I 15 peccati della Chiesa secondo Francesco

Attacco del Papa alla Curia “Troppa vanagloria nessuno è indispensabile” 

Schermata 2014-12-23 alle 14.15.24Viva il Papa e abbasso la Curia!, verrebbe spontaneo gridare dopo il magnifico e severo discorso che papa Francesco ha rivolto ieri ai responsabili della Curia romana. Il discorso con un’analisi ammirevole e coraggiosa elenca ben quindici malattie che secondo il Papa aggrediscono l’organismo di potere vaticano, ma in realtà si tratta di un’analisi perfettamente estendibile a tutte le altre nomenclature, a tutte le corti che nel mondo si formano inevitabilmente attorno a chi detiene il potere. Ieri il Papa si è rivolto alla Curia romana, ma le sue parole colpiscono praticamente tutti gli organi di potere dell’odierna società, dalla politica all’economia, dalle università ai tribunali, in Italia e ovunque nel mondo. Tra le malattie della mente e del cuore dei burocrati vaticani e non, il Papa pone al primo posto ciò che definisce (1) la “malattia del sentirsi immortale o indispensabile”, vale a dire l’identificazione del proprio sé con il potere…

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Riflessioni teologiche sulla politica

Intervista a Vito Mancuso a cura di Gabriele Palasciano

Cortile dei gentili 22 dicembre 2014

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Professor Vito Mancuso, cos’è per lei la politica?

Definire oggi cos’è la politica non è semplice. La prima definizione che viene in mente è quella diAristotele che parlava della politica come “scienza architettonica del Sommo Bene”, intendendo per “Sommo Bene” il bene di tutti, ovvero il bene comune. Francamente devo dire che non riesco a trovare una definizione migliore di questa. Il politico dovrebbe essere un grande architetto che sa orchestrare gli interessi di ciascuno, i cosiddetti singoli beni particolari, orchestrandoli alla ricerca di un bene generale, di un bene di tutti. La politica è il sogno realizzato o realizzabile di una convivenza umana basata sulla giustizia, sull’armonia e sulla concordia. La politica è questa grande speranza nella capacità degli esseri umani di trovare, al di là dei propri particolari interessi, un sentiero per coordinare gli interessi di tutti e così costruire ciò che normalmente si definisce “bene comune”.

Vi è una convinzione ben radicata nella tradizione cristiana, a partire dal Nuovo Testamento, secondo la quale non può esistere una vera umanità senza un ordine politico. Come teologo cosa ne pensa? …

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Se la Chiesa rinuncia alla bellezza

L’amore di Chateaubriand e di altri filosofi del passato per una religione “estetica” tramonta nella nostra epoca

Schermata 2014-12-18 alle 17.43.19Quali sono gli argomenti che inducono a ritenere vero un enunciato? Il fatto che corrisponda all’effettivo stato delle cose, è la risposta che sorge spontanea nella mente. Se infatti posso verificare la corrispondenza tra l’enunciato (sta piovendo) e la realtà (la pioggia che scende) sono indubbiamente in presenza di un enunciato vero. È la classica definizione di verità come adeguazione tra realtà e mente, adaequatio rei et intellectus, che da Aristotele passa a Tommaso d’Aquino e a tutta la tradizione occidentale. Di essa il cristianesimo fece largamente uso nel passato per presentarsi come verità definitiva. Il cristianesimo è la verità, si sosteneva, perché la Bibbia e il Magistero della Chiesa dicono come stanno realmente le cose sull’origine del mondo, l’esistenza di Dio, la comparsa dell’uomo, la natura dell’anima, e tutte le altre questioni capitali della vita; né si tralasciava di sottolineare che gli eventi narrati o predetti nella Bibbia, dall’arca di Noè sino all’imminente fine del mondo, hanno avuto o avranno presto puntuale conferma nella realtà effettiva delle cose. Il progresso della conoscenza umana ha vanificato tale impostazione perché ha fatto emergere in modo inconfutabile la non corrispondenza tra non poche affermazioni bibliche e la realtà, si pensi per esempio all’origine del mondo. Se a ciò si aggiunge l’evoluzione della coscienza morale e il superamento del principio di autorità (secondo cui un enunciato è vero per l’autorità di chi lo sostiene) si comprende quanto le tradizionali apologie cristiane siano divenute armi spuntate e il cristianesimo bisognoso di rifondazione…

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La lettera di Natale 2014 del Centro di Accoglienza Balducci

Giustizia, pace, accoglienza, salvaguardia dell’ambiente 

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Qualcuno chiama: sentinella, quando finisce la notte? Dimmi, quanto manca all’alba?

