Il “ribaltone” della teologia

Vito Mancuso ed Elido Fazi dirigono, insieme, una nuova collana di «libera ricerca spirituale». Hanno deciso di chiamarla Campo dei Fiori in onore a Giordano Bruno. Incuriositi e diffidenti, siamo andati a vedere di cosa tratterà e abbiamo rivolto alcune domande al teologo. ( da “Left” 10, 11 Marzo 2011 – vedi originale (PDF) nella pagina interviste )

Una nuova collana di “libera ricerca spirituale” aperta al dialogo interreligioso… piazza campo de’ Fiori è il luogo simbolo della peggiore intolleranza religiosa, quella che arrivò a bruciare, eliminare fisicamente, chiunque la pensasse “diversamente”. La scelta di questo nome vuole essere una provocazione?

Impossibile negare che se la piazza romana di Campo de’ Fiori non fosse il luogo dove il 17 febbraio 1600 venne bruciato Giordano Bruno (e sei mesi prima di lui Celestino da Verona, e tre anni prima di lui Francesco Pucci, e chissà quanti altri ancora) la mia mente non sarebbe andata a pensare quel nome, che tanto è piaciuto anche a Elido Fazi e che abbiamo scelto quale titolo della nostra collana. A me però piace pensare che i nostri libri possano contribuire a riportare il nome Campo dei Fiori al senso originario dell’espressione, quello di un campo pieno di fiori, ognuno diverso dall’altro per la forma e il profumo, cioè, fuor di metafora, a libri che vogliono incrementare la libera ricerca spirituale, per la quale la differenza è vissuta come una ricchezza e non, com’è avvenuto nel passato e come talora avviene nel presente, come una minaccia.

Può comprendere la diffidenza di vedere associate le parole “ricerca” e “religione”? Nel momento in cui si chiede alle persone di “credere” a delle rivelazioni, non le sembra inevitabile e scontata la rottura con una dimensione di “ricerca”?

Conosco un po’ la storia che ci ha portato fin qui e quindi comprendo bene la sua diffidenza a veder accostati il termine “ricerca” e “religione”. Esiste in effetti un modo di credere in Dio che si identifica con l’adesione a dottrine e dogmi e che esclude ogni ricerca, per ammettere semmai solo apologia. Ma nel cristianesimo c’è da sempre anche un altro modo di vivere la fede, una fede intesa non come dottrina ma come esperienza e come via, come metodo più che come contenuto. “Fides quaerens intellectum” (fede che ricerca l’intelligenza), diceva Anselmo d’Aosta, uno dei padri della teologia. In questa prospettiva non solo non c’è contrasto tra ricerca e religione, ma la capacità di sollevare questioni appare essenziale alla vera fede.

Il libro che avete scelto per inaugurare la vostra nuova collana è “In principio era la gioia” di Matthew Fox, tradotto e pubblicato per la prima volta in italia a 30 anni dalla sua uscita. Lei scrive di «interessanti analogie con Giordano Bruno», vuole spiegarci quali sono e perché la scelta è caduta su questo autore?

Proprio per via del fatto che la collana si chiama Campo dei Fiori e rimanda a quella piazza e a quell’evento richiamati sopra. E’ noto che Giordano Bruno era un ex frate domenicano e che l’accusa principale contro di lui degli inquisitori riguardava la sua concezione dell’universo composto da infiniti mondi e in genere della natura, concepita da Bruno come essa stessa divina. Ebbene anche Matthew Fox è un ex frate domenicano che ha rotto con l’ortodossia cattolica proprio a partire da una differente concezione della natura. Per il cattolicesimo ufficiale la natura non è divina, per Fox sì. Per il cattolicesimo ufficiale la natura umana è corrotta a seguito del peccato originale, per Fox no (per quanto ovviamente egli non sia un ingenuo romantico ma conosce bene la forza delle tenebre e del negativo).

In principio dunque non era il peccato originale ma la gioia. Dunque non peccato originale ma“benedizione originaria”?

In principio non il male ma il bene, non la coscienza della colpa ma la coscienza della gloria cui possiamo giungere. Si tratta a mio avviso di capire finalmente che la genuina via di ingresso nell’esperienza spirituale cristiana è il risveglio verso il potenziale di bene, di gioia, di amore che giace dentro ciascuno di noi. Questo è il senso della benedizione originaria di cui parla Fox, cioè bene-dizione, dire il bene, imparare a vedere il bene e il positivo che ci avvolge e che è infinitamente superiore al male e al negativo.

Cosa si intende per “scintilla mistica”, capacità di meraviglia originaria insita in tutti i bambini?

Esattamente quanto ho appena detto, cioè la disposizione originaria a vedere e a sentire l’immenso carico di bene che ci avvolge e a meravigliarsene, come sanno fare i bambini e i grandi artisti, senza invece darlo per scontato come, con una forte dose di ottusità, tende a fare la maggioranza degli adulti. Basta portare al pensiero ciò che insegna la scienza, cioè l’altissima improbabilità del darsi della vita nel nostro universo, e la struttura estremamente complessa del fenomeno vita nella sua natura fisica, chimica e biologica, per comprendere che la meraviglia dei bambini e dei grandi artisti non è ingenuità ma è al contrario la disposizione originaria che una mente matura dovrebbe esercitare. La scintilla mistica è quindi semplicemente il risveglio alla verità della vita, cui consegue una purificazione della mente e del cuore da tante chiacchiere inutili e da tanto ciarpame. La vita cosciente di se stessa rimanda a un misticismo originario.

Cosa intende per “misticismo originario” e perché lo chiama in tal modo?

