Torino Spiritualità 2016, Mancuso e gli animali

Il prof. Vito Mancuso al Carignano ha chiuso il cerchio del Festival dell'anima; “Ci paragoniamo a oche o gufi, ma alla fine c'è sempre l'uomo”

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Intervista di Clara Caroli

“Parliamo degli animali per parlare di noi. Pensi al linguaggio. Diciamo: quella è un'oca, quella è una gallina, è un gufo, si pavoneggia, ingoia il rospo, sputa il rospo. Gli animali sono simboli che ci aiutano a capire tutta la contraddizione che portiamo dentro. Non ha caso veniamo da loro. Li utilizziamo per dire noi stessi e le varie possibilità. Alla fine è sempre di noi che parliamo”. A chiudere il cerchio dell'edizione 2016 di Torino spiritualità, che ha aperto il suo universo astratto a lupi e balene, insetti e uccelli, serpenti biblici, e primati, è stato l’incontro – “Dove inizia anthropos” del teologo Vito Mancuso, in dialogo con il divulgatore scientifico Francesco Cavalli Sforza. Si ritorna all'uomo, insomma, dopo aver tanto discusso di animali. 

Professor Mancuso la ha convinta il tema di quest'anno a Torino Spiritualità?

Un tema ineludibile, centrale per il nostro tempo. Il nome stesso animali rimanda ad anima. Uno dei limiti della tradizione occidentale è stato esattamente quello di ignorare questa grande connessione. Che un'avanguardia come Torino Spiritualità si occupi di questo, ricollegando la ricerca spirituale come dimensione animale, biologica, terrena e materiale, è un passo necessario …

L'uomo è vivente tra i viventi,  o c'è un un confine invalicabile tra umanità ed animalità?

La distinzione è un dato di fatto ineludibile, nel bene e nel male. So che molti la contestano. Il giorno in cui vedremo un congresso di canguri o di ranocchie che fanno un dibattito sugli uomini, se sono o no alla loro altezza, di questo ragioneremo.

Qual'è il risvolto negativo nel non essere animali?

Siamo sopra la dimensione animale ma anche al di sotto. Il mondo animale possiede l'innocenza, incapacità di produrre male. Mentre gli esseri umani sono capaci di azioni malvagie, ma allo stesso tempo sono capaci di bene, di creatività, di cultura.

Dunque siamo natura oppure no?

Siamo natura, ma della natura siamo una declinazione speciale. C'è un confine da interpretare: come dalla natura e scaturito qualcosa che va oltre la natura? Come è fatto questo ammasso di materia ed energia che chiamiamo mondo, visto che ha prodotto qualcosa che è anche capace di trascendere il mondo? È questa la grande questione.

Questo essere speciale dell'uomo è una salvezza ma anche una condanna.

È la condizione umana: la possibilità di suicidio, di noia, di male, di nichilismo, del nulla, del tedio. Penso che anche nel mondo animale qualcosa del genere ci sia, ma appunto, qualcosa del genere.

Secondo lei Dio è contento di aver messo al mondo una creatura come l'uomo tanto arrogante da distruggere tutte le altre?

Ritengo che Dio possa avere motivi di grande contentezza e grande tristezza se penso a cos’è l'umanità, ai geni stupefacenti che ha prodotto, da Francesco d'Assisi a Gandhi, Gesù, Socrate, Platone, Mozart, Einstein, credo che sarebbe felice. Al contempo, è vero ci sono fenomeni di distruzione. Ma noi sappiamo che stiamo distruggendo e perciò siamo scontenti di noi stessi. Non nascondo la dimensione drammatica dell'umanità ma ne riconosco la consapevolezza. Sono sempre più portato a credere nell'evoluzione, nel vero senso della parola. E ad avere una prospettiva ottimista.”