Pavel Florenskij vittima di un revisionismo infondato

«Su una pagina facebook molto seguita che porta il nome del noto storico Alessandro Barbero (ma che con lui non c’entra nulla, come confermatomi per email dallo stesso Barbero) è apparso il 10 marzo scorso un post su Pavel Florenskij con accuse di antisemitismo e di simpatie nazifasciste. Contattato da una lettrice di questa pagina rimasta esterrefatta per tali pesantissime accuse, ho preso subito contatto con i curatori delle opere di Florenskij che conosco da oltre vent’anni. Uno di loro, il professor Lubomir Žak dell’Università Lateranense di Roma, tra i maggiori esperti a livello internazionale di Florenskij, ha scritto la seguente replica, sottoscritta da altri autorevoli studiosi».

Pavel

Lubomir_ZAK_[PDF]


A proposito delle accuse di antisemitismo rivolte a Pavel Florenskij

1. L’antefatto
In un clima culturale come l’attuale, caratterizzato da un furore revisionistico che tende a mettere in discussione a tutti i livelli la credibilità di figure di rilievo del nostro passato, non desta molto stupore il fatto che a essere vittima di questa campagna sia ora Pavel Florenskij, vittima già nella sua vita delle cosiddette “purghe staliniane” quando, nel 1937, venne giustiziato da un plotone d’esecuzione nei pressi dell’allora Leningrado. L’accusa allora era stata di aver fondato un partito per la rinascita della Russia, che gli organi inquirenti del tempo definirono “un’organizzazione controrivoluzionaria nazionalfascista” e che ovviamente era, come scrive Adriano Dell’Asta, «una colossale montatura» (L’anonima fine del detenuto n. 368, in L’Osservatore Romano, 2 settembre 2009). E ora di cosa lo si accusa?

2. La tesi dello slavista Michael Hagemeister

Il tentativo di delegittimare Florenskij, minandone la dirittura morale e la coerenza del pensiero, cui si assiste in questi giorni non è nuovo. Il primo colpo venne sferrato nel 2000, nel corso di un Convegno internazionale organizzato dall’università di Potsdam sul tema “Pavel Florenskij – tradizione e modernità”. In quell’occasione uno studioso tedesco, Michael Hagemeister, nella sua relazione, regolarmente pubblicata negli Atti, parlò di uno sviscerato “odio” del pensatore russo per gli ebrei. Ecco alcuni passi di quell’intervento: «L’odio rabbioso di Florenskij per gli ebrei, che raggiunge il livello della febbre del pogrom, fa appello a idee arcaiche dell’antigiudaismo tradizionale di stampo cristiano: il giudaismo come “sinagoga di Satana”, “nido dell’Anticristo” e “nemico della razza umana”». E ancora: «Allo stesso tempo Florenskij era assolutamente “moderno”, poiché usava l’arsenale dell’antisemitismo razzista con implicazioni sessuali, quando metteva in guardia davanti alla virulenza del sangue ebreo e alla minaccia dell’imbastardimento dei non ebrei fatto con inganno» (M. Hagemeister, Wiederverzauberung der Welt: Pavel Florenskijs Neues Mittelalter, traducibile con “Reincantesimo del mondo: il Medioevo di Pavel Florenskij” e probabilmente concepito in contrapposizione a come Max Weber denominava l’opera della modernità, cioè Entzauberung der Welt, “Disincanto del mondo”, p. 40). Nella nota 71 Hagemeister chiama Florenskij: sostenitore «del razzismo biologico-materialista» (p. 40).
Anche l’autore di questo articolo era stato invitato al Convegno in qualità di relatore, assieme alla prof.ssa Nina Kauchtschischwili (nota studiosa di slavistica di origine georgiana), unici arrivati dall’Italia. Poté perciò ascoltare con le sue orecchie la relazione tenuta da Hagemeister e assistere alla successiva burrascosa discussione. Tutti gli studiosi presenti (russi, americani, tedeschi…) criticarono la relazione dello slavista tedesco per l’evidente strumentalizzazione delle fonti e i gravi errori interpretativi messi in atto. Lo difese a spada tratta solo Natalia Boneckaja, il che però non sorprese nessuno, visti i permanenti attacchi della studiosa russa alle “stranezze” della persona e della teologia di Florenskij (accusato persino di esoterismo e gnosticismo), formulate dal pulpito della difesa apologetica della “vera dottrina” della Chiesa ortodossa. Ma occorre notare che già a Potsdam, dopo la discussione seguita alla relazione di Hagemeister, nessuno più si occupò di queste accuse destituite di fondamento …

