Intervista a Repubblica di Parma

Perché non possiamo fare a meno di ciò che ci intrappola. La via della liberazione passa dall’acquisire fiducia.

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Intervista a Repubblica di Parma di Lucia De Ioanna

Intervista a Vito Mancuso Repubblica di Parma [Link]

Il teologo e filosofo ospite del Festival Libri Suoni Destinazioni. “Possiamo vivere senza l’amore? No, ma l’innamoramento è spesso un assillo, un travaglio, un incubo da cui è difficile liberarsi”.“Non ti manchi mai la gioia. Voglio, però, che ti nasca in casa: e ti nascerà, se sorge dentro di te”: così scriveva Seneca a Lucilio in una lettera che è un messaggio nella bottiglia per i posteri, per noi tutti quindi, come sa bene Vito Mancuso, uno tra i più autorevoli teologi e filosofi contemporanei, che nel suo ultimo saggio, Non ti manchi mai la gioia. Breve itinerario di liberazione (Garzanti) proprio a partire dalle parole del filosofo contemporaneo di Gesù offre al lettore una bussola tutta interiore per orientarsi verso una gioia che, come avvertiva già Seneca, non è uno scherzo ma è una cosa molto seria: “Verum gaudium res severa est”.

Occasione preziosa per ascoltare le riflessioni del teologo, profonde e accessibili perché sempre connotate da un’affabilità non di superficie che è apertura all’altro, la conversazione con Vito Mancuso Per una vita autentica che sappia sperimentare la gioia di vivere che si è tenita il 4 maggio alle 18 nel Palazzo Ex Orsoline Spazio Of di Fidenza all’interno della terza edizione dell’Lsd Festival Libri Suoni Destinazioni, quest’anno intitolato Sogno e son desto.

Le trappole in cui ci sentiamo costretti, che abbiano l’aspetto delle fiere incontrate da Dante, di una foresta buia, di un labirinto, di uno schermo o dello scarafaggio in cui Kafka trasformò Gregor Samsa, come avverte Mancuso, «esistono in realtà solo dentro di noi, sono i nostri pensieri sbagliati». Se la letteratura fin dalle sue origini insegna che siamo in lotta da sempre con questa sensazione di stallo e di impotenza, con la sensazione di essere braccati e senza scampo, quello che è cambiato, avverte Mancuso, è il nostro modo di reagire. Siamo passati dal cercare una via d’uscita nella religione a cercarla in una nuova fede che celebra il culto dell’Io: ma il narcisismo è solo un’altra forma della trappola.


Per potersi liberare, occorre prima di tutto conoscere la condizione della trappola?

"Ovidio, duemila anni fa, descrivendo il suo rapporto con Corinna, scrive ‘Né senza di te, né con te, sono capace di vivere’, condizione cantata ai nostri giorni dagli U2 nella stessa forma: ‘With or without you / I cant’t live’. La trappola è tale perché non possiamo fare a meno di ciò che ci intrappola: con Corinna la vita era diventata un inferno, ma senza di lei lo sarebbe stata perfino di più”. Prendere coscienza significa avvertire che l’essere intrappolati non è condizione contingente, occasionale, ma “riguarda l’esistenza umana nella sua totalità”: gli ambiti vitali in cui si dispiega la nostra esistenza, “proprio perché danno vita e risultano indispensabili, legano a sé e quindi intrappolano”.

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La nostra “opera” è la nostra esistenza

Riflessione sul primo maggio: il lavoro interiore

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Il lavoro interiore [PDF]

“Tu che lavoro sei?”. Ecco la domanda che in questo 1° Maggio 2024 dovremmo porre a noi stessi al posto di quella consueta “tu che lavoro fai?”. Il lavoro, infatti, prima ancora di essere un compito esteriore che si svolge, è l’essenza interiore di ogni fenomeno naturale. Nella misura in cui qualcosa è, lavora; se non lavorasse, non sarebbe. Lavoro ed esistenza, ontologicamente, coincidono …

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Quel lupo universale chiamato desiderio

Il primo episodio di #Agorà ovvero il bel dialogo dialogo tra #MarziaTomasin e #VitoMancuso a Villa Pace Tapogliano (UD).

Agorà è un progetto culturale sostenuto da Marzia Tomasin, come Utopia impresa.

