Margherita Lazzati, Ritratti in Carcere

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Una mostra che raccoglie materiale frutto di anni di lavoro, autofinanziata, con ambizioni tecniche e sociali difficili, cresce mano a mano che si inventa occasioni e situazioni che le permettono di trovare una corretta dimensione e collocazione. Così Ritratti in carcere, nata come progetto in uno stand di MIA Photo Fair, autorevole fiera di fotografia, e quindi maturata in una Fondazione Culturale, Ambrosianeum, viene invitata in forma definitiva a Bocconi Art Gallery.

«In una dimensione nella quale luce, spazio, sfondo, tempo e relazioni appartengono a una realtà tanto definita da non essere modificabile, volevo non raccontare, ma fermare un’apparenza fisica. Un aspetto, una figura, una sembianza, un atteggiamento, un portamento; senza retorica e senza l’ambizione di andare oltre, o cercare di cogliere l’anima.»
(dal catalogo Margherita Lazzati, Ritratti in carcere, Edizioni La Vita Felice, Milano 2018).


30 fotografie scattate nel carcere di massima sicurezza di Milano-Opera: 25 ritratti di persone recluse,con pene per lo più di lunga durata o “fine pena mai” e cinque volontari, tutti eseguiti tra il 2016 e il 2017.Con l’autorizzazione del Ministero della Giustizia, del Magistrato di sorveglianza (e in piena sintonia con il direttore del tempo, Giacinto Siciliano), Margherita Lazzati ha frequentato tutti i sabati per più di cinque anni il Laboratorio di scrittura creativa dell’Istituto e, consenzienti le persone detenute, ha realizzatouna vera e propria galleria di ritratti, settimana dopo settimana, mese dopo mese.

Invito Lazzati_[PDF] CS Lazzati Bocconi [PDF]

Margherita Lazzati (Milano 1953, Accademia di Belle Arti di Brera) si è occupata di fotografia sin dagli esordi, ma ha reso organico il suo lavoro solo a partire dal 2008, sviluppando la sua ricerca per temi, in seguito presentati in mostre e pubblicazioni. Con esiti ascrivibili alla tipologia del “reportage sociale”, eppure tali da trascendere i limiti propri del loro contesto d’origine.

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Dialoghi sull’Unità del Tutto

Milano, giovedì 5 aprile Centro Studi Tibetani  – "Dialoghi sull’Unità del Tutto" con Marco G.Giammarchi, Luca Guzzardi, Vito Mancuso, Paljin Tulku.

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Così fu ucciso Bonhoeffer teologo devoto a Dio e al mondo

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Esattamente 73 anni fa, all’alba del 9 aprile 1945, completamente nudo, veniva giustiziato nel lager nazista di Flossenbürg il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer che scontava così la sua partecipazione alla Resistenza. Nel 1955 il medico del lager H. Fischer-Hüllstrung rilasciò una testimonianza, da allora ripetutamente citata, secondo cui il condannato prima di svestirsi si era raccolto in preghiera: «La preghiera così devota e fiduciosa di quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente; anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo, la morte giunse dopo pochi secondi» ll medico concludeva: «Nella mia attività medica di quasi cinquant’anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio». Oggi sappiamo che queste belle parole edificanti sono una menzogna…

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Vito Mancuso – Hegel Teologo

NUOVA EDIZIONE DA GIOVEDì 29 MARZO IN LIBRERIA PER GARZANTI

Mancuso-Hegel Teologo

La Chiesa ha sempre negato a Hegel il riconoscimento dell’ortodossia, considerando il suo pensiero incompatibile con l’integrità cristiana. Con questo libro ormai imprescindibile, apparso una prima volta nel 1996 e riproposto ora in una nuova edizione, Vito Mancuso si accosta alla filosofia hegeliana mostrandone la profonda intenzionalità teologica e facendo giustizia di equivoci e fraintendimenti. E giunge anzi a mostrare come proprio dal cristianesimo Hegel abbia fatto scaturire la sua visione della storia, del suo senso e della sua finalità.

«Un’interpretazione originalissima, un Hegel inedito, non soltanto ripensato, ma che – meraviglia! – viene raccontato e per questo diviene finalmente leggibile.» Elmar Salmann

«Un lavoro avvincente… nuovo e originale per quanto riguarda il significato complessivo del pensiero hegeliano… in un linguaggio vivo, attuale, non di rado fascinoso.» Piero Coda

«Una ricerca tanto rigorosa, quanto partecipe della “verità” teologica di Hegel… La rivisitazione della teologia hegeliana fatta da Mancuso costituisce un apporto di grande rilievo.»Virgilio Melchiorre

Vito Mancuso – Hegel Teologo scheda [PDF]

Vito Mancuso Hegel Teologo Prefazione [PDF]

 ISBN9788811601944 – Collana ELEFANTI SAGGI – Casa Editrice GARZANTI Aree tematiche Saggi, Tascabili 448 pagine 17,00€

