L’amore oltre le stelle

Intervista a Vito Mancuso su scienza e filosofia di P​aolo Calabrò

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Lei parla di amore chiamando in causa la scienza e le sue acquisizioni teoriche, dalla biologia alla meccanica quantistica. In che modo – e in che misura – è possibile farlo?

Ancor prima di essere un sentimento, l’amore è la manifestazione di una tendenza intrinseca all’essere stesso. Partiamo dall’immagine tradizionale dell’amore che gli antichi ci hanno trasmesso nella figura del dio Eros o Cupido che scaglia la freccia: è certamente un’immagine poetica – la si è sempre trattata così – ma è realmente solo questo? Perché la mente ha sentito (e continua a sentirlo: l’immagine è tutt’altro che desueta) il bisogno di rappresentare il darsi dell’amore attraverso l’immagine della freccia? È chiaro: perché la sente congruente, efficace, adeguata a esprimere il fenomeno fisico dell’innamoramento. L’innamoramento è di fatto un fenomeno fisico, che può essere pensato – come ho approfondito nel mio ultimo libro (​Io amo. Piccola filosofia dell’amore, ed. Garzanti, N.d.R.) – come un’onda, proprio del tipo di cui parla anche la fisica. La definizione di “onda” data dai manuali di fisica è “perturbazione che si diffonde nello spazio trasmettendo energia ma non materia”. Penso che chiunque sia stato innamorato abbia vissuto su di sé l’esperienza di una “perturbazione”, che si è mossa dentro di lui spostando energia ma non materia. È effettivamente possibile, a mio avviso, stabilire un parallelo tra l’innamoramento e l’onda elettromagnetica; non è forse vero che il soggetto colpito dalla “perturbazione” si trasformi in un vero e proprio pezzo di ferro per il quale l’altro – o l’altra - non è né più né meno che… un grande magnete, che lo attrae irresistibilmente? L’amore è un fenomeno cosmico che investe tanto gli umani quanto ogni altro aspetto della realtà. E la cosa più sorprendente è che lo fa secondo modalità tutt’affatto simili….

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La battaglia di Francesco tra potere e misericordia

Il paradosso dei primi due anni: cresce il favore popolare ma anche l’ostilità della Curia 

Schermata 2015-03-13 alle 15.43.09A un amico argentino Bergoglio avrebbe confidato di «non essere sicuro di farcela», intendendo evidentemente rimandare al processo di riforma iniziato due anni fa quando venne eletto e tra la sorpresa generale scelse di chiamarsi Francesco. Allora la mente di molti corse all’affresco di Giotto nella Basilica superiore di Assisi con papa Innocenzo III che vede in sogno un frate che sorregge una chiesa che sta per crollare. Due anni fa la Chiesa era in quelle condizioni, come certificarono le coraggiose dimissioni di Benedetto XVI: travolta dagli scandali, al minimo della credibilità morale, sempre più priva del favore popolare. E in quel contesto si profilò un nuovo Francesco a sobbarcarsi il compito di sorreggere l’edificio pericolante, questa volta non più semplice frate ma Pontefice massimo. A distanza di due anni, che ne è di quell’intento riformatore? Oggi assistiamo a un fenomeno paradossale … 

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Un nuovo spettro si aggira per l’Europa

Schermata 2015-01-22 alle 14.02.11"Uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo". Così inizia il Manifesto del Partito Comunista che Marx ed Engels pubblicarono a Londra nel 1848 e da allora dovettero passare quasi 150 anni perché quello spettro si placasse trovando pace. Quanto tempo dovrà passare perché avvenga lo stesso per lo spettro che nel frattempo ne ha preso il posto? Anche oggi infatti uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro dell'Islam…

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Abitare l’antinomia

Abitare l'antinomia. L'amore concreto alla vita - L'incontro con Vito Mancuso del 16 gennaio 2015 al Centro Mavarta di Sant'Ilario d'Enza(RE). Sono intervenuti: – Davide Bettati (laureato in fisica c/o Università degli Studi di Parma) – Orfeo Bossini (Docente c/o Liceo scientifico Aldo Moro – RE) – Francesco Cattellani (Docente c/o Liceo scientifico Silvio D’Arzo – Montecchio)