Intendo la meraviglia legata alle nostre origini, al fatto che ci siamo, e che ci siamo come esseri pensanti, capaci di emozioni, di creatività, di generare bellezza e amore. Lo chiamo così perché per essere sperimentato richiede il silenzio, a cui, com’è noto, il termine mistica è connesso.

Perché allora secondo lei si è scelta la strada del dolore, del senso di colpa, della penitenza e della contrizione? Perché il cristianesimo ha puntato tutto sul peccato originale?

Difficile rispondere a questa domanda. Forse una spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che la via del bene e della meraviglia conduce alla libertà e alla responsabilità personali mentre al contrario la via del dolore e della colpa genera persone non libere, non responsabili, non autonome e quindi facilmente controllabili. Quindi politicamente è molto più fruttuosa la via del dolore e della colpa, è molto più conveniente l’insistenza sul peccato originale come malattia da cui non si guarirà mai generando il bisogno permanente di farmaci spirituali e di coloro che li dispensano.

Fox scrive di 4 sentieri: via positiva, via negativa, via creativa e poi di una via trasformativa che con il suo afflato di giustizia ci riporta all’inizio. Un “itinerarium in Deum” che rappresenta un“ribaltamento” rispetto al cattolicesimo ufficiale dei nostri giorni. Ci spiega cosa sono questi sentieri e in che senso l’itinerario tradizionale viene superato?

I quattro sentieri di cui parla Fox sono in realtà radicati nella più genuina tradizione cristiana. Nuovo, o per meglio dire innovativo, è l’ordine mediante cui egli li propone. Ancora oggi la spiritualità del cattolicesimo ufficiale parte dal negativo, dal peccato, che in greco si dice “amartia” e che porta a connotare questa impostazione come “amartiocentrica”. Si pensi a come comincia la Messa: comincia con la confessione dei peccati, con il “mea culpa, mea maxima culpa” recitato battendosi il petto. Al contrario Fox invita a iniziare dalla Via positiva, cioè dal diventare amici del creato e della vita, sottolineando il bene che ci viene dalla dimensione naturale, infinitamente superiore rispetto al male. Il male e il dolore tuttavia esistono davvero, da qui la Via negativa, riassunta da Fox col dire che occorre diventare amici dell’oscurità, prendere cioè coscienza che anche il negativo è essenziale alla vita, e che anzi si matura solo attraversando il dolore e la sofferenza (senza andarsele a cercare, certo, ma tanto ci pensano loro prima o poi ad arrivare). La Via creativa nasce dall’incrocio delle due vie precedenti, nel senso che l’ordine positivo e il caos negativo incrociandosi alimentano la spinta verso la creazione, l’arte, l’evoluzione. Infine la Via trasformativa è la ripercussione sulla nostra vita concreta di questo processo. In un certo senso gli elementi sono tutti tradizionali in Fox, non a caso egli si richiama spesso ai mistici e alle mistiche del Medioevo, del tutto nuovo è l’ordine mediante cui egli dispone tali elementi.

Perché allora il cristianesimo, quello autentico, di cui lei e Fox parlate, non ha avuto la Forza (ammesso che ne avesse l’intenzione) di rivoluzionare la società? Perché ha sposato modelli patriarcali precedenti (della società classica e poi di quella giudaica) e con ciò ha peggiorato sensibilmente l’immagine e la condizione, per esempio, della donna, divenuta autentica “ianua diaboli”?

Le rispondo rimandando all’inestricabile commistione di spiritualità e di politica che non solo il cristianesimo ma ogni religione e ogni filosofia portano inevitabilmente con sé, nella misura in cui sono vissuti e interpretati da uomini e donne concreti, e non da angeli. Quanto alla condizione della donna, è vero che vi sono numerosi testi misogini nella tradizione cristiana ma è altrettanto vero che vi sono splendide figure di grandi donne cristiane a cui peraltro Fox si riferisce continuamente, in primo luogo la tedesca Ildegarda di Bingen e l’inglese Giuliana di Norwich.

Non le è mai passato per la mente il pensiero che senza peccato originale il cristianesimo non avrebbe più grande senso? Non crede che una volta liberato l’uomo da quell’idea di colpa e rovina, l’uomo possa ritrovare una propria originaria sanità, che vuol dire eticità, libertà, giustizia, non violenza, sentimento altruistico.

Occorre distinguere con attenzione il riconoscimento dell’esistenza del male e del dolore, dalla spiegazione della loro origine. Se si nega l’esistenza del male e del dolore, di certo il cristianesimo e molte altre spiritualità (in primo luogo il buddhismo) non hanno più senso. Né a me passa per la testa di negare questa dimensione, per riconoscere la quale basta aprire gli occhi e guardare il mondo. Al riguardo io ho scritto un libro apposito intitolato Il dolore innocente. Tutt’altra questione è la spiegazione del perché esistono il male e il dolore. Ebbene, il dogma del peccato originale è esattamente una spiegazione della loro esistenza, precisamente quella spiegazione che riconduce l’origine del male all’uomo stesso, anzi ancora più precisamente alla donna, perché è Eva in primo luogo a cedere al serpente. Se il male c’è, se la morte è entrata nel mondo, è insomma colpa nostra. Questa costruzione teologica però non è originaria perché il padre del dogma del peccato originale è stato sant’Agostino, vissuto tra IV e V secolo. Mentre Gesù, come ogni buon ebreo, non era per nulla al corrente dell’esistenza di un peccato originale. Io penso che la liberazione del cristianesimo da questo dogma errato e nocivo sia un compito essenziale della teologia di questo nuovo secolo.

Intervista a Vito di Ilaria Bonaccorsi