Questo è Amore

Per presentare il nuovo cd di Lucio Dalla faccio quello che so fare, cioè costruire pensiero, articolare riflessioni filosofiche e teologiche, e inizio col chiedermi perché gli esseri umano facciano musica. Perché da un essere biologicamente determinato è nata l’esigenza, è sorto il desiderio, di fare qualcosa di così poco biologico e di così poco determinato come la musica? Per rispondere alla domanda è utile sapere da dove viene il termine “musica” e perché l’arte del suono si chiami proprio così, musica, in moltissime lingue del mondo (persino in basco, finlandese, turco, filippino, swahili).

Viedo della conferenza alla Feltrinelli di Bologna su Youtube

Il termine musica viene da Muse, le divinità greche figlie di Zeus e di Mnemosune, cioè del Dio principale e della Dea della memoria. Le Muse sono 9, e quella che presiede la musica si chiama Euterpe, “colei che rallegra”. Ma tra tutte le arti a cui le 9 Muse presiedono (la poesia epica, la poesia amorosa, la poesia lirica, la tragedia, la commedia, la storia, l’astronomia, la danza) solo la musica ha meritato il nome che viene direttamente da loro. Io penso che sia per il fatto che, più di ogni altra espressione dello spirito umano, la musica sia totalizzante: come prende la musica, come conquista, come unisce e come può anche devastare la musica, nessun’altra tra le arti lo può fare. La musica è l’espressione più alta dello spirito umano, e per questo ha un potere enorme sull’uomo e sulla sua libertà. Non a caso gli antichi, che conoscevano bene questo potere della musica, ne custodivano gelosamente i segreti e i filosofi discutevano tra loro quale fosse il tipo di musica più adatta all’educazione dei giovani. Per esempio nell’ottavo libro della Politica Aristotele, dopo aver detto che “nell’educazione dei giovani bisogna usare canti e armonie con un contenuto etico” (Politica 1342 A, ed. it. p. 341), e dopo aver privilegiato l’armonia dorica, aggiunge che Platone nel terzo libro della Repubblica si sbagliava a valutare positivamente l’armonia frigia.

Una cosa comunque a mio avviso è sicura: il fatto che gli esseri umani facciano musica dimostra che possono giungere a essere liberi dalle necessità biologiche e sociali. Per quanto ognuno di noi sia in buona parte necessitato dalla sua biologia e dal suo ambiente, in noi si può dare un che di non-necessitato, di libero, di sorgivo, che è la creatività, cioè la capacità di agire, e non solo di re-agire. La libertà come creatività trova la sua massima manifestazione nell’arte, e, a mio avviso, massimamente nella musica. Hans Jonas nel 1961 scrisse un bellissimo saggio dal titolo Homo pictor per sostenere che la produzione di immagini da parte degli esseri umani dimostra la loro separatezza, la loro peculiarità, rispetto al testo degli esseri viventi. Si potrebbe sostenere la medesima tesi con ancora più forza scrivendo un saggio dal titolo Homo musicus.

La musica mostra che noi nella nostra parte più alta siamo liberi, siamo atto, creazione, spontaneità. Il fare musica indica in modo supremo che siamo liberi, che veramente in noi agiscono le Muse, cioè l’unione del principio divino che dà forma al mondo con la nostra memoria, con la nostra anima spirituale.

Stasera siamo qui per presentare l’ultima opera di Lucio Dalla, un uomo che alla musica ha dedicato e dedica la vita e che dalla musica ha avuto tanto, forse tutto di quello che è (ma toccherà dirlo a lui se vorrà farlo). Poco meno di un mese fa, durante una cena a casa sua, Lucio mi disse di non sapere che cosa sia la noia. Disse: “Io non mi sono mai annoiato in vita mia”. Nemmeno in certe serate autunnali durante l’adolescenza?, gli ho chiesto. “Mai”, mi ha risposto. Persino in quelle situazioni in cui alla gran parte di noi viene spontaneo il desiderio di fuggire per essere altrove, e quindi di non viverle, e quindi ci distacchiamo da esse facendo così sorgere quel vuoto esistenziale che chiamiamo “noia” (per esempio in fila alla posta, o in improvvise ore di attesa all’aeroporto, o in un ingorgo nel traffico), persino allora Lucio dichiara di non sapere che cosa sia la noia. Perché? Io ritengo che sia perché egli riesce a essere sempre connesso, sotto qualunque condizione, con il flusso vitale, con l’energia che crea continuamente il mondo. Lucio è abitato in sommo grado da un’energia primordiale, dal principio divino di Zeus, e ha la grande capacità di poterlo riesprimere mediante la memoria (Mnemosune) che agisce attraverso la sua voce e le sue mani. Lucio è un musico, un perfetto figlio delle Muse.

