La cura dell’anima rende migliore la nostra esistenza

La difesa del pianeta, le risorse, i diritti umani

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Intervista a cura di Nicolò Menniti – Ippolito

Schermata 2017-10-20 alle 11.37.53Vito Mancuso in questi anni ha contribuito in modo decisivo alla rinascita della teologia, disciplina che sembrava ormai destinata esclusivamente alle aule dei seminari. Prima di tutto ha portato la teologia al grande pubblico con i suoi libri, i suoi articoli, le sue conferenze; secondariamente l’ha fatta uscire dal dibattito dogmatico rendendola qualcosa di vivo, che riguarda le singole persone.

Domani (21 ottobre) alle ore 11.00 al museo della storia della medicina di Padova in via San Francesco per la rassegna “Ad alta voce” (Futura – Parole per pensare il domani), Mancuso sarà protagonista di un dibattito con Giulio Giorello e Marino Niola intitolato “Cura del corpo cura dell’anima. Quale futuro?”.

Negli ultimi anni c'è una grande attenzione alla cura: è solo una moda culturale oppure c'è qualcosa di sostanziale in questo interesse?

«Non c'è nulla che se portato all'esasperazione non diventi moda. Tuttavia la disposizione della mente verso la cura è costituiva dell'essere umano. Noi siamo qui per prendersi cura. Don Milani contrapponeva il suo “I care” al “me ne frego” del fascismo. Come essere umani abbiamo delle responsabilità, che vuol dire capacità di dare risposte alle domande che la vita ci pone. Essere responsabili è avere cura. Semmai il pericolo è quello di non avere un'apertura sufficiente in questo prendersi cura. Non ci prendiamo abbastanza cura delle nostre città, dell'istruzione, della nostra formazione interiore, se ci concentriamo esclusivamente sulla cura esteriore, sulla eleganza, sulla nostra presenza fisica, che pure non sono così sbagliate. È chiaro anche che noi veniamo da un passato di grande impegno sociale e questo ripiegarsi sulla cura interiore e intimista può sembrare eccessivo» …

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Perché è l’amore la più alta forma del pensiero

L’Io e l’Ego, il Bene e il Male, la cooperazione tra gli uomini e l’odio; anticipiamo un brano del nuovo saggio del teologo Vito Mancuso 

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Analizzando più da vicino il pensiero in quanto vertice del processo cognitivo, occorre dire che vi sono due disposizioni fondamentali del pensare: quella volta alla costruzione, la cosiddetta pars construens, e quella volta alla distruzione, la cosiddetta pars destruens. (…) La dimensione costruttiva del pensiero è rappresentata dal logos che vuole logica e che produce saggezza e sapienza. Il pensiero come logos-logica si esercita mediante verbi quali osservare, ponderare, considerare, riconsiderare, analizzare, riflettere, meditare. A volte il pensiero come logos diviene sorgivo, come ispirato, e in questi rari momenti riproduce la logica della creazione, genera creatività; i verbi che in questo caso lo rappresentano sono intuire, ideare, scoprire, creare. La dimensione distruttiva del pensiero è rappresentata dal caos che vuole scompaginare la logica e che in questo saggio, evocando Erasmo da Rotterdam, io denomino follia, ma che più propriamente si dovrebbe denominare critica. Tale forma di pensiero si esplica mediante verbi quali criticare, disapprovare, investigare, attaccare, contestare, stigmatizzare, stroncare, demolire…

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Un gesto da rispettare fatto da chi ama la vita

«Lo Stato garantisca diritti per tutti». Intervista a Vito Mancuso di Andrea D’Orazio per il GIORNALE DI SICILIA

Loris-Bertocco«Provo rispetto e ammirazione verso chi ha scritto quella lettera, soprattutto per il peso che viene dato all’amore, ma anche perché, nella denuncia di una situazione insostenibile, non c'è alcun risentimento.» Vito Mancuso, teologo, filosofo, autore di numerosi saggi – l'ultimo, «Il bisogno di pensare» Garzanti tra poco in libreria – prima di entrare nel dibattito sull'eutanasia riacceso dal testamento di Loris Bertocco, preferisce concentrarsi sulle parole con cui l’attivista veneto spiega le ragioni di una scelta. «Parole bellissime e al tempo stesso amare, di un uomo che avrebbe voluto continuare a vivere se avesse avuto i mezzi per farlo».

Qual è il passaggio che l'ha colpita di più?

«Lì dove l'autore scrive: “Porto con me l’amore che ho ricevuto”. È una frase che rimanda alla visione della morte intesa come viaggio, un archetipo che ritroviamo in tutte le grandi culture, pure in quella cristiana. La parola amore ricorre anche quando Bertocco giustifica la decisione di ricorrere al suicidio assistito, spiegandoci che è proprio perché ama la vita che ha scelto di rinunciare ad essa. Un concetto che ci fa capire come la dimensione spirituale dell'esistenza sia superiore a quella biologica, e che in nome dello spirito un uomo possa anche rinunciare alla vita fisica quando questa è così malandata da rendere impossibile la vita morale.»

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Il Papa accusato di eresia. RSI Intervista radiofonica a Vito Mancuso

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Intervista radiofonica a Vito Mancuso – 27.09.17 mp3

Diverse decine di teologi, sacerdoti e professori cattolici tradizionalisti hanno accusato Papa Francesco di eresia. Gli hanno inviato una lettera – ora disponibile anche online – di 25 pagine e firmata da 62 persone, dove il Santo Padre è rimproverato di diffondere posizioni eretiche sul matrimonio, la vita morale e le regole della Chiesa. Entriamo nel merito della questione con Vito Mancuso teologo filosofo e saggista intervistato da Lina Simoneschi Finocchiaro.