3. Nessun conoscitore di Florenskij ha mai ripreso le tesi di Hagemeister

È verosimile che Hagemeister, e con lui Boneckaja, si aspettasse quale esito del Convegno una valanga di studi critici sull’argomento sollevato. La realtà però fu che le sue accuse non furono riprese da nessuno degli studiosi di Florenskij presenti, né da altri nel mondo negli anni successivi. Nessuno, insomma, diede loro credito. Qualcuno potrebbe pensare a una qualche censura interna al gruppo florenskijano, ma l’unica vera causa fu la loro evidente assurdità. Ascoltare lì a Potsdam, a pochi chilometri dalla capitale del Terzo Reich, uno studioso tedesco che si sforzava di descrivere il “vero volto” di Florenskij (che finora sarebbe rimasto sconosciuto agli specialisti di tutto il mondo), con tanto di analogie con il nazionalsocialismo tedesco, aveva in sé qualcosa di terribilmente irreale, di assurdo fino all’inverosimile. Il libro violentemente antiflorenskijano Diffamazione del sangue e pensiero russo (Mosca-Gerusalemme, 2006) del filologo e critico letterario Leonid Kacis non riuscì a ribaltare questo stato di cose, ma, anzi, permise a Sergej M. Polovinkin, uno dei maggiori studiosi di Florenskij in Russia, di mettere in luce il suo vero pensiero sugli ebrei e sul giudaismo.
Del mancato interesse degli specialisti per il tema in questione si rese conto lo stesso Hagemeister, che esternò la sua delusione nella nota n. 6 della relazione pubblicata negli Atti (cf. Pavel Florenskij – Tradition und Moderne, Peter Lang 2001, p. 22). Sta di fatto che tra gli studiosi di Florenskij nessuno, in questi vent’anni, ha ritenuto le argomentazioni hagemeisteriane degne della minima considerazione, né per confutarne le assurde congetture, né per una loro ulteriore indagine. Solo molto più tardi, nel 2012 è comparso un articolo scritto da Robert Slesinski – anche lui presente a Potsdam –, intitolato On the “Anti-Semitism” of Pavel Florensky, a New Martyr (in Logos: A Journal of Eastern Christian Studies 53 (2012), nn. 1-2), in cui il noto studioso americano difende l’integrità morale della persona di Florenskij. Nel suo caso, però, si è trattato della reazione ad alcune affermazioni presenti in un saggio di Avril Pyman, studiosa e traduttrice britannica di letteratura russa, su cui mi soffermo nel prossimo punto. Vorrei solo far notare, a conclusione di questo paragrafo, il significato che deve essere attribuito a questa unanime condanna all’oblio, come sa bene chi si occupa seriamente di cultura.

