Le Dolomiti? Così belle da diventare forme dello spirito

Intervista al prof. Vito Mancuso di Fausta Slanzi

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«Noi abbiamo a che fare con una concezione individualista, soggettivista della bellezza, la cultura dominante dice, “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”. Io non penso sia così. La bellezza è oggettiva e non soggettiva» afferma Vito Mancuso.

L’essere umano come si rapporta al valore della bellezza?

«Come si conosce la bellezza? Per qualcosa che sta di fronte a noi, è qualcosa che non produce la mente, ma la produce nel momento in cui ha dei criteri che esistono già. E quali sono, questi criteri? Io faccio riferimento a Tommaso d’Aquino: claritas, integritas, debita proportio-armonia. La bellezza ha a che fare con la chiarezza, non devi ragionare per capirla. Non a caso in greco il significato di estetica è qualcosa che prende i sensi, sei rapito dalla bellezza. Il senso di trascendenza che la bellezza comunica – quando sei di fronte a qualcosa di bello, un paesaggio, il mare, le montagne, le Dolomiti, un volto, una musica – è che ci si sente piccoli. La bellezza, quella vera, è grande e tu ti senti piccolo rispetto alla bellezza della montagna, del mare: sei al cospetto di qualcosa che trascende da te. La bellezza ti porta a fare un’ esperienza spirituale, è un incanto; ti porta al di là di te. Le Dolomiti sono lì e se a qualcuno non piacciono è un problema del suo rapportarsi a un valore, ad una epifania dell’ essere che esiste e che ci fa dire che le Dolomiti sono belle a prescindere dal riconoscimento UNESCO.Tutte le persone formate riconoscono la bellezza nelle Dolomiti, nel mare della Sardegna, nei templi greci, nella musica dei grandi come Bach; questo vuol dire che contrariamente a quanto sostiene la cultura dominante, la bellezza è oggettiva e non soggettiva»…

Che cos’ è la responsabilità per Vito Mancuso?

«La responsabilità è una risposta: “respondeo”; cioè rispondere a una domanda da parte dell’ambiente, degli altri, del nostro corpo, della nostra anima, della nostra mente. La coscienza responsabile è quella che sa ascoltare e sa rispondere fattivamente, capendo la domanda. Ci sono due antefatti per essere responsabili: a) capacità di ascolto e attenzione; b) attuare il bene, la giustizia, l’ armonia. Queste sono le componenti di quell’ atteggiamento complessivo, di quella disposizione esistenziale che chiamiamo responsabilità».

Quali sfere dell’ agire umano, investe la responsabilità della bellezza? 

«Appartengo ad una scuola di pensiero che vede la bellezza danzare insieme alla verità, intrecciata alla bontà, alla giustizia, all’ essere vero: quando una cosa è bella ti conduce ad essere vero, giusto, buono, bello; cioè è una filosofia classica trascendentale dell’ essere, una visione unitaria e unificante. Ogni vera esperienza di bellezza è un’ esperienza di giustizia, di verità: danzano insieme, convergono, si intrecciano. La bellezza interessa tutte le sfere dell’ agire umano, è qualcosa che esce da sé, fa capire di essere al cospetto di qualcosa di più grande, dilata l’ ego. Rompere i confini dell’ ego: l’esperienza di bellezza non è a servizio della mia voglia e del mio desiderio ma orienta il mio desiderio più in alto. Non a caso la scienza dice che uno dei criteri di verifica della verità delle teorie è l’ eleganza: l’ intreccio tra verità e bellezza. Le sfere dell’ agire umano vengono investite tutte dalla bellezza: non a caso più esperienza di bellezza facciamo e più stiamo bene».

Si può parlare anche di un'accezione negativa della bellezza? 

«Certo che sì. Non c’ è niente che non abbia un’ accezione negativa: per esempio in religione è il fanatismo, la superstizione. L’ accezione negativa di scienza è il calcolo, la freddezza, lo scientismo; nella politica l’ ideologia, un tempo, oggi l’ affarismo. Quindi c’ è un’accezione negativa della bellezza che definirei estetismo, che è quell’ idolatria delle opere d’ arte, di un certo modo di vestirsi, idolatria del proprio corpo – vogliamo essere i più belli, i più freschi, i più seducenti- che poi ci porta ad essere anche patetici: per ogni età c’ è una bellezza specifica. Invece chi assolutizza la bellezza cade nell’ estetismo: quando è vera si lega alla verità, al bene, alla giustizia».

Come recuperare la bellezza nei rapporti umani?

«Facendoci educare dall’esperienza della bellezza, del silenzio, della contemplazione, dell’ ascolto: saper ascoltare è fondamentale. I rapporti umani possono essere prigioni; si può voler scappare dalle relazioni umane se non siamo più capaci di ascolto, di contemplazione, di capire che l’ altro non è in funzione mia, né io devo essere in funzione dell’ altro. Nei rapporti veri ci deve essere reciproca fecondazione, dialogo, dialettica. Come salire in montagna richiede passi diversi per la salita, per la discesa, a seconda delle proprie possibilità e disposizioni, allo stesso modo i rapporti umani. Per recuperare la bellezza nei rapporti umani la dimensione essenziale è la rottura dell’ egocentrismo. Le persone che ci attraggono hanno una ricca personalità senza essere egocentriche: un ricco sé ma non egocentrico. Le persone che riempiono i momenti della nostra vita sono quelle con cui si entra in dialogo e questo lo si impara con la natura. La natura è una grande scuola di ascolto. È importante imparare i segnali degli altri, leggerli, interpretarli, così si coltiva l’ arte delle relazioni umane».

Intervista per AltoAdige del 14 luglio 2017 Alto Adige [Link]