(Isaia 21,11) 

Centro di Accoglienza Balducci – Lettera di Natale 2014 [PDF]

Care amiche e cari amici,
il nostro saluto cordiale e amichevole a voi tutte, a voi tutti. E’ questa la nostra 11° Lettera di Natale: grande è la nostra gioia di poter continuare a comunicare con voi, condividendo esperienze di vita e di storia contemporanea in costante riferimento a Gesù di Nazaret, sempre al centro della nostra vita …

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Weil Kant e Plotino le novità dei Grandi libri dello Spirito

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SIMONE WEIL L’attesa della verità a cura di Sabina Moser

«Viviamo in una società che è diventata una macchina per infrangere i cuori, per schiacciare gli spiriti, per fabbricare incoscienza, stupidità, corruzione»: così scriveva nel 1934 la venticinquenne Simone Weil. In questo nostro tempo di grande disagio, solo la ricerca della verità, fine autentico della vita umana, può dare una risposta allo smarrimento e all’angoscia dell’uomo. La riscoperta della Weil, di cui si propongono alcuni dei testi più noti insieme a una scelta di pensieri dai Cahiers ordinati per temi, è un validissimo aiuto per intraprendere quel cammino interiore che può condurre l’uomo a ritrovare sé stesso, le sue radici e il senso del suo esserci. 

Sabina Moser è studiosa del pensiero weiliano, cui ha dedicato: Uno sguardo nuovo. Il problema del male in Etty Hillesum e Simone Weil (con B. Iacopini, 2009), La fisica soprannaturale. Simone Weil e la scienza (2011), Il «credo» di Simone Weil (2013).


KANT Il male radicale a cura di Roberto Celada Ballanti

Il male è l’enigma su cui ogni uomo è chiamato a interrogarsi. Esso esprime il fondo tragico dell’esistenza al di là delle consolanti risposte delle religioni rivelate. C’è nell’uomo, che Kant paragona a un legno storto, una innata e insopprimibile tendenza alla malvagità che lo spinge ad allontanarsi dalla legge morale radicata nel suo cuore. La dottrina biblica del peccato originale viene reinterpretata da Kant come espressione del limite, della fragilità, della finitezza dell’uomo. Nella sua filosofia della religione, di cui questo volume offre una sintesi attraverso testi tratti da La religione nei limiti della semplice ragione e altri scritti, riecheggia l’inconsolabile lamento di Giobbe di fronte alla sofferenza del giusto: e proprio nella cifra di Giobbe si inscrive il senso più autentico della ricerca kantiana sull’etico e sul religioso.

Roberto Celada Ballanti insegna Filosofia della religione presso l’Università di Genova. Tra i suoi lavori: Pensiero religioso liberale (2009), Filosofia e religione. Studi su Karl Jaspers (2012), Religione, storia, libertà (2014). 


PLOTINO La bellezza a cura di Benedetta Selene Zorzi

«Rientra in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora bello, imita lo scultore di una statua che deve diventare bella. Egli toglie, appiana, liscia, ripulisce le impurità, fino a che non si mostri la bellezza che rifulge sul volto». Che posto ha la bellezza nella vita dell’uomo, e qual è il suo significato? Per Plotino essa è manifestazione visibile del divino: per mezzo della contemplazione del bello l’uomo può intraprendere quel cammino di purificazione, di riscoperta di sé e di elevazione spirituale che lo riconduce alla scintilla divina da cui tutto scaturisce. Questo itinerario viene qui delineato attraverso il trattato Sulla bellezza e una selezione di testi delle Enneadi che ci guidano alla scoperta del più grande spirito laico del mondo antico. 

Benedetta Selene Zorzi, benedettina, è docente di Patrologia e storia della teologia. Tra le sue pubblicazioni: Desiderio della bellezza da Platone a Gregorio di Nissa (2007), Antropologia e teologia spirituale (2014), Al di là del «genio femminile» (2014).

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Veronesi e il male che fa perdere la fede in Dio

Schermata 2014-11-19 alle 22.39.21Umberto Veronesi ha spiegato perché non crede in Dio: la perdita della fede a causa della presenza del male di cui ha parlato su questo giornale è un’ esperienza comune a molti, descritta in numerose opere filosofiche e letterarie del passato e sorgente di perenne inquietudine per i cristiani. Si tratta infatti di un’esperienza peculiare del mondo occidentale formato dal cristianesimo, perché nei termini raccontati da Veronesi essa non potrebbe avvenire né nell’islam, né nell’hinduismo e in nessun’altra tradizione religiosa. Per negare Dio tale ateismo si nutre dell’argomento del bene, nel senso che la presenza del male nel mondo è per esso in aperto contrasto con un Dio la cui essenza è pensata come interamente buona, come amore, oltre che come onnipotenza. Se Dio è del tutto buono e ci ama, e se è al contempo onnipotente, il male nel mondo non dovrebbe esistere; ma visto che il male esiste, a non esistere è il Dio buono e onnipotente di cui parla il cristianesimo: ecco la conclusione di Veronesi e di molti occidentali prima di lui. Invece per le prospettive nelle quali Dio, oltre a essere bene, è anche capacità di male, la presenza del male non contraddice in alcun modo la sua esistenza: è semmai solo una delle molteplici manifestazioni di una somma e imperscrutabile onnipotenza a cui occorre conformarsi. Non è quindi un caso che l’ateismo come fenomeno di massa sia sorto in occidente e non altrove …

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