4. Gli studi di Avril Pyman

Di Avril Pyman è apparso in Italia nel 2010 presso la casa editrice Lindau il libro Pavel Florenskij. La prima biografia di un grande genio cristiano del XX secolo. L’originale inglese era uscito nello stesso anno con il titolo: Pavel Florenskij: A Quiet Genius. In questa ben documentata monografia la studiosa britannica offre una trattazione equilibrata del problema del presunto antisemitismo di Florenskij. Pur riferendosi alle stesse fonti citate da Hagemeister (alcuni brevi saggi e alcune lettere private di Florenskij allo scrittore Vasilij Rozanov), nell’interpretarle è stata guidata dalla consapevolezza di una loro straordinaria particolarità, determinata dall’uso delle specifiche forme poetico-letterarie e dal contesto storico-culturale. Di conseguenza Pyman arriva a sostenere una posizione completamente diversa da quella di Hagemeister. Emblematiche sono le sue seguenti parole:
«È semplicemente impossibile immaginare Florenskij, per metà armeno e profondamente affascinato dalle vite sfrenate dei suoi avi nel Karabach, nelle vesti di un “nazionalista russo”. È pur vero però che nella lettera a Rozanov egli usa espressione “noi ariani”, nel senso di “noi non ebrei”, e alcuni altri termini che vennero poi associati al banco di prova dell’Olocausto. Detto questo, per quanto ho potuto vedere nelle lettere di Florenskij ai famigliari, in altri momenti della sua vita e nelle sue opere non vi è alcuna traccia di antisemitismo».
    E ancora: «Come in gran parte del pensiero di Florenskij, anche nell’interesse per la genealogia che egli condivideva con Rozanov – e che oggi appare sospetto a qualche critico, forse perché, usando il vocabolario dell’epoca, entrambi scrivevano di sangue e di seme anziché di geni e di DNA – rientrava una buona dose di immaginazione poetica e di fondate intuizioni scientifiche».
Infine la studiosa britannica mostra come Florenskij, ben lungi dall’essere antisemita, sia addirittura giunto a ritenere sua madre di origine ebraiche e quindi egli stesso: «Non vi è alcuna prova che Florenskij si sia mai preoccupato degli avi da cui discendeva, anzi, in una delle sue prime lettere a Rozanov su tale argomento, suggerisce perfino che il cognome della madre, Saparjan, potesse avere origini semitiche ed essere legato alla radice spr, connessa al campo semantico della parola ebraica sepher, cioè il “libro”» (pp. 256-257).

5. Per quale motivo?

Rimane allora da chiedersi perché Hagemeister abbia operato questa falsificazione interpretativa di Florenskij, omettendo di procedere secondo i comprensibili criteri di analisi testuale seguiti da Avril Pyman. Io ritengo che l’abbia fatto per la poca dimestichezza con le opere e il pensiero di Florenskij.
Va rilevato, innanzitutto, che, quanto alla ricerca florenskijana egli non è autore né di una rilevante monografia né di significativi saggi, ma solo della relazione in questione e di alcuni articoli dedicati alla bibliografia florenskijana. Va inoltre segnalato che egli ripete in modo ancor più grossolano un simile errore interpretativo anche con altri autori russi, citati nella nota 70 di p. 40 della sua relazione, incluso Vladimir Solov’ëv, visto che, a suo giudizio, anche nell’opera del noto filosofo russo si troverebbero “motivi dell’antigiudaismo cristiano”. Io mi chiedo di quale Solov’ëv stia parlando. Quello che conosciamo in Italia grazie alle ottime traduzioni e introduzioni del prof. Adriano Dell’Asta è tutt’altra persona, visto che nel 1890 scrisse il saggio Protesta contro il movimento antisemita nella stampa. Ora, Hagemeister o non conosce questo testo o intenzionalmente non ne vuole parlare per poter classificare tutti i filosofi religiosi russi come antisemiti.
Tuttavia, non si tratta solo di mancanza di conoscenza, ma anche, ancor più gravemente, di un esplicito pregiudizio anti-florenskijano che traspare da ogni pagina e da ogni valutazione dell’articolo in questione. Il critico tedesco descrive Florenskij come un uomo mentalmente chiuso, oscuro, magico, completamente disinteressato della storia, intenzionato solo a “ri-mitologizzare” il mondo, a “rivestirlo di nuovi incantesimi”: un uomo con la mente di un “raffinato reazionario”.
Appare evidente un certo cinismo metodologico perché Hagemeister non si ferma nemmeno di fronte ai momenti più drammatici della vita di Florenskij. Mi riferisco a quei passaggi in cui lo studioso tedesco cita il saggio La presunta struttura dello Stato in avvenire. Il giudizio di Hagemeister è netto: l’ideale del “futuro Stato” descritto da Florenskij è la dittatura totalitaria priva di diritti umani, guidata da un Führer disceso dal cielo come un geniale e carismatico Übermensch (cf. pp. 33-34). Purtroppo però Hagemeister non solo omette la difesa e la valorizzazione delle minoranze etniche e della diversità delle culture quale ricchezza e “valore positivo nella vita dello Stato”, e gli errori al riguardo del governo zarista, aspetti sui quali si fonda il saggio, ma non riserva neppure la minima attenzione a una circostanza di assoluta rilevanza per la corretta interpretazione del testo: cioè il fatto che Florenskij lo scrisse rinchiuso nella prigione della Lubjanka alle prese con pesanti interrogatori e torture. Autoaccusandosi di essere a capo di un gruppo intenzionato a rovesciare il regime staliniano, per scagionare dalle accuse di alto tradimento altri prigionieri, egli volle, o forse dovette, dimostrare alla polizia segreta di avere un proprio piano per un’organizzazione alternativa dello Stato.
Aggiungo solo che i reati confessati da Florenskij erano ovviamente inventati, ma autoaccuse del genere, spesso richieste a forza o con un trucco dagli investigatori, erano assai frequenti durante i primi decenni del regime totalitario di stampo sovietico. Avvenivano a Mosca, a Praga, a Bratislava e nelle altre capitali di quella parte dell’Europa che dopo la Seconda guerra mondiale venne consegnata all’URSS, peraltro proprio a Potsdam (17.06.-2.08.1945). Può uno studioso serio leggere e interpretare un testo nato in quelle circostanze come un saggio di filosofia politica perfettamente in sintonia con tutto il pensiero del suo autore?

