La fede non sia segno di forza

Il teologo Vito Mancuso sulle forme tradizionali di evangelizzazione.

Il pellegrinaggio, ad esempio.

 

di Aldo Bertagni

 

Tornerà tra i fedeli dopo ben 63 anni. Sei tappe e la prima è in agenda il prossimo 5 febbraio. La Madonna del Sasso tornerà dunque pellegrina come nel 1949, a guerra finita e ben oltre la semplice “discesa” a Locarno come capitò nel 2009.Già tre anni fa si comprese quanto è forte il legame mariano, quanto ancora sa trasmettere entusiasmo e valori. Per contro c’è chi sussurra (perché a dirlo anche solo a voce moderata si passa per “eretici”) che forse non è proprio questa la strada per ringiovanire il messaggio cristiano, l’evangelizzazione. Si sussurra nelle parrocchie e anche in alcuni ambienti clericali. La secolarizzazione è lì da vedere e sono tempi difficili per ogni diocesi europea. Lugano non fa eccezione. Se poi si considera la fase di transizione con il vescovo Pier Giacomo Grampa in attesa di un segnale dal Vaticano (se continuare o meno, dati i limiti d’età), non sono pochi gli elementi che indurrebbero a una riflessione pacata, non “esibita”. Cosa significa oggi portare tra la gente l’effigie mariana?

L’abbiamo chiesto a Vito Mancuso

…teologo e docente universitario, nonché scrittore di successo non proprio osannato dalla gerarchia ecclesiastica per le sue tesi certo coraggiose e al contempo ricche di “sostanza” religiosa. «Portare in giro la Madonna? Non ci vedo niente di male. A patto che non sia l’unica proposta di fede» ci dice Mancuso.

Lo “prendiamo” al telefono in mattinata, mentre si trova in aeroporto e attende il volo per Genova dove terrà una conferenza alcune ore più tardi. Il giorno dopo già l’aspettano a Belluno, e poi in un’altra città italiana. Da quando ha iniziato a pubblicare libri dove si rivisita il cristianesimo e il bisogno di mistero, di sacro, Vito Mancuso non ha più una vita tranquilla. Dibattiti, interviste, polemiche con le gerarchie ecclesiastiche. Il suo ultimo tomo (“Io e Dio”) pubblicato lo scorso autunno è balzato subito in vetta alle classifiche italiane.

Professore, glielo chiediamo senza fronzoli e giri di parole. Che senso ha oggi portare in giro la statua della Madonna?Pur ammettendo il forte bisogno di sacro oggi presente nella società europea, quanto c’è di moderno nel pellegrinaggio mariano?

«Guardi, il bisogno di sacro è avvertito da diverse tipologie di persone e avendo la nostra anima e la nostra mente un rapporto con la cultura molto diversa, che cambia da individuo a individuo, questo bisogno di sacro si esplicita simbolicamente parlando in forme diverse; a seconda della formazione culturale di ciascuno».

Ciò detto?

«Queste forme devozionali, come i pellegrinaggi, possono essere importanti e per qualcuno magari molto importanti. Io in sé non ci vedo nulla di strano e nulla di male. Francamente vedo ogni custodia, ogni forma, di frammenti della tradizione del passato in sé positiva. A patto però che questa devozione non venga scambiata per la fede stessa; resti una modalità, diciamo così, di celebrazione della fede. E ancora, non deve essere imposta a tutti. Per intenderci: la diocesi non può dire che per essere cattolici oggi in Canton Ticino occorre aderire, partecipare a questo evento. Fatti salvi questi due aspetti non ci vedo nulla di strano».

Non siamo lontani dalla modernità?

«Faccio un’analogia con la Messa tridentina. Cosa non mi convince della volontà di riprendere la Messa in latino e via discorrendo? Non è tanto restaurare una forma di rito che per secoli e secoli il cattolicesimo ha celebrato come la più alta forma di liturgia. Quello che non mi convince è la contrapposizione alla forma liturgica del Concilio Vaticano II o se vuole, la riproposizione di un cattolicesimo oscurantista che traspare sotto quella proposta. Si tratta dunque di capire qual è il contorno, quali le sottolineature. Cosa intende fare la diocesi di Lugano riproponendo questa antica forma».

Beh, in verità la diocesi luganese la propone come una delle strade possibili per avvicinarsi o riavvicinarsi alla fede. Però… in un periodo così complesso, dove il cattolico europeo è confrontato quasi quotidianamente con diverse culture e identità religiose, non c’è il rischio che questa forma passi come un’esibizione di forza, peraltro non moderna?

«Lei solleva due aspetti. Che non sia legata al moderno, ovvero alla devozione odierna del sacro, direi che è evidente. Poi c’è la questione che lei cita, la prova di forza. Mah, io non escluderei che dietro la volontà di riproporre il pellegrinaggio ci sia il desiderio di contarsi, fare massa, dire noi ci siamo, siamo ancora quelli che hanno la maggioranza. Non mi sento di escluderlo perché oggi vedo nella coscienza cattolica più tradizionale un po’ di paura, di timore. Del resto altre modalità di vivere la fede, e penso soprattuto all’Islam, sono più presenti e più attive e questo inquieta la coscienza cattolica tradizionale che rispolvera così alcune forme del passato per poter dire: un tempo anche noi eravamo tanti e forti, pregavamo nelle strade e torniamo a farlo. Però lo ripeto: il pellegrinaggio, se non animato dal revanscismo, non è in sé una cosa sbagliata. Tutto dipende dalla sapienza pastorale della diocesi nel saperlo indirizzare».

Intervista di Vito a "la Regione Ticino" del 25. Gennaio 2012;  

 "la Regione Ticino Pdf "