Quel giusto equilibrio fra il cuore e la mente

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Caterina Simonsen, studentessa di veterinaria all’Università di Bologna da tempo seriamente malata, qualche giorno fa su Facebook ha scritto così a favore della sperimentazione animale in ambito medico: «Ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale, senza la ricerca sarei morta a 9 anni». Ha aggiunto di studiare veterinaria «per salvare gli animali», di essere vegetariana, e nel suo profilo mostra una foto che la ritrae mentre bacia il suo criceto di nome Illy. Nel giro di qualche ora ha ricevuto centinaia di messaggi offensivi, tra cui una trentina di questo tipo: «Era meglio se morivi a 9 anni brutta imbecille, io sperimenterei su persone come te»; oppure: «Se per darti un anno di vita sono morti anche solo 3 topi, per me potevi morire pure a 2 anni». Penso sia lecito chiedersi dove siamo finiti e che ne sia ormai della solidarietà umana.

Come Caterina Simonsen, anch’io ho scelto di non mangiare più carne, è una scelta che mi fa sentire solidale con la vita, che reputo sacra in ogni sua manifestazione, umana e animale. Anzi, penso che la vita sia sacra già a livello vegetale e che di per sé non si dovrebbero mangiare neppure le patate e le cipolle che sono tuberi e possono generare vita, e infatti i monaci giainisti non le mangiano cibandosi solo di frutti. Ma non basta, occorrerebbe chiedersi se un albero voglia darci i suoi frutti, che non ha certo prodotto per noi, e se raccoglierli non implichi una forma di violenza, per lo meno di quella legata al furto. Non a caso Gandhi scriveva che «il consumo dei vegetali implica violenza», aggiungendo però subito dopo: «Ma trovo che non posso rinunciarvi». Da qui il profeta della non-violenza concludeva che «la violenza è una necessità connaturata alla vita corporea». La nostra vita, in altri termini, per esistere si deve nutrire di altra vita che deve necessariamente sopprimere. Per questo nessuno è innocente e nessuno è in grado di stabilire con certezza dove si debba attestare il rispetto per la vita…

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Fuoco e cenere: la crisi della Chiesa. RSI La1

Di Patrik Soergel e Guido Ferrari, con il contributo dei prof. Vito Mancuso e Carlo Molari

f4bacfea-28ad-4dd1-8a7b-0fa4117d5e81Una recente ricerca sociologica pubblicata dal Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica (estate 2012) conferma la crisi della religiosità in Svizzera. Quali sono i motivi in ambito cattolico e protestante, cioè nelle due confessioni principali? Quali sono le domande della gente che non trovano risposta? ll cardinale Martini ha scritto che la fiamma del messaggio evangelico vive oggi come brace sotto una folta cenere e che si sentiva assalito da un senso di impotenza. E allora: cosa é quella cenere e come liberare la fiamma dell'amore, il messaggio centrale cristiano? Cosa é l'esperienza religiosa, quali sono le vie della ricerca interiore? Perché taluni si rivolgono alle tradizioni orientali? Quale é oggi il rapporto tra spiritualità e scienza? Guido Ferrari e Patrik Soergel hanno posto queste e altre domande a persone autorevoli del mondo cristiano: il teologo protestante André Gounelle , i teologi cattolici Vito Mancuso e Carlo Molari, il frate capuccino Andrea Schnoeller. Hanno inoltre sentito il lama buddhista tibetano Tenzin Wangyal Rinpoché e il filosofo della scienza Ervin Laszlo. Un viaggio alla ricerca della fiamma che arde sotto la brace, un viaggio nel cuore dell'uomo.

Il documentario è visibile al link : Fuoco e cenere: la crisi della Chiesa RSI La1

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Sorpresa e gratitudine per Francesco vescovo di Roma e papa

Lettera di Natale 2013 del Centro di Accoglienza "E.Balducci" Zugliano (Ud) 

