La costruzione del tempio interiore

“La costruzione del tempio interiore”: è questo il tema che il grande teologo Vito Mancuso, introdotto dal giornalista Claudio Giomini, ha affrontato nel corso della conferenza che ha tenuto al Palacongressi di Rimini, nella prima giornata di lavori della Gran Loggia 2018 Liberi di Conoscere. Un tema affascinante, ripercorso attraverso piani e prospettive diverse. Mancuso ha esordito spiegando il senso antropologico del tempio e sottolineando come questa icona della spiritualità e della divinità costituisca una presenza – anche se costantemente discussa e controversa – universale nella storia dell’umanità che si accompagna alla necessità dell’uomo di fare di se stesso un tempio, un luogo appartato, lontano dalla via principale. Quel che è certo, ha sottolineato, “è che in ciascun essere umano esiste una dimensione divina”. “C’è un cuore dentro un cuore” , che è “il pensiero che precede le parole”. Ma qual è il nostro rapporto con tutta questa “ricchezza, complessità, inquietudine” che abbiamo dentro? C’è chi, ha spiegato il teologo, realizza una perfetta continuità tra il tempio interiore e quello esteriore, una continuità acritica, replicando dentro di sè il modello di spiritualità o religione che gli viene trasmesso tra le colonne del tempio esteriore, se è buddista il tempio buddista, se è cattolico la chiesa, se ebreo la sinagoga, e così via se musulmano, indù e anche massone. C’ è invece chi invece critica e supera in senso hegeliano, e cioè conservando e non negando, ciò che impara nel tempio esteriore. E infine chi è convinto che solo attraverso la negazione del tempio esteriore, si possa realizzare quello in maniera pura quello interiore. Sono tre diversi atteggiamenti, tre strade. Quale percorrere? Quale è la migliore? “E’ certamente la seconda”, è la risposta che ha dato il teologo. “Chi vuole costruire il proprio tempio interiore non deve rinunciare alla propria libertà, al proprio spirito critico” ma non deve neppure rifiutare la realtà, scollegarsi da essa, cadendo nella trappola del soggettivismo più assoluto e della negazione.