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Dalla Bibbia a Nietzsche la vera felicità è nell’infanzia

Così dottrine spirituali diversissime tra loro concordano sulla necessità di diventare grandi restando bambini

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Platone nel “Timeo” riferisce di un sacerdote egizio molto anziano che si rivolge a Solone dicendo: «Voi greci siete sempre fanciulli, un greco che sia vecchio non c’è!», intendendo sottolineare la gioventù spirituale di coloro che noi (ironia della sorte) chiamiamo “antichi greci”. Ma non c’è solo la possibilità di essere spiritualmente giovani, vi è anche quella, non meno coinvolgente, di essere spiritualmente bambini. All’infanzia spirituale è dedicato uno dei testi più belli della Bibbia ebraica, il salmo 131: «Signore, non si esalta il mio cuore / né i miei occhi guardano in alto; / non vado cercando cose grandi / né meraviglie più alte di me. / Io resto quieto e sereno: / come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, / come un bimbo svezzato è in me l’anima mia»…

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Noi siamo e non siamo il nostro corpo

Intervista a cura di Gianfranco Brevetto per la rivista EXàgère – Exagere [Link] – Noi siamo e non siamo il nostro corpo – Intervista a Vito Mancuso [PDF]

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– Professore, lei ha dedicato una delle sue opere più apprezzate all’anima. Pur essendo un concetto usato di frequente, il suo vero senso spesso sembra sfuggire. Ci può aiutare a precisarlo? In che relazione è con il corpo?

– Io penso che si possa facilmente riassumere in poche righe. L’anima è uguale alla vita, lo spirito è uguale alla libertà. Prima ancora c’è il corpo e, in una condizione di possibilità, direi corpo uguale struttura. Detto questo, occorre chiarire queste apparentemente semplici eguaglianze. Nel caso di corpo uguale struttura, noi diciamo di qualunque oggetto che è un corpo. La poltrona sulla quale ora sono seduto e tutto ciò che vedo sono corpi fisici; gli enti, per presentarsi al mondo, sono dotati di un corpo materiale, questa è un’evidenza. Il termine anima è sorto nella gran parte delle tradizioni per designare i corpi che si muovono da sé in quanto dotati di vita. In questo senso anima uguale vita, si ha, infatti, nel vivente una disposizione dell’energia tale da far si che il totale dell’energia che costituisce il corpo non sia racchiusa integralmente nel corpo fisico. Esiste un’eccedenza di energia libera, un surplus di energia libera. A partire dal primo organismo vegetale, dai primi organismi animali e salendo in tutte le forma di vita più complesse, noi abbiamo che l’energia totale è maggiore a quella che è propria della massa corporea. E questo fa sì che il corpo sia animato…

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Tettamanzi innovando superò la tradizione e se stesso

Vito Mancuso ricorda l'ex arcivescovo di Milano morto all'età di 83 anni: «Una vita dalla parte dei più deboli e delle minoranze».Intervista di Laura Carcano

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«L'arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi seppe superare se stesso andando oltre l'approccio di conservazione che per anni nel suo impegno nella Chiesa aveva incarnato su temi come il matrimonio, la sessualità e la bioetica». È Vito Mancuso, teologo, a ricordare così l'ex arcivescovo di Milano, nato in Brianza, che si è spento all'età di 83 anni, dopo essersi posto dalle parte dei più deboli e delle minoranze, con gesti dal forte valore simbolico come la visita di Natale nel carcere milanese di San Vittore e la coraggiosa proposta di una moschea in ogni quartiere della città …

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Nacqui Ortica Selvatica

Laboratorio di Scrittura e Lettura Creativa - POESIE DAL CARCERE 

a cura di Silvana Ceruti e Alberto Figliolia. Prefazione di Marco Garzonio  collana Agape 156, pagine 180, prezzo € 15.00  

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«Quando Margherita Lazzati e Silvana Ceruti mi hanno chiesto di scrivere una prefazione per questo libro di poesie, mi ha preso un forte senso di pudore. Mi sono chiesto che cosa avrei mai potuto dire io che non fosse superfluo di fronte a una raccolta poetica che è una MINIERA DI SENTIMENTI E DI VISSUTI. Mi sono risolto ad accingermi a quella che vivevo proprio come un’impresa difficile quando mi sono affidato alle bozze, che facevo scorrere lentamente, senza sapere dove sarei arrivato e se sarei riuscito a scrivere. Titoli e versi mi hanno rimandato a poco a poco ai pensieri, alle situazioni, agli incontri, al lavoro che mi hanno abitato in questi ultimi tempi. Allora ho avvertito esigente il bisogno di restituire qualcosa, di condividere una ricchezza straordinaria di esperienze che ho avuto la fortunata opportunità di vivere. Scrivere queste poche righe sarebbe stato il modo di corrispondere da parte mia al dono che mi veniva fatto di essere messo a parte degli esiti intensi, ricchi, profondi che il Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa sta producendo.»

dalla prefazione di Marco Garzonio

LABORATORIO DI LETTURA E SCRITTURA CREATIVA È stato fondato venti anni fa da Silvana Ceruti che continua ad animarlo con Alberto Figliolia – a livello di volontariato. Insieme a loro altri fedeli amici-collaboratori e occasionali ospiti offrono alle persone detenute che frequentano il Laboratorio un contributo di amicizia e di cultura. Il fine fondamentale di questo Laboratorio è infatti “fare un pezzo di strada insieme” tra persone “dentro” e persone “fuori”, scoprire sentimenti propri e altrui e linguaggi per esprimerli. 

Prefazione Poesie dal carcere [PDF]  Scheda Nacqui Ortica Selvatica [PDF] 

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