6. Di fronte al diffondersi oggi delle accuse in Italia

Per tutti i motivi sopra elencati, quando l’autore di questo articolo ascoltò a Potsdam i giudizi critici di Hagemeister su Florenskij, si disse che era inutile reagire. Era sicuro che sarebbe bastato il buon senso per rendersi conto, da parte di chiunque, dell’inconsistenza delle accuse.
Rimane perciò fortemente stupito del fatto che oggi in Italia sia stata rispolverata e messa in circolazione la relazione di Hagemeister di più di 20 anni fa e già da tempo relegata da tutti i ricercatori seri nel dimenticatoio delle tesi giudicate prive di fondamento e di credibilità. Lo stupore aumenta per il fatto che lo si è fatto senza produrre alcun fatto nuovo e senza il sostegno del minimo vaglio critico. La mancanza di argomentazioni che giustifichino questa ripresa non può non suscitare legittimi interrogativi sui motivi alla base della complessiva operazione.
Per questo, sostenuto e incoraggiato da altri studiosi dell’opera di Pavel Florenskij, con i quali ha condiviso queste riflessioni, l’autore di questo articolo ha ritenuto di esporre le ragioni dell’inconsistenza della posizione di Hegemeister.  

7. Testi: il primo esempio di interpretazione erronea

Pur senza alterare il materiale bibliografico, Hagemeister ha attribuito alle parole di Florenskij significati erronei, falsando il senso dell’intero discorso. Per esempio, tessendo la dimostrazione dell’antiebraismo di Florenskij, il critico tedesco cita queste parole: «Si moltiplicano più velocemente di noi: questa è semplice aritmetica. E non importa cosa fare con loro [l’originale russo: qualsiasi cosa si faccia con loro], verrà il momento in cui ce ne saranno più di loro che di noi. Questa, lo ripeto, è semplice aritmetica, e c’è solo un mezzo contro questo – l’evirazione di tutti gli ebrei – cioè un mezzo che può essere applicato solo quando si rinuncia al cristianesimo».
Lette alla luce delle atrocità che il popolo ebraico avrebbe dovuto patire a causa del nazionalsocialismo del Terzo Reich più di vent’anni dopo, parole come queste non possono non suscitare angoscia e sdegno. Ma siamo sicuri che esse si riferissero al popolo ebraico come gruppo etnico e/o religioso? In realtà le parole di Florenskij sono tratte da una lettera personale a Rozanov che, pubblicata sotto il titolo Gli ebrei e il destino dei cristiani, contiene una riflessione sul misterioso destino dell’umanità – incluso il cristianesimo –, legato al raggiungimento finale della salvezza di tutto l’Israele. L’evolversi della storia universale sarebbe sottoposto a questo traguardo. Sta di fatto che il suo raggiungimento vorrebbe essere ostacolato dagli “avvocati ebrei”, detti anche “illuminati”. Florenskij non dice chi ha in mente, ma soltanto elenca le loro azioni: combattono la Chiesa cattolica, propongono un umanesimo cabalistico, disprezzano le religioni per calpestare il dono della fede, insegnano una morale soggettiva per rigettare i veri valori morali. Tutto sarebbe travolto dalla valanga grigia messa in moto da questi “avvocati”, che seppellirà anche ciò che è caro alla religione ebraica, incluso il Talmud e i sacrifici rituali. È in riferimento a questi cosiddetti “avvocati ebrei” – cioè rappresentanti di una determinata concezione del mondo, appartenenti al mondo della scienza, cultura e politica e nel contesto di altre opere florenskijane chiamati “uomini rinascimentali” o uomini del “nuovo tempo” – che Florenskij pronuncia le succitate parole sulla “castrazione”, precisando comunque che quest’ultima va evitata.
Comunque sia, a chi legge con attenzione questo testo e conosce il lessico di Florenskij, diventa subito evidente che il termine “castrazione” è puramente metaforico, come lo è il suo definirsi, assieme a Rozanov, – con evidente riferimento all’Antico Testamento – «egiziani, derubati, picchiati e torturati», oppure, alludendo al Salmo 137, «bambini sfracellati contro la roccia».  

