La scomunica come arma contro l’eresia criminale

Perché le parole di Francesco rappresentano una svolta nella storia della Chiesa

papa-francesco-sibari-640Papa Francesco ha dichiarato in Calabria nella piana di Sibari che «i mafiosi sono scomunicati ». Finalmente, viene da dire, sia per la lotta della Chiesa contro la criminalità organizzata che diviene sempre più ferma, sia per l’uso ora decisamente più appropriato della più grave delle sanzioni del diritto penale ecclesiastico. Ma che cosa succede, di fatto e di diritto, a un cattolico che viene scomunicato? Prima di rispondere ritengo sia opportuno ricordare i secoli di utilizzo del tutto improprio dello strumento della scomunica da parte dei predecessori di papa Francesco. I papi infatti ne fecero spesso un uso politico, per nulla religioso, funzionale al loro potere e non alle ragioni della spiritualità e della giustizia: si pensi alle scomuniche che colpirono regnanti come gli imperatori Enrico IV (poi costretto ad andare a Canossa) e Federico II, la regina Elisabetta I, Napoleone, il re Vittorio Emanuele II, oppure l’intera Repubblica di Venezia con tutti i suoi abitanti…

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Perché l’uomo ha bisogno che il male venga punito

I corrotti e gli sfruttatori “non saranno felici dall’altra parte” e “dovranno rendere conto a Dio”. Così le parole del Papa riaprono la questione teologica e morale del giudizio.

684143425Esiste l’Inferno? E se esiste, quali sono i criteri per esserne rinchiusi o scamparne? Sono queste le due grandi questioni sollevate dal potente discorso di papa Francesco due giorni fa, quando ha levato alta la voce contro chi “vive nel male, bestemmia Dio, sfrutta gli altri, li tiranneggia, vive soltanto per i soldi, la vanità, il potere”; quando ha messo in guardia dal “riporre la speranza nei soldi, nell’orgoglio, nel potere, nella vanità”; quando ha detto che i corrotti non saranno felici “dall’altra parte” e per loro “sarà difficile andare dal Signore”; quando ha tuonato contro quelli che “fabbricano armi per fomentare le guerre” dicendo che “sono mercanti di morte e fanno mercanzia di morte”. Contro tutti questi operatori di iniquità il Papa ha proclamato “che un giorno tutto finisce e dovranno rendere conto a Dio”, con parole che mi hanno ricordato la mano alzata di fra Cristoforo a casa di don Rodrigo e il suo celebre “verrà un giorno” del capitolo sesto dei Promessi sposi…

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Intervista a Montevarchi

Intervista dell'emittente televisiva Tv1 in occasione dell'incontro tenuto da Vito Mancuso a Montevarchi al centro culturale Ginestra Fabbrica della Conoscenza il 23 maggio 2014

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Il matrimonio è un diritto anche per i preti

PresbiteroChissà come risponderà il Papa alla lettera indirizzatagli da 26 donne che (così si sono presentate) «stanno vivendo, hanno vissuto o vorrebbero vivere una relazione d’amore con un sacerdote di cui sono innamorate». Ignorarla non è da lui, telefonare a ogni singola firmataria è troppo macchinoso, penso non abbia altra strada che stendere a sua volta uno scritto. Avremo così la prima epistula de coelibato presbyterorum indirizzata da un Papa a figure che fino a poco fa nella Chiesa venivano chiamate, senza molti eufemismi, concubine…

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La Chiesa di Bergoglio e il bisogno dei Papi santi

20130705-giovanni-xxiii-giovanni-paolo-iiTra le religioni monoteiste è solo il cristianesimo a conoscere il fenomeno della santità, che invece rimane del tutto sconosciuto all’ebraismo e all’islam. Non che in queste due grandi religioni non vi siano stati e non vi siano uomini e donne di grande spessore spirituale, ma né l’ebraismo né l’islam nel riconoscerne il valore hanno mai sentito l’esigenza di dichiararli “santi”. Per queste due religioni infatti la santità appartiene per definizione solo a Dio, e l’uomo, fosse anche il migliore di tutti, fosse anche il profeta Elia o il profeta Muhammad, non può strutturalmente partecipare al divino, e quindi può essere sì giusto, osservante, devoto, ma mai può essere santo. Il cristianesimo al contrario crede nella possibilità della comunione ontologica tra il divino e l’umano.

Di una comunione cioè che non riguarda solo la volontà del credente ma giunge a comprenderne anche l’essere. In questo senso si può dire che la santità è una conseguenza dell’incarnazione, del farsi uomo da parte di Dio in Gesù di Nazaret: come il Figlio infatti da vero Dio è diventato uomo, così i suoi discepoli migliori da semplici uomini giungono alla possibilità di partecipare alla condizione divina denominata santità. C’è molto ottimismo, c’è molta simpatia verso l’uomo, nel dichiararne la santità.

E non è certo un caso che tra le diverse forme di cristianesimo siano in particolare il cattolicesimo e l’ortodossia a insistere sulla santità, che invece è quasi del tutto dimenticata nel protestantesimo la cui teologia è perlopiù caratterizzata da un’antropologia pessimista secondo cui l’uomo non potrà mai giungere a una natura pienamente riconciliata (per Lutero si è sempre simul iustus et peccator, il male cioè non può essere mai del tutto sradicato neppure nel migliore dei giusti).

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Roncalli-Wojtyla eredità diverse

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati i Papi più amati del secolo scorso. Cosa li ha accomunati? Quali le principali differenze? Il teologo Vito Mancuso risponde scegliendo il Concilio vaticano II come chiave per analizzare i due pontificati. Senza tralasciare alcune contraddizioni. Intervista di Tiziana Testa. Riprese Francesco Gastoldi – Agendanet.it.Montaggio Luca Marian

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