albero-natale-piazza-s.-pietro-romaCare amiche e cari amici, il saluto più cordiale. Abbiamo cercato in questi anni di esprimere e comunicare esperienze e riflessioni su situazioni difficili e tribolate come pure segni positivi, progetti e speranze. Abbiamo anche osato condividere vissuti e riflessioni su Dio, su Gesù di Nazareth, sulla Chiesa di cui ci sentiamo parte viva. Iniziamo queste riflessioni in sintonia con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Francesco, vescovo di Roma e papa, pubblicata il 24 novembre 2013: con la gioia, la carica di vita che il Vangelo porta, liberandoci dal male, dalla tristezza, dalla paura e dall’isolamento.“Tutta la creazione soffre e geme fino ad oggi nelle doglie del parto… Anche noi che possediamo le primizie dello Spirito gemiamo interiormente, aspettando l’adozione a Figli” (Rm 8, 22-23). La metafora delle doglie del parto, come chiave interpretativa per capire il senso della nostra storia contemporanea e della crisi epocale in atto, ci infonde un senso di fiducia e di fondata speranza di fronte alle fatiche, agli smarrimenti, alla violenza e alle tante sofferenze del tempo presente. Le doglie preannunciano una nascita. La nascita che ci prepariamo a celebrare con il Natale di Gesù ha senso solo se ci vede impegnati a far nascere anche un progetto nuovo di umanità, capace di rispettare la dignità e i diritti di ogni persona, di fare in modo che a nessuno manchi il lavoro, che tutti abbiano il pane di ogni giorno, che la Terra sia amata come madre e non più devastata e gli uomini e le donne vivano finalmente in pace.

Nella lettera di quest’anno sentiamo fortemente l’esigenza di condividere con voi la sorpresa, la provocazione, la gratitudine, l’incoraggiamento che emergono dal profondo della nostra umanità per la presenza, le parole e i gesti di Francesco, vescovo di Roma e fratello; e ancora il nostro sostegno alla sua persona, al suo servizio, al suo progetto di riforma della Chiesa. Avvertiamo che all’ammirazione e al consenso di una parte considerevole del popolo di Dio si affiancano le perplessità sia di membri e movimenti della Chiesa legati a una tradizione chiusa in se stessa; sia di quanti vogliono continuare a utilizzare la religione come mezzo da affiancare ai vari poteri.

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Arturo Paoli, una vita da teologo della libertà

Escono i ricordi del profeta del cristianesimo senza potere che ha compiuto 101anni

_DSC0223Cent’anni di fraternità(Chiarelettere) è il nuovo bellissimo libro di Arturo Paoli, un titolo che suona come una metafora dell’esistenza in contrapposizione ai Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez, ma che certifica anche una vita individuale che il 30 novembre scorso ha compiuto 101 anni. Nato a Lucca nel 1912, sacerdote, medaglia d’oro al valor civile e giusto tra le nazioni per aver salvato molti ebrei, Paoli risulta presto sgradito alla chiesa di Pio XII e viene allontanato dall’Italia. Va in Argentina dove trascorre 13 anni e finisce tra le liste dei condannati a morte del regime, si salva andando in Venezuela dove rimane 12 anni, poi in Brasile dove passa vent’anni, torna in Italia nel 2005. Maestro spirituale, profeta mite e severo, autore di numerosi libri che mostrano vasta cultura e uno stile letterario affascinante, la sua opera è un’anticipazione profetica e una coerente applicazione della Teologia della liberazione. In gioco vi sono due liberazioni, la prima riguarda i poveri e gli sfruttati del pianeta perché «tutto il Vangelo è una denuncia contro coloro che stanno sopra», perché «Dio si trasforma in un’immagine tirannica se l’uomo non lo raggiunge per il cammino della relazione con gli altri», perché se è vero che esiste una dimensione della vita più profonda della sfera economica è ancora più vero che «rinunziare a guardare in faccia l’economico è come svuotare la croce di Cristo». Il segno più chiaro dell’identificazione con Cristo ha molto a che fare con l’economia, il Vangelo la chiama fame e sete di giustizia….

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I devoti nemici del Papa

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Fin dalla sua elezione Papa Francesco sta producendo una serie di benefici per l’azione della Chiesa che non accennano a diminuire, come è dato riscontrare dall’aumento dei fedeli alle udienze e agli angelus domenicali. E, soprattutto, dalle molte persone che nel mondo intero grazie al Papa tornano al desiderio di una vita spirituale e riprendono a frequentare le chiese e ad accostarsi ai sacramenti. “Il mondo è innamorato di papa Francesco — ha scritto il cardinale di New York — e se io avessi avuto un dollaro per ogni newyorkese, cattolico e non, che mi ha detto quanto ama l’attuale Santo Padre, avrei pagato il conto salato dei restauri della cattedrale di St. Patrick! Lungo i nostri 2000 anni di storia abbiamo avuto ben pochi papi così degni dell’alto officio”. Ci sarebbe quindi da essere molto felici di papa Francesco, ma per non pochi cattolici cosiddetti “doc” e per qualche “ateo devoto” in passato solerte difensore di Ratzinger, le cose non stanno affatto così..

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