Francesco, il Papa della misericordia

L’ADDIO NEL LUNEDÌ DELL’ANGELO DOPO ESSERSI MOSTRATO UOMO

Consapevole di essere vicino alla fine, Francesco ha guardato in faccia la morte. In carrozzella, nelle ultime sue uscite, ha voluto dirci: sono come voi.

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Francesco il Papa della misericordia [PDF]

Chissà se gli esseri umani hanno il potere o meno di scegliere quando andarsene. Di sicuro alcuni no, vengono strappati dall'esistenza in modo inaspettato e improvviso per un incidente o per un’altra delle mille fatalità. Altri però hanno la possibilità di guardare in faccia la morte, quasi di parlarle, in quanto divenuti consapevoli di essere entrati in una fase di non-ritorno e tuttavia non ancora arrivati alla fine. È stata la situazione di papa Francesco, ricoverato d’urgenza il 14 febbraio scorso e da allora fino a ieri alle prese con la prossima fine. È quindi possibile pensare che gli abbia “scelto” di andarsene? E che l'abbia fatto proprio nel giorno di Pasquetta o Lunedì dell'Angelo, quasi per farsi portare proprio dall'Angelo nelle braccia del suo Signore? È possibile. Anche un altro grande gesuita morì durante le festività pasquali, nel suo caso proprio nella domenica di Pasqua, il 10 aprile 1955: era Pierre Teilhard de Chardin, di cui i nipoti testimoniarono che aveva detto qualche tempo prima: “Mi piacerebbe morire nel giorno della risurrezione”…

Penso sia una grande fortuna poter avere con la propria morte un rapporto così. Si tratta della cosiddetta “buona morte”, per favorire la quale nei secoli passati operava la Congregazione della Buona Morte o Compagnia della Buona Morte, quando la morte per gli esseri umani non era un tabù da scacciare violentemente lontano dalla coscienza, ma un evento da preparare con cura; anzi, l’evento decisivo di tutta l’esistenza. Il che non riguardava solo i cristiani, visto che Platone riassumeva l’intero senso della filosofia come esercizio spirituale per imparare a morire. 

Papa Francesco non è stato un filosofo, neppure un teologo, ma un profeta, e penso che con il suo volersi mostrare in carrozzella con il poncho argentino dei campesinos qualche giorno prima abbia voluto dare questo messaggio: eccomi qui, uomo come voi, vestito non da papa ma da uomo, sappiate che è così che me ne andrò. Il che è del tutto naturale, perché, quando si muore, chi se ne va per sempre è l’uomo, non il papa, visto che “morto un papa, se ne fa un altro”, mentre è impossibile fare un altro Jorge Mario Bergoglio. 

Forse presto sapremo quali sono state, se ce ne sono state, le sue ultime parole. Non parlo delle ultime parole pubbliche, che sono state quelle del messaggio del giorno di Pasqua che certamente altri hanno scritto per lui e che contiene parole impegnate, sofferte, giuste, ma prevedibili. No, parlo delle ultime parole private, quelle dell’uomo solo di fronte al Mistero, quando non si parla più per essere uditi dagli altri, ma ci si rivolge direttamente nella propria insuperabile solitudine al sommo Mistero dell’essere detto convenzionalmente “Dio”.  

La tradizione spirituale assegna grande importanza alle ultime parole, spesso ritenute una sigla dell’intera esistenza. Chissà se papa Francesco è morto come il Gesù di Marco e di Matteo che gridò: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”; oppure come il Gesù di Luca che mormorò con fiducia: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”; oppure come il Gesù di Giovanni che proclamò vittoriosamente: “Tutto è compiuto”. Oppure come uno dei suoi predecessori, per esempio papa Giovanni: “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria” (fonte il segretario Loris Capovilla); o Giovanni Paolo II: “Lasciatemi andare alla casa del Padre” (fonte il segretario Stanislaw Dziwisz); o Benedetto XVI: “Signore ti amo” (fonte il segretario Georg Gaenswein). Quali sono state, se ce ne sono state, le ultime parole di papa Francesco?

Jorge Mario Bergoglio è morto il Lunedì dell’Angelo, e il termine “angelo” nel greco da cui proviene significa “messaggero”. Il messaggio da lui portato al mondo si può condensare a mio avviso in una sola parola: misericordia. Naturalmente ve ne sono altre, spesso ribadite con insistenza: pace, disarmo, giustizia, poveri, natura, madre terra, oltre a quelle tipicamente religiose. Ma la parola che a mio avviso riassume tutte le altre del messaggio di papa Francesco è stata misericordia, il termine che scelse per il suo stemma e che ripeté infinite volte. Io spero che misericordia sia anche l’ultima parola che la Vita ha pronunciato su di lui, e che sarà anche quella per ognuno di noi.  

Vito Mancuso, La Stampa 22 aprile 2025