Perché chi medita guarda sempre più verso Oriente

PRIVILEGIANDO LA DIMENSIONE LITURGICA E SOCIALE, LA CHIESA NON INCORAGGIA LA RICERCA SPIRITUALE. QUELLA DI BUDDISMO E YOGA

Venerdì di Repubblica 14 marzo 2014 [PDF]

eckhartChi è il mistico? Solitamente si pensa a un visionario che vede, o crede di vedere, dimensioni della realtà che la coscienza comune non avverte e che vengono per lo più identificate con panorami celesti di madonne, angeli, santi e talora anche demoni, da cui giungono particolari informazioni o messaggi di solito chiamati rivelazioni che il mistico a sua volta fa conoscere ai comuni mortali. Si tratta dell’accezione popolare del termine e, come spesso accade quando si ha a che fare con concetti complessi, inesatta. Essa infatti presuppone trasmissione di notizie sotto forma di parole, mentre il termine mistica designa proprio il contrario, viene dal greco mú che significa chiudersi, detto di occhi e di labbra. La vera mistica fa chiudere gli occhi e genera buio, fa chiudere la bocca e genera silenzio. È l’insegnamento unanime dei grandi mistici, si pensi (per fare solo qualche nome) a Gregorio di Nissa e Dionigi Areopagita nei primi secoli cristiani, Eckhart e Taulero nel medioevo, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce in epoca moderna, Teresa di Calcutta e Raimon Panikkar ai nostri giorni…

Il buio e il silenzio sono «la nube della non-conoscenza» (titolo di un testo mistico del Trecento inglese) dentro cui solo si può compiere la vera ricerca spirituale, la quale non è ricerca di un oggetto esteriore, come nella comune accezione di scienza, e non è neppure ricerca di sé, come nella comune accezione di psicologia, ma è ricerca sulla vera natura della realtà che è al di là della divisione soggetto-oggetto, come il mistico sperimenta nella sua interiorità. In questa prospettiva la mistica è trasgressione e superamento della coscienza comune, compresa quella religiosa tradizionale che vede la Madonna e i santi. Il mistico travalica i confini tra sé e gli altri, tra sé e la natura, tra sé e Dio, e giunge alla consapevolezza dell’unificazione, alla realizzazione dell’unità. Per questo il mistico è costitutivamente un trasgressivo e spesso e stato visto come un eretico dalle varie ortodossie, che hanno sempre guardato con sospetto ai mistici, talora imprigionati e uccisi. L’unificazione che si ottiene abbattendo le barriere tra soggetto e oggetto è una pericolosa eresia per ogni sistema dottrinale. E forse è anche per questo che nella Chiesa si insiste molto sulla dimensione liturgica, catechistica e sociale, ma quasi per nulla si incoraggia la solitudine dell’anima nella sua ricerca spirituale, la quale così trova alimento quasi solo nelle religioni orientali, in particolare nello yoga induista e nella meditazione buddhista.

Nessun vero mistico dirà mai di se stesso «io sono un mistico», e chi si dichiara tale è da guardare con circospezione e sospetto perché è probabile che sia uno che si atteggia, genere di persone non infrequente nell’ambito della religione. Il mistico vive del nascondimento e del silenzio, nasconde anche a se stesso chi egli sia e cosa voglia essere, per il semplice motivo che non vuole essere nulla e non vuole ottenere nulla, se non appunto essere unito, raggiungere con tutte le cose quel sentimento di amicizia che sente sgorgare come una sorpresa dentro di lui. Per questo oggi uno si guarda in giro e si chiede: ma dove sono i mistici?, e può avere l’impressione che non ve ne siano più, ma siano legati solo al passato. Eppure essi ci sono, e sarà compito delle generazioni successive indicarli come tali nella misura in cui essi hanno scritto e lasciato testimonianze sulla propria ricerca. Altrimenti rimarranno sconosciuti, come la maggior parte dei mistici vissuti finora, molto più numerosi di quelli conosciuti per il semplice motivo che non hanno scritto nulla, e nulla è stato scritto su di loro. Io sono convinto però che l’umanità, nella misura in cui prende sul serio la domanda di amore puro e universale al fondo di ogni cuore, conoscerà sempre l’esperienza della mistica.

Anche oggi, nelle nostre città e nelle nostre campagne, chissà quanti mistici sconosciuti: sono tutti coloro che avvertono dentro di sé un quieto sentimento di unione con la natura, con il mondo, con la vita, con gli animali, e con il principio di tutte queste cose detto tradizionalmente Dio. E avvertendo tutto ciò non si preoccupano di comunicarlo agli altri a parole per volerli convertire, ma semplicemente illuminano la terra con il loro permanente mezzo sorriso.

Vito Mancuso, venerdì di Repubblica 14 marzo 2014