Custodire l’identità

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Custodire l'identità [PDF]

La questione dell’identità tocca una sfera molto delicata, per non dire pericolosa, visto che fu proprio l’identità il nucleo centrale dell’ideologia della Germania nazista: Blut und Boden, insegnavano,”sangue e territorio”, e che ogni discorso sull’identità non deve mai dimenticare tale insegnamento della storia. D’altro lato è altrettanto vero che il sangue e il territorio conferiscono identità, perché altrimenti un testimone non certo sospettabile di nazismo quale Primo Levi non avrebbe potuto scrivere in I sommersi e i salvati: “Uno spirito di ogni popolo esiste (altrimenti non sarebbe popolo); una Deutschtum, una italianità, una hispanidad: sono somme di tradizioni, abitudini, storia, lingua, cultura; chi non sente in sé questo spirito, che è nazionale nel miglior senso delle parole, non solo non appartiene per intero al suo popolo, ma neppure è inserito nella civiltà umana” …

Io penso che avere un senso autentico della propria identità significhi saper rispondere a questa domanda decisiva: Io chi sono? Da dove vengo? A chi appartengo? Non si tratta di una questione semplice, per affrontarla sono nate la religione, la filosofia, la psicologia, l’arte, la musica, cioè tutte quelle discipline che non si occupano del mondo là fuori, ma del mondo qui dentro. È infatti dentro ognuno di noi che sorge, spesso drammaticamente, la domanda sulla propria identità. 

Oggi si discute sulla sorgente che conferisce a un essere umano l’identità di italiano: c’è chi sostiene che sia il nascere da genitori italiani cioè il sangue (ius sanguinis); chi il nascere in Italia cioè il territorio (ius soli); e chi la formazione ricevuta in Italia cioè la cultura (ius scholae). Ma oltre alla nazionalità vi sono altre sorgenti dell’identità di un essere umano: vi è la professione, che fa essere insegnante o pasticciere o altro; la politica che fa essere di destra o di sinistra o di centro; la religione, che se affermata ci fa essere credenti e se negata atei. E ancora non poche altre cose. 

Ma quanto appare a prima vista decisivo parlando di identità è il fatto di essere nati con un determinato corpo e in un determinato territorio. E così riteniamo che la nostra identità sia anzitutto di essere maschio o femmina, bianco o nero, con una tendenza sessuale o un’altra, italiano o di altra nazionalità, del nord o del sud, di questa o quest’altra città. Io però ritengo che la vera identità di un essere umano non sia definita né dalla sua corporeità né dalla sua provenienza. L’essere nati in una determinata nazione come l’Italia, in una ancora più determinata regione come la Puglia, e poi in una ancora più determinata zona di quella regione come il Salento, e poi in un ancora più determinato paese, e poi in un ancora più determinato quartiere, ci condiziona, è ovvio, ma non ci definisce nella nostra essenza specifica. Lo stesso vale per il corpo: è chiaro che essere maschio o femmina, eterosessuale o omosessuale o non binario, sano o malato, giovane o anziano, condiziona il nostro essere, ma a mio avviso non lo definisce. Lo stesso vale per la famiglia d’origine e l’ambiente sociale: senza di essi non saremmo quello che siamo, ma la nostra identità più vera non proviene da lì, altrimenti i fratelli e le sorelle dovrebbero essere tutti uguali. Le origini, per quanto importanti, non racchiudono completamente la vera identità che siamo chiamati a custodire. La nostra più vera identità non è definita da qualcosa di esteriore, da ciò che non abbiamo scelto. 

Qui si colloca la distinzione decisiva tra identità esteriore e identità interiore. L’identità è l’insieme della caratteristiche che fanno di un essere umano quello che è, ma è anche la consapevolezza mediante cui un individuo accetta di essere quello che è. E non tutti accettano di essere quello che la sorte li ha portati a essere: uno non accetta il suo corpo, un altro il suo sesso, i genitori, il nome, il cognome, il paese natìo. C’è differenza tra identità esteriore e identità interiore, e per non stare male occorre colmare tale differenza. Il processo mediante cui si concilia l’identità interiore con quella esteriore si chiama “identificazione”. Ne viene quanto segue: l’identità scissa è il punto di partenza; l’identificazione è il processo; l’identità riconciliata è il risultato. 

Se questo processo non si mette in moto, se ci si ferma all’identità conferita dalla nascita, l’identità corre il rischio di scadere in idiozia. Non è senza significato il fatto che identità e idiozia abbiano la stessa radice, vale a dire il termine greco ídios che significa “proprio, personale, privato”. Ciò che ci identifica ci può instupidire. Il che avviene quando l’identità di partenza è vissuta anche come punto di arrivo, senza il processo critico dell’identificazione, e quindi si ripetono sempre le stesse “identiche” cose, così identiche da essere “identitarie” e però anche scontate e risapute, e così risultare “idiote”. L’identità evita di decadere in idiozia solo grazie al processo di identificazione: quando cioè un soggetto assume creativamente i dati che la sua nascita e la sua formazione gli hanno conferito e li confronta con altre nascite e altre formazioni capendone pregi e difetti, e quindi migliorandosi, e passando da individuo identitario a essere pensante e elaboratore di cultura. 

E questo perché un essere umano, oltre ad avere un’identità naturale e un’identità sociale, è nella sua essenza specifica un soggetto capace di libertà e di responsabilità. Ed è da qui che proviene la più autentica identità di ognuno di noi che siamo chiamati a custodire.

La massima che Socrate pose a fondamento del suo filosofare, “Conosci te stesso”, con quel suo ammonire a conoscere la propria identità ci insegna che noi in prima battuta non conosciamo chi siamo. Se ci fermiamo all’identità non scelta ma consegnataci dalla sorte corriamo il rischio di essere idioti. Se però disprezziamo questa identità corriamo il rischio di non avere né radici né sapore, oltre a tradire le nostre origini. Si tratta quindi di elaborare criticamente il processo di identificazione, mettendo a confronto ciò che non abbiamo scelto per noi ma ci è stato consegnato dalla vita, con ciò che noi scegliamo e vogliamo per noi e rendiamo autenticamente nostro.

Questo è il lavoro di un essere umano su se stesso, il lavoro interiore, il lavoro più prezioso. Esso conferisce un’identità il cui nome è libertà.

 

Vito Mancuso, La Stampa 6 agosto 2023