Un gesto da rispettare fatto da chi ama la vita

«Lo Stato garantisca diritti per tutti». Intervista a Vito Mancuso di Andrea D’Orazio per il GIORNALE DI SICILIA

Loris-Bertocco«Provo rispetto e ammirazione verso chi ha scritto quella lettera, soprattutto per il peso che viene dato all’amore, ma anche perché, nella denuncia di una situazione insostenibile, non c'è alcun risentimento.» Vito Mancuso, teologo, filosofo, autore di numerosi saggi – l'ultimo, «Il bisogno di pensare» Garzanti tra poco in libreria – prima di entrare nel dibattito sull'eutanasia riacceso dal testamento di Loris Bertocco, preferisce concentrarsi sulle parole con cui l’attivista veneto spiega le ragioni di una scelta. «Parole bellissime e al tempo stesso amare, di un uomo che avrebbe voluto continuare a vivere se avesse avuto i mezzi per farlo».

Qual è il passaggio che l'ha colpita di più?

«Lì dove l'autore scrive: “Porto con me l’amore che ho ricevuto”. È una frase che rimanda alla visione della morte intesa come viaggio, un archetipo che ritroviamo in tutte le grandi culture, pure in quella cristiana. La parola amore ricorre anche quando Bertocco giustifica la decisione di ricorrere al suicidio assistito, spiegandoci che è proprio perché ama la vita che ha scelto di rinunciare ad essa. Un concetto che ci fa capire come la dimensione spirituale dell'esistenza sia superiore a quella biologica, e che in nome dello spirito un uomo possa anche rinunciare alla vita fisica quando questa è così malandata da rendere impossibile la vita morale.»

Non c'è stato il sostegno delle istituzioni, l’adeguata assistenza. Su questo fronte c'è un grande ritardo in Italia?

«Purtroppo sì, e non è solo questione di risorse. Dietro c'è anche tanta indifferenza, frutto per lo più di una paura atavica, che tocca tutti noi. La disabilità e la malattia spaventano. È un istinto umano: di fronte a chi sta male ci giriamo spesso dall'altra parte, preferiamo non vedere.

Nel nostro paese sono maturi i tempi per un confronto sul tema dell'eutanasia scevro da ideologismi?

«Mah, non si può affrontare un dibattito di questo genere senza ideologie, idee e visioni del mondo. Diventerebbe del tutto astratto. Semmai, partendo proprio dalle diverse opinioni sul fine vita, bisognerebbe arrivare a un unico diritto, perché l'etica può essere benissimo declinata al plurale, anche con posizioni contrastanti, Ma la legislazione no».

Operazione di sintesi difficile. Quale sarebbe la strada giusta?

«Bisogna concentrarsi sull'essenza stessa della legge, che consiste nel dare a ciascuno il suo. In questo caso, si tratterrebbe di rispettare la filosofia di ognuno lasciando semplicemente libertà di scelta. Uno Stato laico deve garantire assistenza sia ai malati che hanno deciso di aspettare il corso della natura, sia a coloro che hanno deciso di vivere la fine in modo diverso.»

Intervista al Giornale di Sicilia [PDF]