Non vivo per me, ma per la generazione che verrà

«Non vivo per me, ma per la generazione che verrà» Vincent van Gogh

                     

Una riflessione di Stefano Dell'Antonio (Carabiniere per la tutela forestale) [PDF]

 

foto di Pierluigi Orler

 

 

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Forse anche gli alberi caduti in questi giorni nei boschi delle Dolomiti pensavano alle prossime generazioni. Forse pensavano solo ad adagiarsi, senza rovinare a terra e provocare il caos. Nel loro tempo, nella loro dignità, guardandoli bene e ascoltandoli bene, si avverte una sottile, rassegnata fragilità. – «Non è così che doveva finire» – sembra dicano tra la nebbia, – «non è così che vogliamo ricordarli» – diciamo noi -.

Passando in questi giorni, solleviamo lo sguardo e la vista si perde, non vede ma, l’essenziale è invisibile agli occhi e allora sentiamo e guardiamo col cuore. Guardiamo una parte di noi che non c’è più, sentiamo i respiri di quei burattini giganti dai fili tagliati, sentiamo un vuoto attorno e dentro che non vuole andare via, rimane qui, lì, con noi, con tutti noi esseri viventi, credenti e  pensanti.

Già, è in questi frangenti che dall’altra parte della nostra luna fa capolino una strana spiritualità nascosta, un sentire naturale e ancestrale che profuma di resina e frasca, di caccia, fuoco, grotta, coraggio e paura.

Con questi alberi cade e se ne va una parte di quella fiducia che a volte chiamiamo sicurezza, altre volte luogo, altre ancora NOI.

Era lì e sarà ancora lì, tra gli alberi, nel bosco, che cercheremo e troveremo le nostre radici, se vorremo capire l’anima che ci abita, ci sorride e ci unisce al mondo nel cuore dell’Esistenza. Sarà lì che torneremo a crescere e a vivere.

Per noi e per la generazione che verrà.

Stefano Dell’Antonio, 5 novembre 2018