Addio a Zizola grande testimone del concilio

Un cattolico democratico, questo è stato Giancarlo Zizola. Ovvero un uomo che coltivava la fede in Dio e in una vita futura (perché questo significa, al fondo, essere cattolici) e insieme un uomo che coltivava la fede nella capacità degli uomini di vivere insieme secondo uguaglianza e giustizia (perché questo significa, al fondo, essere democratici). Zizola è morto improvvisamente ieri a settantacinque anni, mentre partecipava a Monaco di Baviera al meeting interreligioso organizzato dalla comunità di sant’Egidio. La sua scomparsa è una grave perdita per il cattolicesimo italiano, soprattutto per quella parte di esso che crede in Dio e al contempo crede nella città dell’uomo, e che lotta perché le due dimensioni, ben lungi dall’essere contrapposte come vuole una certa tradizione, vivano in armonia l’una con l’altra.

Zizola è stato almeno tre cose nella sua vita pubblica: un vaticanista di altissima preparazione e professionalità («il più bravo di tutti» mi diceva ieri un esperto quale Raffaele Luise del Giornale Radio Rai), un saggista con decine di pubblicazioni di grande spessore storiografico, un testimone vivente della speranza di una Chiesa più libera inaugurata dal Concilio Vaticano II. Fu Angelo Roncalli, quando da Patriarca di Venezia venne eletto papa col nome di Giovanni XXIII, a volerlo a Roma. Qui Zizola (che era nato in Veneto, a Montebelluna), lo seguì divenendo insieme a Raniero La Valle il giornalista che più di ogni altro ebbe la fortuna di seguire i lavori conciliari e di farli conoscere al mondo. Allora Zizola, che aveva iniziato la propfessione all’Osservatore romano, scriveva per Il Giorno di Enrico Mattei, il quotidiano progressista che costituiva l’alternativa all’ufficialità spesso un po’ ingessata del Corriere della Sera di quei tempi. Poi ebbe diverse altre collaborazioni, tra cui quella col Sole 24 Ore, approdando infine a Repubblica. I suoi articoli, contrassegnati da analisi profonde e insieme colme di equilibrio, non mancavano mai di sottolineare il valore, anzi il primato, della coscienza personale, nella linea di quella spiritualità che in Italia è legata ai nomi di Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Benedetto Calati, Tonino Bello, Adriana Zarri e altri. Questo primato della coscienza personale è ciò che ha consentito a Zizola, a differenza di un cattolicesimo che vive la propria identità come contrapposizione al mondo moderno, di insistere sempre sull’armonia tra cattolicesimo e modernità, dimostrando grande e fedele amicizia per le passioni e gli ideali del mondo moderno.
È stata proprio questa condizione di fedeltà alla fede cristiana e insieme di fedeltà al mondo moderno che ha permesso a Zizola di individuare con lucidità i problemi più gravi della Chiesa cattolica dei nostri giorni, i quali per Zizola (così come per me) ben più che legati a strutture sono di tipo culturale. Il Vaticano II infatti ha inaugurato una stagione del tutto nuova per il cattolicesimo, con aperture inaudite verso la laicità e le altre religioni che mai si ebbero nella storia cattolica. Si tratta di aperture tali che per essere coltivate richiedono una profonda riconversione culturale, insieme filosofica e teologica, perché solo a questo patto la direzione intrapresa dal Concilio può essere realmente portata avanti e non sopita, e non tradita. Zizola, figura esemplare della spiritualità conciliare, ha lottato per questa causa lungo tutta la sua operosissima vita di cattolico democratico criticando con equilibrio ma anche senza peli sulla lingua l’incapacità della gerarchia cattolica di affrontare la rivoluzione culturale imposta dal Concilio giungendo ad affidare il progetto di evangelizzazione e di ricristianizzazione dell’Italia ai giochi della politica con una serie di leggi ad ecclesiam, come purtroppo ha voluto la presidenza Cei del cardinal Ruini e come oggi si continua sotto il cardinal Bagnasco. Giancarlo Zizola, al contrario, è stato un convinto sostenitore della laicità, sia della politica sia dell’azione ecclesiale, e forse in questa parola, unita a spiritualità, sta tutta la sua grande lezione.

 Articolo pubblicato su La Repubblica del 15.09.2011 ( pdf alla pag. articoli )