Partendo dal libro “Non ti manchi mai la gioia. Breve itinerario di liberazione” scritto da Vito Mancuso e pubblicato da Garzanti Editore, si è cercato di calare e tradurre i contenuti, le riflessioni e le suggestioni che emergono dal testo nella realtà dell’impresa.

Che cosa significa pensare l’impresa? Dove e come l’impresa può trovare un orientamento nella complessità del tempo presente? Qual è il dovere morale dell’uomo e quindi anche di chi fa impresa? La gioia può liberare l’impresa dalla trappola del mero profitto? Sono alcuni dei temi sollevati da Marzia Tomasin e posti all’attenzione e all’analisi di Vito Mancuso. Il risultato è una serie di sagge e preziose indicazioni capaci di far riflettere gli uomini e le donne d’impresa e di alimentarne l’agire.

«Tutto avrà nome potere, e il potere volontà, e la volontà desiderio, e il desiderio, lupo universale, assecondato doppiamente dalla volontà e dal potere farà dell’intero universo la sua preda per poi, alla fine, divorare se stesso». 

William SHAKESPEARE, TROILO E CRESSIDA (ATTO PRIMO, SCENA TERZA), 1602

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La speranza ci rende altruisti

La situazione è grave, ma l'essere umano è fatto per andare oltre. Per Hannah Arendt possiamo pensare oltre ai limiti della nostra conoscenza

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La speranza ci rende altruisti [PDF]

È possibile oggi sperare? La situazione è tale che la scritta posta da Dante sulla porta dell’inferno, “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, verrebbe collocata da molti all’interno dei reparti di ostetricia quale benvenuto ai nuovi arrivati. Siamo così in preda all’ansia che avvertiamo il mondo come una nave alla deriva carica di disperazione destinata presto a sprofondare nei gorghi del nulla. Dominati da questi neri sentimenti, è logico che il nostro cuore si restringa e che noi ci rapportiamo agli altri solo in funzione del nostro interesse, lo sguardo avido, freddo, calcolatore: ritorniamo allo stato di raccoglitori-cacciatori, ma senza nessuna meraviglia originaria. Io credo, però, che il compito del pensiero responsabile sia di opporsi a questa disperazione e per quanto mi riguarda nei reparti di ostetricia quale frase di benvenuto per i nuovi arrivati appenderei quest’altra frase di Dante: “Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”. Occorre tornare a coltivare speranza e ad avere fiducia nella navigazione nella vita …

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Intervista a smitalia

Impariamo a navigare nelle contraddizioni

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Intervista di Giuseppe Gazzola

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Viviamo tempi difficili. Quando arriva la diagnosi di una malattia che durerà tutta la vita, ma anche quando ci arriva la notizia dell'ennesimo drammatico femminicidio. Quando ogni giorno bambini innocenti muoiono in una delle tante guerre che devastano il mondo e ci chiediamo perché. Perché gli uomini e le donne sembrano sempre più intensamente aggressivi, soli, insensibili all'altro? Siamo ancora capaci di empatia, di vivere quella solidarietà sincera che è cuore e sangue di una società inclusiva, libera e giusta? Ne abbiamo parlato con Vito Mancuso, teologo e scrittore. In un'Italia dove nessuno legge più niente, a parte i post dei social, è uno dei pochi uomini a vivere grazie ai libri che pensa, scrive e pubblica con ottimi riscontri di pubblico. Navigando nel suo pensiero lucido e appassionato, talvolta scomodo, mai banale, cerchiamo insieme a lui una bussola per orientarci in questi tempi incerti e burrascosi, dove siamo chiamati ogni giorno a fare la nostra parte. 

Perché Vito questi sono giorni difficili? Qual è dal tuo osservatorio la grande crisi che stiamo affrontando come persone e come società? 