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La costruzione del tempio interiore

“La costruzione del tempio interiore”: è questo il tema che il grande teologo Vito Mancuso, introdotto dal giornalista Claudio Giomini, ha affrontato nel corso della conferenza che ha tenuto al Palacongressi di Rimini, nella prima giornata di lavori della Gran Loggia 2018 Liberi di Conoscere. Un tema affascinante, ripercorso attraverso piani e prospettive diverse. Mancuso ha esordito spiegando il senso antropologico del tempio e sottolineando come questa icona della spiritualità e della divinità costituisca una presenza – anche se costantemente discussa e controversa – universale nella storia dell’umanità che si accompagna alla necessità dell’uomo di fare di se stesso un tempio, un luogo appartato, lontano dalla via principale. Quel che è certo, ha sottolineato, “è che in ciascun essere umano esiste una dimensione divina”. “C’è un cuore dentro un cuore” , che è “il pensiero che precede le parole”. Ma qual è il nostro rapporto con tutta questa “ricchezza, complessità, inquietudine” che abbiamo dentro? C’è chi, ha spiegato il teologo, realizza una perfetta continuità tra il tempio interiore e quello esteriore, una continuità acritica, replicando dentro di sè il modello di spiritualità o religione che gli viene trasmesso tra le colonne del tempio esteriore, se è buddista il tempio buddista, se è cattolico la chiesa, se ebreo la sinagoga, e così via se musulmano, indù e anche massone. C’ è invece chi invece critica e supera in senso hegeliano, e cioè conservando e non negando, ciò che impara nel tempio esteriore. E infine chi è convinto che solo attraverso la negazione del tempio esteriore, si possa realizzare quello in maniera pura quello interiore. Sono tre diversi atteggiamenti, tre strade. Quale percorrere? Quale è la migliore? “E’ certamente la seconda”, è la risposta che ha dato il teologo. “Chi vuole costruire il proprio tempio interiore non deve rinunciare alla propria libertà, al proprio spirito critico” ma non deve neppure rifiutare la realtà, scollegarsi da essa, cadendo nella trappola del soggettivismo più assoluto e della negazione.

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Intervista al Corriereinnovazione

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Per il teologo Vito Mancuso nel nostro rapporto con la tecnologia «c’è una grande macchina che ci guarda dall’alto e che ci controlla, un po’ come il Dio barbuto della Cappella Sistina che ci scruta non in maniera malevola, ma nemmeno benevola. Nei computer dovremmo trasferire la dinamica di relazione tipica della donna»

INNOVAZIONE [PDF]


intervista di Massimo Sideri, 30 marzo 2018 

Professor Vito Mancuso il suo ultimo libro si intitola «Il bisogno di pensare». Proprio il pensare oggi è al centro di una nuova grande ansia moderna: l’idea che macchine sempre più veloci e potenti possano in qualche maniera entrare in competizione con noi e sottrarre centralità all’essere umano. Gli uomini hanno oggi paura di perdere l’esclusività del pensiero.

«In realtà dobbiamo partire dal fatto che il pensiero non è esclusivo dell’essere umano già adesso, perché se definiamo il pensare come l’elaborazione di informazioni tutto ciò che vive a suo modo pensa. Anche le piante sanno come rapportarsi al mondo. L’albero sa dove mettere le radici. I virus sanno, alla loro maniera, dove andarsi a cercare il glucosio e chi è nemico e chi amico. Questo significa che già adesso il pensiero è esclusivo più in generale dei viventi. È vero però che se tutto pensa, è esclusivo dell’essere umano il pensiero libero, non funzionale solo alla sopravvivenza. Il pensiero diventa caratteristico degli umani quando diventa elaborazione gratuita e creativa. Non perché voglio mangiare ma per un desiderio più intimo, di bellezza: sono attratto dalla verità, dunque ecco la scienza. Dalla giustizia. Ed ecco i tribunali. C’è un saggio bellissimo di Hans Jonas in cui l’autore afferma che l’homo pictor è ciò che ci ha caratterizzati come esseri viventi. È quando l’uomo diventa “pictor” nelle caverne e fa delle cose senza scopo che mostra la propria peculiarità e si distacca dagli altri esseri viventi» …

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Ritratti in carcere di Margherita Lazzati

