmente si apre per poter ancora credere in Dio e nella vita eterna senza lacerazioni interiori e in unione con il logos all’origine del mondo.