In realtà, se guardiamo alla storia dell'umanità, dobbiamo dire che non ci sono stati mai giorni facili per nessuno. I testi che sono giunti a noi dall'antico Egitto, dalla Mesopotamia o anche i testi ebraici e greci, come quelli di Esiodo, ci dicono che è sempre stato difficile, però ogni epoca ha la sua difficoltà. Il grande problema del nostro tempo e della nostra civiltà è la mancanza di un orientamento, uno scopo, una visione che non sia solo quella del traguardo contingente che ciascuno raggiunge, potere, piacere, ricchezza che oggi sembrano la meta cui un po' tutti tendono. Siamo sulla nave, riusciamo a pescare pesci e a nutrirci, andiamo avanti in qualche modo, ma dove stiamo andando non lo sappiamo, soprattutto i giovani avvertono il bisogno di una prospettiva che va dal di là del piccolo cabotaggio della. Immediata …

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Il fine vita è nella Bibbia

INVITO I PRELATI CONTRARI A UN DIBATTITO PUBBLICO
Intervista di Rosalba Carbutti al prof. Vito Mancuso, pubblicata sul Resto del Carlino il 03.03.2024
 
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I vescovi dell'Emilia-Romagna che "scomunicano" Stefano Bonaccini per la delibera sul fine vita? "Non li capisco", dice il teologo Vito Mancuso. Per questo, apre al dialogo:
"Ragioniamone insieme in pubblico. Discutiamone".
 
Da cattolico, quindi, lancia un dibattito con i vescovi?
 
"Se essere cattolico significa obbedire sempre e comunque all'etica e alla dottrina del magistero da tempo non lo sono. Preferisco dire credente. E da credente di fronte al suicidio medicalmente assistito specifico che entrano in gioco due principi decisivi: la coscienza e la dignità, cardini attorno ai quali ruota il mio pensiero. Se i prelati volessero discuterne con me, in armonia, ci sono. Il tema è delicato, non esistono certezze" …
 

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Perchè negare questa libertà?

Intervista di Silvia Bignami al prof. Vito Mancuso sul tema del fine vita, pubblicata su Repubblica Bologna del 14 febbraio 2024
 
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«Io credo che uno Stato debba garantire di vivere in libertà anche l'ultimo momento della vita, che è la morte. In questa libertà sta la sacralità della vita stessa. Se essere cattolico significa negare questa libertà, se significa solo obbedienza al magistero, allora io sono credente, ma non sono più cattolico." Il teologo Vito Mancuso è favorevole al fine vita e ragiona sul travaglio dei cattolici, anche tra gli eletti in consiglio regionale, decisi a votare no alla legge proposta dall'associazione Luca Coscioni. "La morte è l'ultima pagina del libro della nostra esistenza – spiega Mancuso – perché non dovremmo consentire a ognuno di viverlo come crede? O dobbiamo costringere le persone a buttarsi dal balcone, come ha fatto Mario Monicelli? Non tutti ne hanno il coraggio».
 
Mancuso, la Regione ha approvato le linee guida per il fine vita con una delibera, ma non ha fatto una legge. Doveva almeno provarci?
 
«Non prendo posizione su questo aspetto, non è mio compito e non ne ho le competenze. Tanto più in un mondo in cui tutti prendono posizione su tutto, io le dico che non so se lo strumento sia quello giusto. Quello su cui posso dire qualcosa è invece il tema etico di fondo. E su questo io credo sia giusto che uno Stato garantisca di vivere in libertà anche la morte, che conceda il libero arbitrio su se stessi».
 

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Astinenza e castità

Francesco

Astinenza e castità [PDF]

Nella sua ultima catechesi pubblica papa Francesco ha distinto astinenza e castità sorprendendo non pochi. Ma come? Non sono la stessa cosa? Fare “voto di castità” non significa “astenersi” da ogni relazione sessuale? E poi, seconda obiezione: non sarebbe meglio che la Chiesa smettesse di fare la morale agli altri in materia sessuale, visto che la pedofilia del clero è diffusa dai semplici preti ai cardinali in tutto il pianeta? I temi quindi sono due: 1) astinenza e castità; 2) legittimità della morale sessuale ecclesiastica.  

Sul primo aspetto il Papa non ha fatto altro che riprendere una distinzione tradizionale, già il concilio Vaticano II infatti dichiarava che “gli atti con i quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onorevoli e degni” (Gaudium et spes, 49). Si può dare quindi unione sessuale (cioè assenza di astinenza) e “insieme” castità. La castità non coincide sempre con l’astinenza. Vi coincide per coloro che hanno fatto voto di castità, ma per gli altri essa indica lo stile con cui praticare l’unione sessuale, praticata non all’insegna dello sfruttamento e della rapina ma di quella donazione reciproca da cui deriva “casta intimità” …

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