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Il pastore del popolo

Schermata 2015-01-20 alle 20.41.55Dopo il pugno, ora arriva il «calcio dove non batte mai il sole»: decisamente gagliardo il Papa! L’intervista rilasciata nel viaggio di ritorno dalle Filippine tocca temi interessanti. Ma soprattutto mostra un Papa dal linguaggio forse ancora più colorito del solito: segno, a mio avviso, di particolare rilassatezza. Papa Francesco appare proprio contento del grande affetto e dell’enorme simpatia che il mondo intero gli manifesta e si lascia andare al cospetto della stampa mondiale come fosse tra amici.Il che sembra proprio la maniera migliore di interpretare il ruolo di per sé così pesante che l’essere Papa comporta, una spontaneità che l’aveva portato il giorno prima, durante la messa più seguita della storia, a tenere a braccio l’omelia davanti ai sette milioni di partecipanti. Quanta differenza rispetto al rigoroso plurale maiestatis che regnava fino a Paolo VI o anche rispetto ai lunghi discorsi letti su fogli accuratamente preparati prima (e spesso da altri) di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, i quali anche nelle conferenze stampa mai e poi mai avrebbero potuto usare le popolaresche espressioni di Francesco. Ma il punto è esattamente questo: il popolo…

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Ma Islam vuol dire pace

Schermata 2015-01-10 alle 22.57.40Il paradosso è che Islam viene dalla radice s-l-m che in arabo forma “salam” e in ebraico “shalom”, cioè pace. Esso quindi significa pace e rimanda alla pace del cuore e della mente che si ottiene quando ci si sottomette a quella verità ultima del mondo tradizionalmente detta Dio. Questo sottomettersi però non è da intendersi come cessazione della libertà, come la Soumission descritta da Michel Houellebecq nel suo nuovo romanzo e come a loro volta l’intendono gli integralismi islamici di ogni sorta, Is, Al Qaeda, Boko Haram, Hezbollah e affini. Si tratta piuttosto di sottomettersi nel senso di “mettersi sotto”, ripararsi, come quando piove forte e ci si rifugia dall’acquazzone. È la medesima disposizione esistenziale che porta i buddhisti a recitare ogni giorno “prendo rifugio nel Buddha, nel Dharma, nel Sangha”, e che porta i cristiani a dire “Amen” cioè “è così, ci sto, mi affido” o a recitare Sub tuum praesidium. La sottomissione equivale alla custodia e al compimento della libertà del singolo che trova un porto a cui approdare e quindi una direzione verso cui navigare: è questo il fondamento originario alla base dell’Islam e di ogni altra religione…

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Io ti prego Dio del cielo da dietro queste sbarre

Un libro raccoglie le invocazioni dei carcerati 

Schermata 2014-12-03 alle 15.09.30Gli esseri umani fanno molte cose nella loro esistenza e tra queste, in ogni parte del mondo (carceri comprese), pregano. La preghiera è un fenomeno universale. Si può anche giungere al paradosso di uomini che non credono in Dio ma che pregano, che cioè almeno qualche volta nella vita si ritrovano a formulare parole o pensieri in forme non usuali rivolgendoli al mistero che avvolge la vita – esattamente nel senso richiamato da Norberto Bobbio quando diceva: «Come uomo di ragione, non di fede, so di essere immerso nel mistero». Gli esseri umani pregano perché avvertono il bisogno di rivolgersi alla potenza superiore che sovrasta le loro vite e in qualche modo conoscerla, placarla, ingraziarla, a prescindere poi se tale potenza venga da loro intesa come personale (il Dio della Bibbia) o impersonale (il Fato degli antichi) o al di là delle categorie di personale-impersonale (il Nirvana del buddismo). La ragione può giungere a non riconoscere nulla di superiore a se stessa, ciononostante il sentimento complessivo dell’esistenza sente in certi momenti il bisogno di rivolgersi alla potenza imponderabile della vita che ci sovrasta dicendo “tu”, da spirito libero a spirito libero.

Le molteplici preghiere degli uomini si possono distinguere in base al contenuto secondo quattro tipologie fondamentali: invocazione di aiuto per sé o per altri, richiesta di perdono, ringraziamento, lode gratuita. Tale quadruplice contenuto si esplica in molteplici forme di preghiere, le principali delle quali sono: il dialogo personale con Dio tramite parole proprie, la ripetizione di testi composti da altri come per esempio il Padre Nostro, le pratiche di devozione personale o comunitaria come per esempio il rosario, e infine il silenzio del corpo e della mente in ciò che i mistici chiamano “preghiera pura”. Nei testi delle preghiere che provengono dal Carcere di Opera è sorprendente ritrovare quasi tutte queste tipologie, sia a livello di forma, sia a livello di contenuto…

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