Il mondo, questa massa di energia in continua processualità, è retto dalla dialettica di due principi: caos e ordine, materia senza forma da un lato e forma organizzatrice dall’altro, spinta senza meta da un lato e capacità direttiva dall’altro, espansione incontrollata da un lato ed evoluzione progressiva dall’altro. Lucio ha la singolare capacità (peculiare dei grandi artisti) di vivere nel caos e nella forma nello stesso momento, di avere un rapporto con la forma tale da non spegnere la creatività del caos, e di avere un rapporto col caos tale da non impedire il nascere della forma e dell’armonia. Così si legge nel libro scritto insieme a Marco Alemanno, Gli occhi di Lucio, Bompiani 2008, nel capitolo intitolato “Sulla bellezza”: “Io non so datare il caos dal quale poi si è generato questo istinto creativo” (p. 85).

Io credo che questa caratteristica di fondo della personalità umana e artistica di Lucio Dalla appaia bene nel nuovo cd che ho l’onore di presentare. In me non c’è nessuna competenza musicologica per inquadrarlo rispetto alla produzione precedente, né per farne un commento a sé stante. Da semplice fruitore della musica di Lucio, come uno dei moltissimi italiani della mia generazione che è cresciuto insieme alle sue canzoni e anche grazie alle sue canzoni, e da uomo che fa del pensiero il suo mestiere, posso dire che in questo cd ci sono dei pezzi che mi entusiasmano e che mostrano alla perfezione la natura caotica e armoniosa di Lucio, che io avverto molto simile alla mia visione della vita e che designo come “ottimismo drammatico”. Ottimismo drammatico, cioè unione di ordine e di caos.

In particolare il pezzo più nuovo e per me più bello che è Anche se il tempo passa. Nella musica e nelle parole di questa canzone rivive il senso dell’ottimismo drammatico, la più matura e la più efficace sensazione complessiva della vita. Ottimismo drammatico quale sentimento fondamentale dell’esistere, stile complessivo con cui un uomo sta al mondo.

C’è la consapevolezza del dramma, del tempo che passa e che lascia il segno, di un caos che continua a operare spesso senza ordine e con molte ingiustizie, producendo solitudine e infinita sofferenza. Sempre nel libro Gli occhi di Lucio si legge: “Credo molto nel dolore come elemento evolutivo. Per cui credo nella poesia” (p. 90).

Non c’è quindi neppure l’ombra dell’ottimismo facile delle canzonette, ma tuttavia c’è l’ottimismo, cioè la fiducia nella vita, che permane anche dentro al caos. Un’altra citazione da Gli occhi di Lucio: “Ancora adesso ho questo caos davanti, non solo su di me, ma vedo che questo caos permane in generale. Per cui dico: mi raccomando, non perdetelo completamente questo caos, perché credo sia un segno divino nella vita dell’individuo… una sorta di mistero che viene dall’alto” (p. 89-90).

Ottimismo significa che l’amore e la fiducia nella vita non vengono mai meno: “Anche se il tempo passa e tu non sei mai la stessa / Vita, la voglia che ho di te io non l’ho mai persa”. E ancora: “Anche se il tempo passa e tu non sei mai la stessa / Vita, ti voglio e ti vivrò per tutto il tempo che resta / Anche un ultimo sguardo, il tempo di una carezza”.

Una prospettiva che si ritrova in molte altre canzoni di questo cd, per esempio Meri Luis: “la vita, come è bella, e come è bello poterla cantare” e in tante altre canzoni di Lucio, in questo cd e in tutti gli altri 35.

Da dove viene allora l’energia per coltivare l’ottimismo? Dalla fede, dalla fede nel senso della vita, che, come diceva Wittgenstein, possiamo chiamare Dio. Ecco un verso di una canzone di questo cd, Latin lover, che Lucio mi ha detto essere legata a un noto politico italiano (che poi lui nominerà, se vorrà farlo): “Fratello dobbiamo volare nei cieli più limpidi / bisogna imparare a sognare per essere liberi”.

Ecco la fede è sogno, sogno a occhi aperti, per essere liberi dalle contraddizioni del mondo e per coltivare il potere dell’immaginazione creatrice, che non è illusione o invenzione arbitraria, ma scoperta di una fonte di energia che non si trova alla superficie ma che comunque c’è, ed è il flusso segreto del mondo. Cito sempre dal libro Gli occhi di Lucio: “Per me il credere è fondamentale… credo che la creatività nasca anche da una visione sacra… questo mistero meraviglioso che è proprio la creazione” (p. 91). Ciò che gli antichi greci chiamavano Zeus, e che noi chiamiamo Dio, e che altri uomini chiamano in altro modo, si sposa con la nostra memoria e produce le Muse, tra cui in primo piano c’è la Musa della musica. Di essa Lucio Dalla è un figlio molto amato.

Ed è a lui che lascio l’ultima parola di questo mio contributo: “La bellezza la possiamo trovare mei musei, nelle persone che amiamo, ma soprattutto la possiamo trovare dentro di noi: noi siamo l’espressione stessa della bellezza che il Cielo vuole che siamo” (p. 94).

 

Vito Mancuso, Bologna 10 Novembre 2011