L’altro martirio

C_4_articolo_2066820_upiImageppMentre scrivo non si hanno notizie sull’identità dell’omicida delle tre suore italiane missionarie in Burundi, si sa solo che suor Bernardetta Bogianni, suor Lucia Pulici e suor Olga Raschietti sono state uccise secondo modalità estremamente violente…

Che si tratti di una morte che il cristianesimo usa definire “martirio” (vale a dire “di testimonianza”, martire in greco significa “testimone”) credo non ci siano dubbi. Ma quale martirio? C’è un martirio che definirei istituzionale e ce n’è un'altro che chiamerei esistenziale. Nel primo caso si è uccisi semplicemente perché cristiani, come è successo di recente in Iraq a causa dei miliziani del Califfato, o in Nigeria a causa dei terroristi islamici di Boko Haram o in Siria, Pakistan, Egitto e altri in paesi musulmani, e persino in India a causa di fanatici hindu. La cosa non riguarda solo i cristiani perché si viene uccisi anche in quanto yazidi, come nel nord dell’Iraq, oppure in quanto ebrei, come avveniva sotto il regime nazista e in certi periodi del medioevo e come avviene ancora oggi: in questi e in altri casi si viene uccisi del tutto a prescindere dal livello della testimonianza personale, ma solo per il semplice fatto di appartenere a una determinata religione o a un determinato popolo. Impossibile non notare però che da qualche anno a questa parte in diverse zone del mondo la fede cristiana è sempre più nel mirino degli estremisti: secondo l’istituto di ricerca americano Open Doors International dal 1 novembre 2012 al 31 marzo 2014 si sono registrati 5479 cristiani uccisi per la loro fede, una media di 322 morti al mese, oltre 10 al giorno. Come mai? Che cosa c’è nel cristianesimo contemporaneo che infastidisce così tanto i fanatici e gli estremisti?

Nel caso del martirio esistenziale si è invece uccisi proprio a causa della testimonianza personale, nel senso che la peculiarità dell’azione condotta è tale da generare una reazione violenta in chi ha altri ideali e percepisce l’azione del testimone, e prima ancora la sua stessa presenza, come una pericolosa minaccia: è stato il caso del primo martire cristiano, santo Stefano, di Ipazia di Alessandria (filosofa pagana uccisa da monaci cristiani), prima ancora è stato il caso di Socrate e di Gesù, e ai nostri giorni il caso di don Santoro e monsignor Padovese in Turchia e di molti altri missionari nel mondo, nonché il caso di don Diana e di don Puglisi a casa nostra. Al momento non è dato sapere se le tre suore saveriane siano state uccise in odio al cristianesimo, cioè come martirio istituzionale, o a causa della loro specifica azione sul territorio, ma visto il tipo di paese che è il Burundi (cioè a grande maggioranza cristiana e assente dalla lista dei primi 50 paesi più pericolosi per i cristiani) è più probabile che il loro martirio abbia a che fare con la loro specifica azione tra la gente, più che essere un ennesimo episodio della persecuzione dei cristiani nel mondo. Se fosse vera questa mia analisi, le tre suore italiane non sarebbero state uccise perché genericamente cristiane, ma perché agivano concretamente da cristiane. Ai microfoni di Radio Vaticana padre Mario Pulcini, superiore dei Saveriani in Burundi e da molti anni accanto alle tre suore, ha dichiarato che Lucia Pulici lavorava in campo medico dove aveva curato migliaia di malati, Olga Raschietti era attiva nell’insegnamento, Bernardetta Bogianni si dedicava soprattutto alla promozione delle ragazze cui insegnava scuola di taglio e cucito. Un caro amico saveriano, padre Luciano Mazzocchi, mi ha scritto che esse vivevano nel quartiere più disagiato della capitale Bujumbura, luogo di violenti scontri tra Hutu e Tutsi, dove promuovevano la conciliazione fra queste due etnie aprendo laboratori comuni per i giovani delle due etnie e favorendo la condivisone sociale. Probabilmente questa loro azione, per di più compiuta da donne, ha scatenato la reazione atavica che le ha condotte alla morte.

Un altro martire cristiano, il matematico, teologo e sacerdote ortodosso Pavel Florenskij (ucciso l’8 dicembre 1937 nei pressi dell’allora Leningrado dal regime comunista) scriveva alla moglie Anna il 13 febbraio 1937: “Sì, la vita è fatta in modo che si può dare qualcosa al mondo solo pagandone poi il fio con sofferenze e persecuzioni. E più il dono è disinteressato, più crudeli sono le persecuzioni, e dure le sofferenze. Tale è la legge della vita, il suo assioma di base”. Lucia, Olga e Bernadetta, tre libere donne seguaci degli ideali del Cristo, testimoniano ancora una volta la tragica sorte che il bene radicale subisce spesso in questo mondo.

Vito Mancuso, la Repubblica 9 settembre 2014