Interroghi lo specchio e le chiacchiere si annullano: cos’hai dietro il sorriso? Cosa nascondi tra le sue crepe? Perché solo le pupille sono immobili? Come un abito logoro la vita ti è cucita addosso. È l’enigma svelato per me; mentre l’anima riflette i peccati facendo cadere l’ultima maschera…

unnamedQuesta è una riflessione di Carlo, persona detenuta nel Carcere di Opera-Milano, partecipante all’attività, interna all’istituto di pena, del Laboratorio di lettura e scrittura creativa che, gestito da insegnanti volontari, vi agisce da oltre vent’anni. Carlo è un poeta, e non per gioco (sebbene il diletto sia grande). La sua produzione di versi è di alto livello formale (oltre che di potente impatto intellettivo-emozionale), così come quella mediamente offerta da tutti i membri del gruppo. Il Laboratorio suddetto, fondato illo tempore da Silvana Ceruti, maestra, poetessa e formatrice, ha avuto l’onore di essere ritratto in una mostra fotografica, Ritratti in carcere, allestita all’Ambrosianeum di Milano (via delle Ore 3) sino al 29 marzo e nel relativo catalogo-libro edito da La Vita Felice con l’omonimo titolo. Le immagini sono frutto della sensibilità e della creatività della fotografa milanese Margherita Lazzati, già artefice di reportages sui clochards di Milano o intorno ai diversamente abili. Ora la Lazzati ha “completato” il circuito dei marginali/emarginati sociali (o ultimi? o reietti? di certo i separati). Nessuna morbosità è in queste foto, nessun compiacimento narcisistico, nessun crogiolamento estetico. Semplicemente visi: sguardi intensi o perduti, meditabondi o divertiti, assorti o ironici. C’è pathos. E reticoli di rughe a indicar vite scavate, difficili; sorrisi nonostante tutto; gestualità naturali o pose comunque fiduciose all’obiettivo della Lazzati. Ad accrescere la suggestione il fatto che nelle foto siano stati “cristallizzati” anche i volontari, individualmente o mescolati alle persone detenute. Viene messo in discussione il crisma dell’identità. I crinali del nostro esistere son sempre sottili: su un versante e sull’altro giacciono l’innocenza e la colpa. Ma chi sa mai sino in fondo quale destino sia ad attenderci…

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Il Vangelo dalla parte della Maddalena

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La simpatia del cardinal Martini per Maria Maddalena appare evidente dalla prima all'ultima parola degli esercizi spirituali da lui tenuti in Israele tra la fine del 2006 e l' inizio del 2007, come evidente è la sua simpatia per le consacrate dell'Ordo Virginum della diocesi di Milano per le quali aveva preparato gli esercizi e alle quali diceva: «Vi riconosco nella vostra bellezza interiore ed esteriore, perché quando l'anima rimane nella sua costante proposta di servizio a Dio, rimane bella e questa bellezza si diffonde». Io penso sia proprio così, e penso che Martini sia stato a sua volta un esempio di questa misteriosa connessione tra etica ed estetica avvertita già dagli antichi greci con l'ideale della kalokagathía, perché il morbo di Parkinson contro cui già allora combatteva, e che l'avrebbe portato alla morte il 31 agosto 2012, non giunse mai a privarlo della sua originaria e nobile bellezza …

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I cinque anni di pontificato di Papa Francesco

 «Un profeta straordinario che fatica a tradurre in atti di governo il suo messaggio all’insegna del Vangelo; rischia di essere una cometa»

 

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Intervista a cura di Giovanni Panettiere, Quotidiano.net [Link]

Bologna, 13 marzo 2018 – Non basta una spinta profetica "dirompente, oltre i vertici di Giovanni XXIII e del miglior Giovanni Paolo II". Per scongiurare che il papato di Bergoglio "sia ricordato solo come una cometa  nella storia della Chiesa", é bene che il gesuita Francesco riveda la sua azione di governo, "senza bacchettare di continuo il suo esercito, dai cardinali ai parroci, perché sono loro che hanno il compito di attuare le riforme". A questo va aggiunto un rafforzamento della dimensione liturgica/contemplativa sulla quale “l’apporto di Benedetto XVI è stato nettamente superiore". É una fotografia nitida, a tutto tondo dei primi cinque anni del pontificato argentino quella scattata da Vito Mancuso, fra le voci più conosciute e innovative della teologia contemporanea, cresciuto alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini. L'autore di saggi popolarissimi, da 'L'anima e il suo destino' a 'Io e Dio', si smarca dallo schema riduttivo bergogliani/ratzingeriani per inquadrare luci e ombre di un papato che continua a far discutere.

Professore, niente lode per papa Francesco?

“Complessivamente allo stato attuale direi di no. Detto ciò, facevo già fatica a dare i voti agli studenti, quando insegnavo all’università, figurarsi se mi metto a giudicare un pontificato così importante e comunque straordinario. Non mi sento all’altezza. Preferisco piuttosto fornire qualche impressione su questi primi cinque anni dell’era Bergoglio, seguendo il criterio dei ‘tria munera Ecclesiae’, in altri termini dei tre compiti della Chiesa: profezia, governo e santificazione”…

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L’acqua di domani

L'intervento di Vito Mancuso per il XXII Convegno Nazionale dei delegati e volontari FAI, che si è svolto il 24 febbraio 2018 al Teatro Massimo di Palermo.

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