8. Testi: il secondo esempio di interpretazione erronea

La relazione di Hagemeister però non fa emergere queste caratteristiche testuali; le ignora completamente, attribuendo ai termini e ai pensieri di Florenskij significati mutuati dalle parole e dai discorsi del nazionalsocialismo. Quanto al succitato brano sulla “castrazione”, Hagemeister non lo interpreta all’interno del contesto semantico/metaforico della lettera di Florenskij, ma, citandolo estrapolato da tale contesto, lo “inchioda” con un altro breve brano “antisemita”, creando così l’impressione che questo secondo voglia esplicitare l’intenzione distruttiva espressa nel primo. Esso recita (nella traduzione italiana del post): «Da noi, Dio vuole che buttino fuori l’ebraicità da Israele [l’originale russo: che liberiamo Israele dal giudaismo/ebraismo], e da Israele, in modo che lui, con la sua ebraicità nera, partì nella nostra mente [l’originale russo: e Dio vuole da Israele, che con il suo giudaismo/ebraismo nero faccia risaltare nella nostra coscienza] il candore immacolato della Chiesa di Cristo. […] E dobbiamo battere [percuotere] Israele per questo, perché ritorni in sé e rimanga indietro rispetto alla volgarità».
Il fatto è che questo brano è stato estrapolato da una nota a pie’ di pagina contenente una breve reazione di Florenskij a una riflessione più ampia di Rozanov, in cui il primo riprende sia il linguaggio metaforico-biblico sia le parole del secondo, parole che paragonano l’“ebraismo/giudaismo” alla bella Sulammita del Cantico dei Cantici. Questa si era convinta di essere l’unica sposa del re Salomone, e così si stava comportando verso tutte le altre donne; la Bibbia invece ricorda che Salomone aveva numerosissime “Sulammite”. Di conseguenza se l’ebraismo/giudaismo pensa di essere l’unico popolo scelto da Dio, mentre gli altri sarebbero da Lui ripudiati, questo non corrisponderebbe alla verità: anche la “Madre Russ” è una Sulammita del re Salomone, così che anche i russi, con la loro fede religiosa, sono chiamati a stare nella vicinanza di Dio.
Ebbene, prima di scrivere le parole sulla purificazione di Israele e sulle percosse, Florenskij afferma: «Ma ecco la cosa che appare importante: che la parola di Paolo, che sempre risuona nel mio cuore, si è fatta sentire nelle Sue [di Rozanov] parole. Sì, Israele è il prescelto, è l’“ulivo coltivato” [il riferimento è probabilmente alla Lettera ai Romani 11,16-24]. Tuttavia, Dio ci ha anche chiamati a essere educatori di questa imborghesita Sulammita». Se qui l’azione educatrice significherà anche “percuotere”, questa parola si riferisce evidentemente a quanto sul percuotere dice san Paolo nella Seconda lettera ai Corinzi 12,7 [«affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia»] e soprattutto a quanto afferma la Lettera agli Ebrei 12,6 [«perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio»].
È solo ed esclusivamente in questo preciso contesto biblico-metaforico, con le specifiche misure semantiche delle parole utilizzate, che andrebbe interpretato Florenskij. Non volerlo fare significa falsificare l’intentio auctoris, con tutte le conseguenze immaginabili.
Lubomir Žak

Hanno letto il testo e lo sottoscrivono i seguenti studiosi:

Domenico Burzo, Adriano Dell’Asta, Vito Mancuso, Vincenzo Rizzo, Silvano Tagliagambe, Natalino Valentini